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Lifestyle

Arriva la rottamazione anche per Google?

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    Gootle ha rappresentato per milioni e milioni di utenti un compagno fedele nelle navigazioni online sulla rete. Eppure anche lui si avvia ad una dismissione, neanche tanto lenta per la verità.

    La sfida al colosso dei motori di ricerca

    OpenAI apre, infatti, ad una nuova era nella corsa all’intelligenza artificiale. Sfidando appunto big del calibro di Google. La startup americana, azienda madre di ChatGpt, ha presentato SearchGpt: si tratta di un servizio che coniuga l’IA all’interno della ricerca web. Non si tratta per ora di un lancio pubblico ma, allmeno per il momento, di un test riservato a 10.000 utenti che lo sperimenteranno in anteprima.

    Più preciso, più veloce

    “SearchGpt è un prototipo progettato per combinare la forza dei nostri modelli di intelligenza artificiale con informazioni dal web e fornire risposte rapide e tempestive da fonti chiare e pertinenti. Intendiamo integrare il meglio di queste funzionalità direttamente in ChatGpt in futuro”, scrive OpenAI sul suo spazio blog. Un lancio, quello di SearchGpt, che si innesta in un contesto di sempre maggior competizione nella ricerca basata sull’intelligenza artificiale.

    Un settore in grande movimento

    Da par suo Google, il motore di ricerca attualmente più utilizzato al mondo, lo scorso maggio ha presentato la funzione AI Overview, un testo generato dall’IA di Gemini. Microsoft, che finanzia OpenAI, ha offerto un primo assaggio delle nuove funzionalità di ricerca generativa di Bing, attualmente in fase di test su una piccola percentuale di utenti. Pure startup come Perplexity, finanziata da Jeff Bezos di Amazon, mirano a lanciare una precisa sfida a Google nel campo dei motori di ricerca web implementati dall’intelligenza artificiale.

    Google in breve

    Google, dal punto di vista societario, viene ufficialmente lanciato nel 1998 da Larry Page e Sergey Brin per commercializzare Google Search, che si trasformerà nel motore di ricerca web più utilizzato. Page e Brin, studenti della Università di Stanford in California, sviluppano un algoritmo di ricerca inizialmente noto come BackRub nel 1996, che si rivela presto efficace, favorendo una rapida crescita della società.

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      Cucina

      Kaiserschmarrn, il dolce imperiale che conquista tutti: la ricetta originale austriaca

      Dalla storia alla preparazione, ecco tutti i segreti del Kaiserschmarrn, la frittata dolce che viene servita con confetture e zucchero a velo per un’esperienza autentica di gusto e tradizione. Perfetto per colazioni o merende autunnali.

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        Il Kaiserschmarrn è un dolce tradizionale austriaco, perfetto per chi ama i sapori rustici e autentici della cucina mitteleuropea. La sua storia è legata all’imperatore Francesco Giuseppe I, grande amante di questo dolce semplice ma gustoso. Il Kaiserschmarrn è simile a una frittata dolce sbriciolata, arricchita con uvetta e servita con zucchero a velo e confettura di frutti di bosco o composta di mele.

        Ingredienti

        • 100 g di farina
        • 250 ml di latte
        • 4 uova
        • 2 cucchiai di zucchero
        • 1 pizzico di sale
        • 50 g di uvetta (ammollata in rum o acqua tiepida)
        • 20 g di burro
        • Zucchero a velo q.b.
        • Confettura di mirtilli o composta di mele per accompagnare

        Preparazione

        1. In una ciotola, mescola farina, latte e sale fino a ottenere una pastella liscia.
        2. Dividi le uova separando albumi e tuorli: monta i tuorli con lo zucchero e aggiungili alla pastella.
        3. Monta a neve gli albumi e incorporali delicatamente al composto.
        4. In una padella antiaderente, sciogli il burro e versa la pastella, distribuendo uniformemente le uvette ammollate.
        5. Cuoci a fuoco medio fino a doratura, quindi girala e sbriciolala con una forchetta.
        6. Continua a cuocere fino a doratura completa.

        Servizio

        Servi il Kaiserschmarrn caldo, cospargendolo di zucchero a velo e accompagnandolo con confettura di mirtilli o composta di mele.

        Varianti e consigli

        Il Kaiserschmarrn può essere arricchito con mandorle tritate o mele a cubetti. Il segreto per un risultato perfetto è la cottura: deve rimanere soffice all’interno e leggermente croccante all’esterno.

        Un dolce semplice ma irresistibile, perfetto per colazioni sostanziose o merende golose che conquisteranno tutti!

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          Società

          I rituali del Giovedì Santo, la notte dei Sepolcri tra fede e silenzio

          Nel Giovedì che apre il Triduo Pasquale si mescolano liturgia e riti popolari: la celebrazione dell’Eucaristia, la reposizione del Santissimo e la visita agli altari decorati con fiori e germogli. Un momento di raccoglimento che unisce l’Italia credente, tra misticismo e memoria.

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            Il Giovedì Santo non è solo il giorno che precede la Passione, ma l’inizio del cuore pulsante della Settimana Santa. È la soglia del Triduo Pasquale, il trittico sacro che conduce i fedeli alla celebrazione della Resurrezione. In questa giornata carica di simboli, la Chiesa cattolica ricorda l’Ultima Cena di Gesù con gli apostoli, l’istituzione dell’Eucaristia e del sacerdozio.

            La liturgia del Giovedì Santo, la cosiddetta “Messa in Coena Domini”, si celebra nel tardo pomeriggio. Durante la funzione, il rito della lavanda dei piedi rievoca il gesto compiuto da Cristo nel cenacolo: un atto di umiltà, ma anche di rottura rispetto alla logica del potere. Il sacerdote, chinandosi a lavare i piedi a dodici fedeli, ripete un gesto antico, che parla più di mille parole.

            Al termine della Messa, il Santissimo Sacramento viene traslato in un luogo separato dall’altare principale: è l’Altare della Reposizione, spesso chiamato anche “Sepolcro”. Qui inizia un tempo sospeso, fatto di silenzio, adorazione e riflessione. La chiesa si spoglia di ogni solennità, l’altare resta nudo, la campane tacciono. È l’inizio della veglia, dell’attesa della croce.

            Ma accanto alla liturgia ufficiale, vive e resiste un’antica tradizione popolare: la visita ai Sepolcri. In tutta Italia, ma soprattutto nel Sud, i fedeli si mettono in cammino per visitare più chiese, di solito in numero dispari, sette o nove. È un pellegrinaggio urbano, che unisce spiritualità e senso comunitario. Ogni altare è decorato con cura: fiori bianchi, candele, stoffe damascate e, soprattutto, i germogli di grano coltivati al buio durante la Quaresima, simbolo di morte che si fa promessa di vita.

            Nel cuore di Napoli, questo rito prende il nome di “struscio”, per il lento incedere dei fedeli che, tra una chiesa e l’altra, vivono un’esperienza intima ma condivisa. In Sicilia, i germogli diventano “lavureddi”, e accompagnano processioni e riti più scenografici, come le “Vare” di Caltanissetta o le drammatiche rappresentazioni viventi in molti paesi dell’entroterra. Anche al Nord la tradizione è viva, seppur con toni più sobri: la visita silenziosa agli altari addobbati è occasione di meditazione personale, spesso in un clima di penombra e raccoglimento.

            Il Giovedì Santo è dunque un giorno di passaggio. Non ha ancora la drammaticità del Venerdì né la gioia esplosiva della Pasqua. È una soglia sottile, dove la fede si fa attesa e il mistero si lascia solo intuire. È il tempo dell’intimità e del servizio, del pane spezzato e del cuore aperto. E forse, proprio per questo, è uno dei momenti più intensi dell’intero calendario liturgico.

            Mentre nelle chiese si spengono le luci e i fedeli si ritirano dopo la visita ai Sepolcri, resta nell’aria una sospensione sacra. Come se il mondo, per una notte, trattenesse il fiato. In attesa della croce. E poi, della luce.

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              Curiosità

              Uova di Pasqua: da simbolo di vita a dolce rituale, viaggio nella tradizione che unisce sacro e profano

              Da oggetto propiziatorio nei culti precristiani a dono augurale nelle famiglie moderne: l’uovo pasquale è uno dei simboli più longevi e affascinanti della nostra cultura. Ecco come è nato, come si è evoluto e perché continua a emozionare grandi e piccini

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                Ogni anno, con l’arrivo della Pasqua, le vetrine si riempiono di uova: grandi, piccole, di ogni colore, con sorprese nascoste o riccamente decorate. Ma dietro questa tradizione che oggi ha il sapore della festa e del cioccolato, c’è una storia che attraversa secoli e continenti, mescolando riti antichi, simbologie religiose e usanze popolari. L’uovo, prima ancora di essere un dolce, è sempre stato un simbolo universale di rinascita, di fertilità e di mistero. E proprio per questo è diventato uno degli emblemi più potenti della Pasqua.

                Le radici pagane dell’uovo come simbolo di vita

                La simbologia dell’uovo ha origini ben più antiche del cristianesimo. Già nelle civiltà mesopotamiche e presso gli antichi Egizi, l’uovo era considerato un oggetto sacro, collegato al ciclo della vita, alla creazione del mondo e alla primavera, momento in cui la natura rinasce. Per i Persiani, ad esempio, scambiarsi uova era un gesto augurale per l’equinozio di primavera, una festa che segnava il ritorno della luce e della fecondità.

                In molte culture l’uovo rappresentava la perfezione cosmica: guscio, albume e tuorlo come analogia del cielo, dell’atmosfera e della terra. Un microcosmo che contiene il segreto della vita e che si rompe solo per generare una nuova esistenza.

                Il significato cristiano: la resurrezione

                Con l’arrivo del cristianesimo, il significato dell’uovo si trasforma, senza perdere il suo valore simbolico. L’uovo diventa la metafora perfetta della resurrezione: come da un guscio apparentemente inerte può nascere la vita, così dalla tomba sigillata risorge Cristo. Le prime comunità cristiane adottarono l’uovo come simbolo pasquale proprio per questo legame con il mistero della vita che vince la morte.

                Inoltre, durante la Quaresima, il consumo di carne, latticini e uova era proibito. Così, quando arrivava la Pasqua, si faceva festa anche con le uova conservate o bollite, spesso decorate con pigmenti naturali: barbabietola per il rosso, spinaci per il verde, cipolla per il giallo. Le uova dipinte erano anche un dono tra contadini e signori, o tra innamorati e famiglie.

                Le uova decorate: tra arte e spiritualità

                Nel Medioevo, la tradizione di decorare le uova si diffuse in tutta Europa. Nei paesi slavi e ortodossi, la pittura delle uova pasquali divenne una vera e propria arte. Le pysanky ucraine, ad esempio, sono vere opere d’arte realizzate con tecniche antichissime e motivi simbolici tramandati di generazione in generazione.

                In alcune corti rinascimentali le uova venivano addirittura rivestite d’oro o decorate con pietre preziose: un lusso che culminò con le celebri uova Fabergé, realizzate dal gioielliere russo per gli zar Romanov, che nascondevano al loro interno veri capolavori in miniatura.

                L’arrivo dell’uovo di cioccolato

                Il passaggio dal simbolo sacro al dolce festivo avviene nel Settecento, quando in Francia e in Italia si diffonde l’arte pasticcera. I maestri cioccolatieri iniziano a realizzare uova in zucchero e in cioccolato, inizialmente piene, poi anche vuote e con sorpresa. È però nel Novecento che l’uovo di Pasqua assume la forma che conosciamo oggi, diventando protagonista assoluto delle feste. Le industrie dolciarie lo trasformano in un prodotto per tutti: dal classico fondente o al latte, fino alle versioni gourmet con cioccolato bianco, pistacchio, caramello salato o frutti esotici.

                Le sorprese all’interno si evolvono: si passa dai piccoli giocattoli alle collezioni tematiche, fino agli anelli o ai messaggi personalizzati. L’uovo pasquale diventa così anche un contenitore di emozioni, attese, promesse. Un piccolo scrigno in cui ogni bambino (e non solo) spera di trovare qualcosa di speciale.

                Un rito che continua a unire

                Oggi le uova di Pasqua non sono solo una tradizione dolciaria. Sono il simbolo di una festa che celebra la rinascita, la speranza, l’attesa del nuovo. Un oggetto che continua a mettere insieme generazioni, tra chi le regala, chi le rompe, chi le conserva, chi le fa in casa con amore e pazienza.

                Anche il gesto di scambiarsi uova colorate, magari fatte a mano o artigianali, resta un modo per dirsi: “ti auguro vita, gioia, luce”. Perché in fondo, anche in un mondo iperconnesso, il linguaggio delle piccole cose resta il più potente. E l’uovo di Pasqua, con la sua fragilità e il suo segreto, lo ricorda ogni anno.

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