Connect with us

Animali

Anatema, via i cani dalla chiesa

Il signor Marco Zangirolami ha portato il suo cane in chiesa. Voleva seguire la funzione delle 15 dello scorso mercoledì. Appena si era seduto su una panca all’interno della chiesa parrocchiale di San Pietro Viminario nel Padovano è stato invitato a uscire.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Anatema, fuori dalla chiesa i cani, i fattucchieri e gli immorali. Sono state queste le parole ricevute dal signor Marco Zangirolami appena si era seduto su una panca all’interno della chiesa parrocchiale di San Pietro Viminario nel Padovano. Il signor Marco non voleva crederci. L’accusa lanciata dal sacerdote era diretta proprio a lui reo di aver introdotto il suo cane Toni in chiesa.

    Un cagnetto mansueto che in chiesa dorme

    Eppure non era la prima volta che Toni entrava n una chiesa. Il fatto non è accaduto durante una funzione domenicale ma bensì in una giornata feriale, lo scorso mercoledì, quando i fedeli generalmente sono meno rispetto la domenica. La messa era quella delle 15. Toni naturalmente era tenuto al guinzaglio e con museruola una precauzione che Marco segue sempre in questi casi. “Quando ho qualche minuto libero mi reco in chiesa per un momento di raccoglimento” ha raccontato Zangirolami al quotidiano La Nuova Venezia. Aggiungendo che di solito il suo cane abituato alla funzione, non disturba, si stende a terra e si addormenta per qualche minuto.

    Le scuse della Diocesi di Padova

    Don Roberto Pressato mercoledì scorso è stato irremovibile. Quel cane deve uscire lo dice anche L’Apocalisse al versetto 15: “Fuori i cani, i fattucchieri, gli immorali, gli omicidi, gli idolàtri e chiunque ama e pratica la menzogna!“. Il signor Zangirolami è uscito dalla chiesa e ha rinunciato al momento di raccoglimento che lo aveva spinto a entrare. Ma non gli è andata giu. Ha preso carta e panna… no, scherziamo, solo una semplice mail e ha scritto alla Diocesi di Padova per chiedere spiegazione di quella decisioni di Don Pressato.

    La risposta non si è fatta attendere. “Apprendiamo quanto accaduto e, forse, c’è stato un eccesso di zelo da parte del sacerdote. La presenza di animali in un luogo di culto e durante le celebrazioni non è codificata dal Codice di Diritto Canonico. Tuttavia va sempre valutata con buonsenso e rispetto verso le persone, le celebrazioni e i luoghi stessi. Probabilmente i toni non sono stati del tutto adeguati a trasmettere questo messaggio e ci dispiace“.

    Ma è giusto vietare l’accesso dei cani nei luoghi pubblici o di culto?

    Per l’accesso negli esercizi commerciali l’ANCI, Associazione Nazionale Comuni Italiani, chiarisce che vietare l’ingresso ai cani nei locali pubblici e quindi anche negli esercizi commerciali è illegale. Infatti il D.P.R. 320/54, regolamento della polizia veterinaria, “ammette l’accesso ai cani nei locali pubblici e mezzi di trasporto purché al guinzaglio o provvisti di museruola. Nessun commerciante può quindi vietare l’ingresso ai cani“.
    Se un cittadino viene invitato ad uscire da un locale perché in compagnia del proprio pelosetto può segnalarlo ai vigili urbani, i quali si preoccuperanno di far rispettare la legge. Secondo l’ANCI gli esercenti che insistono a mettere alla porta i clienti con cane al guinzaglio rischiano una denuncia per mancato rispetto delle disposizioni di legge.

    Niente cani in supermercati e nelle cucine, ospedali, teatri e cinema

    Resta il divieto di introdurre cani o altri animali domestici nei locali dove si preparano, manipolano, trattano e conservano gli alimenti (ad esempio nelle cucine). Il Regolamento n. 852/2004/CE, vuole impedire le contaminazioni degli alimenti stessi, ma anche negli ospedali, teatri o cinema. Tuttavia molti esercizi commerciali accettano la presenza dei cani nei loro locali e scelgono di esporre un cartello in posizione ben visibile un avviso che gli animali sono ammessi.

    Nei parchi… e in spiaggia?

    I giudici dei Tribunali amministrativi ritengono illegittime le ordinanze comunali che dispongono il divieto d’ingresso dei cani nei parchi pubblici e nelle altre aree destinate a verde pubblico. Un limite ritenuto eccessivo alla libertà di circolazione delle persone. In questi casi i cani devono essere tenuti al guinzaglio o con museruola e i padroni devono rimuovere le eventuali deiezioni.
    Infine nessun regolamento nazionale vieta l’accesso degli animali alle spiagge libere e alle acque demaniali. In assenza di espliciti divieti regionali, comunali o delle autorità marittime valgono le regole generali che prevedono l’obbligo di guinzaglio o museruola.

    Negli stabilimenti balneari il titolare della concessione può vietare l’accesso agli animali. Oppure può chiedere al Comune un’autorizzazione a consentirne la presenza. Eccezion fatta per i cani di salvataggio e i cani guida per i non vedenti.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Animali

      Cani nei luoghi affollati: quando il divertimento diventa stress

      Dai ristoranti ai concerti, cresce il numero di persone che portano con sé il cane ovunque. Ma non sempre la presenza del quattro zampe in contesti rumorosi è un gesto d’amore.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

      Cani nei luoghi affollati

        È diventata un’abitudine sempre più diffusa: portare il cane ovunque, dal bar al festival, fino ai locali notturni. Una scelta che nasce quasi sempre da buone intenzioni — evitare che resti solo o condividerne ogni momento — ma che, secondo gli esperti, può rivelarsi fonte di grande stress per l’animale.

        «Fortunatamente oggi si vedono meno cani trascinati in discoteche o eventi molto rumorosi», spiega la dottoressa Zita Talamonti, veterinaria comportamentalista. «Rimane però comune l’errore di pensare che, solo perché un evento è all’aperto, sia adatto ai cani. In realtà, il numero di persone, i rumori, gli odori e gli stimoli continui possono disorientarli e spaventarli».

        Quando il cane non si diverte

        Ogni cane ha un proprio livello di tolleranza agli stimoli ambientali. «Bisogna imparare ad ascoltarlo — sottolinea Talamonti — e capire fino a dove possiamo spingerci. Ci sono soggetti più flessibili e altri che non riescono a gestire la confusione. Forzarli è un errore: il nostro ruolo è proteggerli, non metterli in difficoltà».

        Un cane che ansima, si lecca spesso il muso, abbassa le orecchie o cerca di allontanarsi sta mostrando chiari segnali di stress. «Quando li portiamo in contesti caotici, non dobbiamo aspettarci che “si abituino” da soli. È come per una persona con ansia sociale: serve tempo, gradualità e, a volte, l’aiuto di un professionista», precisa la veterinaria.

        L’adattamento non è per tutti

        L’esperta racconta il caso di un cane adottato da un canile del Sud Italia, trasferito poi a Milano. «Aveva trascorso i primi sei mesi di vita in un ambiente tranquillo, senza contatti con la città. I nuovi proprietari, molto attenti, volevano portarlo con sé ovunque — anche agli aperitivi ai Navigli. Ma il cane si spaventava per una saracinesca che si abbassa o per il suono di un monopattino elettrico. In casi così, bisogna rispettare i suoi tempi: con pazienza e un percorso graduale potrà forse adattarsi, ma forzarlo sarebbe controproducente».

        Gli esperti ricordano che l’adattabilità è influenzata da fattori come la genetica, le esperienze precoci e la socializzazione. I cani cresciuti in ambienti ricchi di stimoli possono tollerare meglio la confusione, ma per molti altri la folla resta una fonte di ansia.

        Vita sociale sì, ma a misura di cane

        Talamonti invita a cambiare prospettiva: «Tendenzialmente i cani — da caccia o da pastore — amano stare nella natura. Hanno bisogno di annusare, correre, esplorare. È lì che si sentono davvero liberi».

        Per questo, gli esperti suggeriscono di pianificare le uscite in funzione del benessere del cane: meglio una passeggiata nel verde o una giornata in montagna che un pomeriggio tra la folla. «Portare il cane con sé deve essere un piacere condiviso — conclude la veterinaria — non una prova di affetto mal interpretata. Il rispetto dei suoi bisogni è la forma più autentica di amore».

          Continua a leggere

          Animali

          Dentro o fuori? Perché il gatto cambia idea davanti alla porta

          Un comportamento che fa sorridere e disperare milioni di proprietari: il continuo avanti e indietro dei gatti tra casa e giardino ha spiegazioni precise.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

          Perché il gatto cambia idea davanti alla porta

            Chi vive con un gatto lo conosce bene: graffia alla porta per uscire, poi miagola subito per rientrare. Una volta dentro, dopo pochi minuti, eccolo di nuovo davanti all’uscio, come se non avesse ancora deciso dove stare. Un atteggiamento che può sembrare un dispetto o un capriccio, ma che in realtà affonda le radici nella biologia e nel comportamento naturale del gatto domestico.

            Il gatto è un animale territoriale (ma prudente)

            A differenza del cane, il gatto è un animale fortemente territoriale. Anche se vive in appartamento, percepisce la casa come una parte del proprio dominio e l’esterno come un’area da controllare. Entrare e uscire non significa scegliere un luogo migliore, ma monitorare due ambienti diversi, verificando che tutto sia sotto controllo.

            Quando è fuori, il gatto resta esposto a rumori, odori e potenziali minacce. Il rientro in casa rappresenta una zona sicura. Al contrario, una volta dentro, nuovi stimoli esterni — un rumore, un altro animale, un odore interessante — possono riattivare la curiosità e spingerlo di nuovo fuori.

            Istinto di controllo e bisogno di sicurezza

            Secondo gli etologi, il gatto tende a mantenere sempre una via di fuga. Sapere di poter entrare o uscire quando vuole riduce lo stress e gli dà un senso di controllo sull’ambiente. Questo comportamento è particolarmente evidente nei gatti che hanno accesso libero all’esterno o che vivono in zone con giardini e cortili.

            Non si tratta di indecisione, ma di una strategia adattiva: il gatto valuta continuamente se l’ambiente in cui si trova è quello più vantaggioso in quel preciso momento, dal punto di vista termico, sensoriale o di sicurezza.

            Temperatura, odori e stimoli cambiano tutto

            Un altro fattore spesso sottovalutato è il microclima. I gatti sono molto sensibili alla temperatura: possono uscire per prendere aria fresca e rientrare pochi minuti dopo se percepiscono freddo, vento o umidità. Allo stesso modo, un odore nuovo — come il passaggio di un altro animale — può spingerli a esplorare, mentre un rumore improvviso li induce a cercare rifugio.

            Anche la luce gioca un ruolo importante: l’alba e il tramonto sono i momenti in cui i gatti sono naturalmente più attivi, perché coincidono con i picchi di attività delle prede in natura.

            È un comportamento normale?

            Sì. Gli esperti di comportamento felino concordano sul fatto che questo atteggiamento rientra nella normalità assoluta, soprattutto nei gatti adulti non sterilizzati o in quelli particolarmente curiosi e vigili. Diventa invece un campanello d’allarme solo se accompagnato da segnali di stress, vocalizzazioni eccessive o cambiamenti improvvisi delle abitudini.

            Come gestire la situazione senza stress

            Per ridurre il continuo avanti e indietro, i veterinari consigliano di arricchire l’ambiente domestico con giochi, tiragraffi e punti di osservazione, come mensole o finestre sicure. Se possibile, una gattaiola consente all’animale di gestire autonomamente i propri spostamenti, diminuendo la frustrazione — la sua e quella del proprietario.

            In definitiva, il gatto che vuole uscire quando è dentro e rientrare quando è fuori non è confuso né viziato. Sta semplicemente facendo ciò che la sua natura gli impone: controllare il territorio, valutare gli stimoli e scegliere, momento per momento, dove sentirsi più al sicuro. Un piccolo promemoria quotidiano di quanto l’istinto resti vivo anche nei felini più domestici.

              Continua a leggere

              Animali

              Cani, molto più che compagni: la scienza riscrive i confini della loro intelligenza

              Le ricerche degli ultimi anni mostrano che i nostri amici a quattro zampe sono capaci di riconoscere centinaia di parole, comprendere gesti complessi e perfino prendere decisioni autonome.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

              Cani

                Per lungo tempo i cani sono stati considerati animali intelligenti, sì, ma entro confini relativamente semplici: fedeli esecutori di comandi, abili nell’interpretare il tono della voce e il linguaggio del corpo umano. Le ricerche contemporanee, però, stanno completamente ridisegnando questo quadro, mostrando una complessità cognitiva che avvicina i cani a primati e bambini piccoli in diverse abilità.

                Uno dei casi più noti è quello di Chaser, un Border Collie studiato dalla Wofford College negli Stati Uniti, che nel corso di anni di addestramento ha memorizzato più di 1.000 nomi di oggetti. Chaser non solo sapeva riconoscerli, ma era capace di distinguerli in base alla categoria e comprendere nuovi termini tramite esclusione, una competenza che negli umani compare attorno ai 2-3 anni di età.

                Questo caso non è isolato. Studi condotti alla Eötvös Loránd University di Budapest — tra i principali centri mondiali per la cognizione canina — hanno mostrato che molti cani riescono a distinguere fino a 200-250 parole, tra nomi, comandi e semplici frasi. Si tratta di numeri paragonabili a quelli osservati in alcune specie di pappagalli e primati.

                Il linguaggio umano? I cani lo ascoltano davvero

                Le neuroscienze hanno confermato ciò che i proprietari sospettano: i cani non reagiscono solo alla voce del loro umano, ma elaborano i suoni in modo simile a noi. Una ricerca apparsa su Science ha dimostrato che il cervello dei cani processa intonazione e significato attraverso aree simili a quelle della nostra corteccia uditiva. In altre parole, non si limitano a riconoscere un suono: provano a capirlo.

                Inoltre sanno leggere con precisione i gesti, molto più dei primati. Puntare il dito verso un oggetto è un comportamento che scimpanzé e gorilla interpretano solo in presenza di addestramento intensivo, mentre i cani lo comprendono spontaneamente fin da cuccioli: una conseguenza probabilmente del loro lungo percorso evolutivo accanto all’uomo.

                Problem solving, memoria e decisioni autonome

                L’intelligenza canina non si limita al linguaggio. Diversi studi indicano che:

                • dispongono di memoria episodica, cioè la capacità di ricordare eventi specifici, come dimostrato da esperimenti della ricercatrice Claudia Fugazza;
                • adottano strategie di problem solving, imparando a risolvere piccoli rompicapo e adattando il comportamento se la ricompensa cambia;
                • mostrano forme di empatia e prosocialità, come il tentativo di consolare un umano in difficoltà.

                Non sono abilità isolate: emergono in molte razze e incroci, segno che l’intelligenza del cane non è un talento esclusivo dei Border Collie o dei cani da lavoro, ma una caratteristica diffusa.

                Un legame che ha plasmato due specie

                Gli etologi concordano sul fatto che una parte significativa dell’intelligenza canina derivi dalla co-evoluzione con l’uomo. Per almeno 15.000 anni cani e umani hanno condiviso ambienti, attività, necessità emotive. Questo rapporto ha favorito lo sviluppo di abilità sociali raffinate, come l’interpretazione delle espressioni facciali e la capacità di collaborare in modo naturale.

                Non è un caso che molte competenze cognitive dei cani emergano soprattutto in contesti cooperativi, quando comunicano, lavorano o giocano con noi.

                Più intelligenti di quanto immaginiamo

                La ricerca scientifica continua ad ampliare ciò che sappiamo sulla mente canina: ogni anno emergono nuovi studi su linguaggio, memoria e capacità sociali. L’immagine che ne ricaviamo è chiara: i cani non sono semplici esecutori di comandi, ma animali cognitivamente complessi, capaci di costruire significati, ricordare, imparare e — soprattutto — di comprendere noi umani con una sensibilità sorprendente.

                E forse è proprio questo a renderli così speciali: la loro intelligenza non è solo misurabile in numeri o parole riconosciute, ma vive nel legame unico che sanno creare.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù