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Volpi, orsi, vulcani: le meravigliose foto dei World Nature Photography Awards 2025

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    Una natura sorprendente è il mondo catturato dagli obiettivi dei migliori fotografi che hanno partecipato al World Nature Photography Awards 2025. Il concorso ogni anno celebra le meraviglie del nostro pianeta e invita a riflettere sulla sua fragilità.

    C’è bellezza sulla Terra

    Migliaia di fotografi professionisti e amatoriali provenienti da 48 Paesi hanno partecipato all’edizione del World Nature Photography Awards 2025. Un collage di istantanee che ci raccontano la Terra in cui viviamo e di cui spesso non siamo consapevoli. Dall’immagine di un orso polare giocoso a quella di decine di migliaia di uccelli costretti a fuggire dall’alta marea in arrivo. E ancora il divertente momento in cui una minuscola lucertola controlla da vicino un grosso leone addormentato. I vincitori di quest’anno riflettono momenti particolari della vita sul nostro pianeta in pericolo.

    Primo premio del World Nature Photography Awards 2025 ai cervi nel vigneto innevato

    La foto vincitrice del primo premio generale si chiama “Run” realizzata dalla slovena Maruša Puhek – Slovenia. L’immagine oltre al Gran Premio si è aggiudicata anche il Premio Arte della Natura e mostra due cervi che corrono in un vigneto innevato a Murščak, in Slovenia.

    Ecco i vincitori di categoria del World Nature Photography Awards 2025

    Comportamento, Mammiferi (1° posto): Tom Nickels, Finlandia – Orso polare che nuota alle Svalbard.

    Comportamento, Mammiferi (3° posto): Fotografia di un cucciolo di volpe che salta tra i tronchi a Lac La Biche, Alberta, Canada.

    Comportamento, Uccelli (1° posto): Clive Burns – Decine di migliaia di uccellini della specie piovanello maggiore costretti a volare a causa dell’alta marea primaverile a Snettisham, Norfolk, Inghilterra.

    Subacqueo: Daniel Flormann – Giovane tartaruga bastarda olivacea a Kasait, Timor Est.

    Fotogiornalismo naturalistico (1° posto): Ael Kermarec – Eruzione vulcanica in Islanda, penisola di Reykjanes.

    Piante e funghi (3° posto): Irina Petrova – Mantide orchidea su un fungo.

    Fotogiornalismo naturalistico (3° posto): Charlotte Keast – Zampe incatenate di un elefante asiatico nel Parco nazionale di Bardiya, Nepal.

    Fauna urbana (2° posto): Elizabeth Yicheng Shen – Gufo della Lapponia che sorvola una strada in California.

    Animali nel loro habitat (1° posto): Malini Chandrasekar – Tricheco sul ghiaccio nella tundra alle Svalbard.

    Comportamento, Mammiferi (2° posto): Jonathan Hodgetts – Due ippopotami maschi che combattono nel Parco nazionale di Mana Pools, Zimbabwe.

    Animali nel loro habitat (2° posto): Irene Amiet – Airone bianco maggiore che spicca il volo nel bacino di Atchafalaya, Louisiana, USA.

    Fotografia in bianco e nero: Paul Goldstein – Cinque ghepardi che si nutrono di un giovane alcelafo nell’Olare Conservancy, Kenya.

    Fauna urbana (3° posto): Christian Passeri – Rospo calamita a Berlino, Germania.

    Comportamento, Uccelli: Mohammad Murad – Due esemplari di sterna guancebianche che combattono per il territorio sull’isola di Kubbar, Kuwait.

    Comportamento, Anfibi e Rettili: Georgina Steytler – Grande saltafango a macchie blu che salta fuori dall’acqua a Broome, Australia occidentale.

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      La triste storia dei cinghiali di Chernobyl si rinnova con l’alimentazione

      I cinghiali di Chernobyl sono gli unici mammiferi nell’area la cui carne continua a presentare alti livelli di radioattività, a differenza di altri animali come i cervi, che mostrano un declino della radioattività nel tempo.

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        Dopo quasi 40 anni dall’esplosione e l’incendio del reattore nucleare di Chernobyl nell’attuale Ucraina i cinghiali di Chernobyl continuano a essere molto radioattivi, a differenza degli altri animali locali. L’esplosione del 1986 aveva provocato il rilascio nell’atmosfera di una grande quantità di materiale radioattivo. Le particelle trasportate dalle masse d’aria hanno raggiunto tutta l’Europa, contaminando anche la Svizzera. Le precipitazioni hanno ripulito l’aria generando depositi radioattivi di diversa entità a seconda della regione.

        Il mistero dei cinghiali radioattivi

        Tra i tanti misteri della zona contaminata dalla centrale nucleare di Chernobyl, il paradosso dei cinghiali radioattivi ha inseguito gli scienziati per decenni. Questi animali sono gli unici mammiferi nell’area la cui carne continua a presentare alti livelli di radioattività, a differenza di altri animali come i cervi, che mostrano un declino della radioattività nel tempo. Come mai? Uno studio ha proposto una soluzione plausibile a questo enigma. I cinghiali sono stati esposti non solo alle radiazioni della centrale esplosa nel 1986, ma anche a quelle dei test atomici degli anni Sessanta.

        E per i cinghiali tedeschi come la mettiamo?

        Lo studio non è stato condotto direttamente sui cinghiali di Chernobyl, ma su una popolazione di cinghiali che vive in Baviera, in Germania. Questi cinghiali si trovano in una situazione simile a quella dei cinghiali di Chernobyl. Gli autori dello studio sostengono che le conclusioni tratte per i cinghiali tedeschi si possano applicare anche a quelli di Chernobyl.

        Gli isotopi radioattivi coinvolti

        La carne degli ungulati di Chernobyl, come quella di tutti gli animali che vivono nei dintorni di Pripyat, contiene alti livelli di cesio-137, un isotopo radioattivo prodotto dall’esplosione nella centrale. Il cesio-137 ha un tempo di decadimento relativamente rapido, motivo per cui quasi tutti i mammiferi di Chernobyl sono meno radioattivi oggi rispetto a subito dopo l’incidente. Tuttavia, i cinghiali contengono un altro isotopo, il cesio-135, molto più difficile da rilevare e con un tempo di decadimento molto più lungo.

        L’origine del cesio-135

        Questo isotopo non proviene dall’incidente di Chernobyl, ma dai test atomici condotti in Europa durante la Guerra Fredda. Il cesio-135 impiega molto tempo a filtrare nel suolo e solo recentemente ha iniziato a raggiungere una profondità tale da contaminare i funghi del genere Elaphomyces, simili ai tartufi, che costituiscono una parte importante della dieta dei cinghiali della Baviera.

        E’ solo una questione di alimentazione

        I livelli di radioattività dei cinghiali non calano perché continuano a ingerire sostanze radioattive che permangono nel suolo da oltre sessant’anni. Secondo gli autori dello studio, lo stesso meccanismo è in azione a Chernobyl, dove gli ungulati locali continuano a nutrirsi di cibo contaminato. I cervi e altri mammiferi locali, che non si nutrono di questi funghi, stanno gradualmente perdendo la loro radioattività.

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          Con l’arrivo del caldo tornano zanzare e pappataci. Bisogna iniziare a proteggere cani e gatti da filaria e leishmaniosi

          Ecco un breve vademecum realizzato dall’Enpa per la tutela degli animali domestici. Piccoli gesti quotidiani che possono garantire serenità.

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          Con l'arrivo del caldo tornano zanzare e pappataci. Bisogna iniziare a proteggere cani e gatti da Filaria e Leishmaniosi

            Con l’arrivo della primavera e delle temperature più alte, tornano anche insetti fastidiosi come zanzare e pappataci, che rappresentano una minaccia non solo per le persone, ma soprattutto per gli animali domestici. Questi insetti sono infatti vettori di malattie potenzialmente gravi e mortali come la leishmaniosi e la filariosi. Per proteggere cani e gatti, l’Ente Nazionale Protezione Animali (Enpa) ha stilato un vademecum di consigli utili per la prevenzione.

            La leishmaniosi

            La leishmaniosi è una malattia parassitaria grave, trasmessa dai pappataci, piccoli insetti simili alle zanzare, ormai presenti in tutta Italia. Questa malattia può causare sintomi come perdita di peso, lesioni cutanee, epistassi (perdita di sangue dal naso), dermatiti, congiuntivite, caduta del pelo attorno agli occhi e crescita anomala delle unghie. La malattia può essere gestita se diagnosticata in tempo, ma la prevenzione è fondamentale. È importante utilizzare farmaci specifici e repellenti. Poiché il rischio è più alto tra maggio e novembre, soprattutto nelle zone umide e al crepuscolo, è consigliabile adottare misure preventive già in primavera.

            La filariosi

            La filariosi, o filaria, è invece causata da un parassita trasmesso da zanzare, in particolare quelle della specie tigre. Si manifesta in due forme importanti. Nella forma cardiopolmonare colpisce cuore e polmoni, con sintomi come tosse, dimagrimento e stanchezza anomala; può essere letale se non curata per tempo. Nella forma cutanea, invece, colpisce la pelle e, pur essendo meno grave, può contagiare anche l’uomo. Per prevenirla sono disponibili trattamenti mensili e iniezioni di lunga durata, somministrabili dal veterinario.

            Cosa possiamo fare contro le zanzare

            Recenti studi mostrano che il cambiamento climatico ha ampliato la diffusione di queste malattie a zone dove erano prima meno comuni. Inoltre, tecnologie innovative come i collari antiparassitari e i dispositivi a ultrasuoni possono integrare i metodi tradizionali di protezione. Cosa possiamo fare? La cosa più semplice è la prevenzione veterinaria, ovvero consultare il veterinario per trattamenti preventivi con farmaci specifici. Ridurre al massimo il rischio di punture evitando passeggiate serali e notturne, quando gli insetti sono più attivi. Inoltre è consigliabile non fare dormire animali all’aperto, specialmente tra maggio e ottobre. Se si ha a disposiione un gardino o uno spazio esterno meglio mantenerli curati, tagliati e puliti, eliminando foglie e ristagni d’acqua. Naturalmente sarebbe meglio applicare a porte e finestre utili zanzariere oltre che affrontare un regolare monitoraggio proprio sui nostri animali domestici. Controlli periodici, infatti, consentono di diagnosticare precocemente eventuali malattie, spesso asintomatiche nelle fasi iniziali.

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              L’età del cane: sfatato il mito della moltiplicazione per 7, ecco la formula scientifica corretta

              Dal rapido sviluppo dei cuccioli alla maturità accelerata dei cani di grossa taglia: l’età canina varia in base a taglia e razza. Scopri la formula che finalmente risponde alle domande di ogni proprietario.

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                Molti proprietari di cani credono che l’età di un cane si calcoli semplicemente moltiplicando i suoi anni per 7. Questa convinzione, ormai radicata da decenni, è però errata. Sebbene rappresenti un metodo semplice, non riflette la realtà biologica dei cani.

                Secondo questa formula, un cane di un anno corrisponderebbe a un bambino di sette anni. Tuttavia, ciò non è coerente: un cane di 6-8 mesi è già in grado di riprodursi, quindi la sua maturità è paragonabile a quella di un adolescente, non di un bambino. Nonostante la sua imprecisione, questo metodo viene occasionalmente utilizzato dai veterinari per semplificare la comunicazione con i proprietari.

                La formula scientifica per calcolare l’età del cane
                Gli scienziati hanno individuato una formula basata sui logaritmi naturali per calcolare con precisione l’età dei cani in anni umani:

                anni umani = 16 x ln (età del cane) + 31

                Questa equazione, che richiede una calcolatrice scientifica, offre risultati più accurati rispetto alla semplice moltiplicazione. Ad esempio, secondo questa formula:

                • Un cane di un anno equivale a un adolescente di 15 anni.
                • Al secondo anno si aggiungono circa 9 anni umani.
                • Ogni anno successivo corrisponde a circa 5 anni umani.

                Tuttavia, il rapporto cambia a seconda della taglia del cane, complicando ulteriormente il calcolo.

                Differenze tra cani di diverse taglie
                L’età dei cani varia in base alla loro taglia. I cani di piccola taglia, come gli Yorkshire terrier, hanno un’aspettativa di vita più lunga rispetto a quelli di taglia grande o gigante. Per esempio:

                • Un Yorkshire terrier vive mediamente tra 13 e 16 anni.
                • Un Bovaro del Bernese vive tra 7 e 10 anni.
                • Un Mastiff può vivere tra 6 e 12 anni.

                Inoltre, i cani di piccola taglia maturano più rapidamente durante il primo anno di vita, ma il loro invecchiamento rallenta con l’età. Al contrario, i cani di grossa taglia iniziano a maturare più lentamente ma invecchiano più rapidamente una volta raggiunta l’età adulta.

                Questa nuova comprensione dell’età canina offre ai proprietari uno strumento più preciso per monitorare lo sviluppo e il benessere del proprio amico a quattro zampe, permettendo di garantire cure adeguate in ogni fase della vita.

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