Cocktail & Wine
Dai assaggia questo brandy, ha più di 100 anni!
I distillati longevi rappresentano una ricchezza inestimabile, frutto di un processo che abbraccia il tempo come il miglior alleato. Provarli è un viaggio attraverso epoche diverse, un’esperienza che va oltre il semplice gusto per diventare poesia liquida.

La longevità è una qualità preziosa per i distillati. Una qualità che sa trasformare brandy, grappe, cognac e whisky in vere e proprie esperienze sensoriali complesse e affascinanti. I distillati più longevi sono il risultato di un lungo lavoro che coinvolge uomini e natura. Racchiudono tempi e spazi precisi, creatività e tanto protocollo. Sono la sintesi di un’attenta lavorazione e di un lungo invecchiamento, che ne arricchiscono gusto e aroma.
La magia del tempo che si riversa nel gusto
Il tempo è fondamentale per la qualità di un distillato. Come sottolineano Chicco Berta delle Distillerie Berta e Jacopo Poli delle Distillerie Poli. Il lungo invecchiamento permette di trasformare gli aromi giovanili in sensazioni più complesse e rotonde. La tecnologia e l’adattamento giocano un ruolo cruciale. Eh già ma poi alla fine è il legno a fare la differenza, influenzato dal clima e dall’umidità del luogo di invecchiamento. Ci vuole anche tanta pazienza e molta cura da parte dei mastri distillatori nel decidere il momento giusto per travasare e imbottigliare. Attimi essenziali per creare l’armonia di questi capolavori liquidi.
Abbiamo selezionato undici dei distillati più longevi al mondo che meriterebbero almeno una volta nella vita di essere testati.
Peinado – Peinado Solera 100 anni
Brandy. Nato come cognac spagnolo, ha attraversato un secolo mantenendo una notevole eleganza e complessità, con aromi persistenti e un sorso elegante.
Mortlach – Gordon & Macphail Generations 75 anni
Whisky. Distillato nel 1939, il legno non è invadente e l’assaggio rimane fresco, con note di pompelmo e ananas.
The Macallan – The Reach 81 anni
Whisky. Distillato nel 1940, ha mantenuto un profilo gustativo complesso e una delicata affumicatura tipica della distilleria.
Glenlivet – Gordon & MacPhail Generations 80 anni
Whisky. Distillato nel 1940, con sensazioni chiare e compatte che ricordano alcuni cognac di alto lignaggio.
Maison Laberdolive – Bas Armagnac ‘Domaine Juarrey’ 1946
Armagnac. Morbido al palato, con una struttura tannica attenuata e note di frutti maturi.
Glen Grant – Glen Grant 1948
Whisky. Una bottiglia rara, con un aroma e gusto ancora vivaci e un grado alcolico alto, rappresentando un’epoca del whisky passata.
Damoiseau – 1953 Rhum Vieux
Rhum Agricole. Invecchiato 31 anni in Guadalupa, con note di tabacco e cannella, mantiene vivacità e complessità.
Berta Distillerie – Brandy Legami 51 anni
Brandy. Distillato nel 1973, è il gioiello della distilleria piemontese Berta, con un equilibrio perfetto tra gusto e struttura.
Château Lafite Rothschild – Très Vieille Réserve
Cognac. Nato da distillati di oltre 50 anni, con note di legno e vaniglia, richiede tempo per esprimere tutta la sua complessità.
Nonino – Grappa Nonino Gran Riserva Aged 28 Years in Sherry Cask
Grappa. Invecchiata in botti ex Sherry, con note di frutta, arancia candita e uva sultanina, rappresenta un lungo matrimonio tra grappa e legno.
Castagner – Riserva 23 anni
Grappa. Presentata all’edizione di Vinitaly di quest’anno, ha tonalità ambrate e un’anima ricca di note di albicocca, arancia disidratata e uva passa.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Cocktail & Wine
La rinascita dell’assenzio: la “fata verde” torna a incantare l’Europa
Dopo un secolo di divieti e leggende nere, il liquore amato da Manet e Wilde torna di moda nei locali di tutto il mondo. Ecco perché l’assenzio è tornato a far parlare di sé (e come gustarlo al meglio).

C’è una nuova vecchia ossessione nei bar europei: si chiama assenzio e promette di riportare in auge miti e rituali dimenticati. Un anno fa sembrava solo un trend di nicchia, ma oggi la “fata verde” – come la chiamavano i poeti maledetti e i pittori impressionisti – è tornata a infestare banconi e scaffali di mezza Europa. Il motivo? Un mix letale di fascino storico, storytelling irresistibile e un mercato globale che, secondo gli analisti, raggiungerà i 44,3 miliardi di dollari entro il 2026.
Perché l’assenzio conquista di nuovo?
Dopo quasi un secolo di demonizzazione, oggi l’assenzio ha un volto glamour e misterioso, che lo rende irresistibile per bartender e clienti. È un distillato potentissimo – spesso sopra i 70 gradi – a base di assenzio maggiore, anice verde e finocchio. Ma più che l’effetto dell’alcol, è il mito che fa scuola: bere assenzio significa evocare l’atmosfera bohémienne della Parigi ottocentesca, immaginarsi tra le ombre dei caffè frequentati da artisti come Manet, Degas o Toulouse-Lautrec. Oppure camminare fianco a fianco con Oscar Wilde o Baudelaire nei viali notturni.
Il mito della “fata verde”
L’assenzio nasce come medicamento già nell’antico Egitto, ma è tra il XVIII e XIX secolo che diventa leggenda, grazie al medico francese Pierre Ordinaire e successivamente a Pernod Fils, che lo commercializza in tutta Europa. È qui che nasce la “fata verde”, la creatura immaginaria che – si diceva – apparisse a chi beveva troppo assenzio. Non era solo una questione di alcol, ma anche di tuione, un composto presente nell’artemisia, accusato (ingiustamente) di provocare allucinazioni e follia.
A inizio ‘900 l’assenzio fu bandito in mezza Europa, complice il famigerato “caso Lanfray” in Svizzera: un contadino alcolizzato uccise la famiglia dopo aver bevuto – tra le altre cose – due bicchieri di assenzio. Morale: la “fata verde” venne accusata di omicidio e bandita dalle leggi di mezzo mondo. Francia, Belgio, USA e altri Paesi seguirono l’onda proibizionista, condannando l’assenzio all’oblio.
Ma non è finita qui.
Il ritorno della “fata verde”
A cavallo tra anni ‘80 e ‘90, la normativa europea sull’alimentazione rese di nuovo legale l’assenzio, purché con basse quantità di tuione. E da quel momento l’interesse è tornato a crescere, trainato da bartender affascinati dalle sue storie noir e dalla crescente voglia di esperienze vintage nei locali. Non più solo un drink, ma un rito: dalle bottiglie artigianali agli accessori storici come il classico cucchiaio da assenzio e le zolle di zucchero flambé.
Come si beve davvero l’assenzio?
Dimenticate gli shot alla goliardica: l’assenzio va degustato con un rituale che richiama i café parigini. Versato nel bicchiere, viene filtrato lentamente con acqua ghiacciata che scioglie lo zucchero posto sopra al classico cucchiaio forato. Il risultato è una miscela lattiginosa e aromatica che attenua l’impatto dell’alcol e sprigiona tutte le sue note di erbe e anice.
Per chi ama i cocktail, l’assenzio è il protagonista del Sazerac, un twist dell’Old Fashioned nato a New Orleans, dove la “fata verde” profuma il bicchiere prima dell’arrivo del whiskey.
Una moda pronta a esplodere?
I numeri parlano chiaro: l’assenzio è in forte ascesa nei trend del beverage, soprattutto tra i giovani che cercano storie e tradizioni da raccontare mentre sorseggiano qualcosa di diverso. Dai bar speakeasy di Berlino alle terrazze di Parigi, la rinascita della “fata verde” è ormai un dato di fatto.
E anche se non regala davvero visioni o follie, l’assenzio continua a far sognare chi ama immergersi nell’atmosfera decadente della Belle Époque.
Cocktail & Wine
La nuova moda dei locali dove si beve solo analcolico
Atipico: il bar di Settimo Torinese che rivoluziona il concetto di aperitivo Nientealcol, solo cocktail alternativi. Ecco come Davide Piastra ha trasformato la sua attività in un successo senza alcol.

«Vorremmo due Negroni», «Qui non li facciamo, non serviamo alcol ma abbiamo dei cocktail alternativi». Questo è l’incipit di una storia unica: quella di Atipico, il bar inaugurato da Davide Piastra a Settimo Torinese, dove l’alcol è bandito. In un’epoca dove i temperance bar stanno prendendo piede all’estero, Piastra ha deciso di portare questo concetto in Italia, rivoluzionando l’approccio al bere. Ma dietro questa scelta non c’è solo innovazione, c’è anche una profonda fede e una storia di imprenditorialità.
La scelta di eliminare l’alcol
Davide Piastra, insieme ai suoi collaboratori, ha deciso di abbandonare i superalcolici a favore di cocktail rivisitati con vini, prosecchi e liquori dealcolati. «Non posso fare del male a me e agli altri. Dare dell’alcol significa danneggiare l’altro e chi gli sta intorno», spiega Piastra, che nel 2019 si è convertito all’Islam. Da qui è iniziato il suo percorso verso un locale completamente alcohol-free, una rarità in Italia.
Un progetto di innovazione
Il percorso di Davide nel mondo della ristorazione inizia oltre vent’anni fa. Dopo anni di lavoro con cocktail ad alta gradazione, ha deciso di fare un cambio radicale. «Quando oggi propongo questo prodotto so cosa bevevi prima e cosa ti sto dando adesso», dice con sicurezza. I cocktail di Atipico, fatti con prodotti dealcolati, offrono un’esplosione di sapori che l’alcol solitamente copre. La ricerca continua di ingredienti e lo studio per migliorare le bevande sono alla base del successo del bar.
L’importanza della fede
Per Davide, la scelta di non servire alcol è anche una questione di fede. Dopo la sua conversione all’Islam, ha sentito il bisogno di allineare il suo lavoro ai suoi principi. «Non c’è un obbligo religioso in tal senso, ma se si ha la possibilità economica di farlo, i musulmani che vendono alcol dovrebbero togliersi da questo sistema», spiega.
Un target nuovo e fedele
Atipico ha già conquistato una clientela fissa, composta principalmente da donne dai 35 anni in su, donne incinte e persone della terza età. «Il nostro target sono le signore dai 35 anni in su, donne incinte e amiche che fanno parte di quella cerchia», racconta Piastra. Il locale offre un luogo dove si può fare aperitivo senza il rischio di eccessi alcolici.
Una nuova visione dell’aperitivo
La filosofia di Atipico è chiara: offrire qualcosa di diverso senza obbligare nessuno. «Noi, in ogni caso, non avvisiamo prima i clienti della nostra eccezionalità, siamo qui per proporre, non vogliamo costringere nessuno», conclude Davide. E così, tra cocktail senza alcol e un’atmosfera accogliente, Atipico sta lentamente rivoluzionando il concetto di aperitivo a Settimo Torinese.
Cocktail & Wine
Vuoi diventare sommelier? Aperte le iscrizioni al corso FISAR di Catanzaro
Dal 24 marzo 2025, presso il Riva Restaurant di Falerna Marina, parte il corso di primo livello FISAR per sommelier. Un’opportunità per appassionati e futuri esperti del settore, con lezioni su viticoltura, enologia, tecniche di servizio e degustazione. Al termine del percorso, un test finale permetterà di ottenere la certificazione riconosciuta a livello nazionale.

Se il vino è la tua passione e vuoi trasformarla in una competenza certificata, ecco l’occasione giusta: sono aperte le iscrizioni al corso di primo livello per sommelier organizzato dalla sede FISAR Catanzaro.
Le lezioni si terranno nella splendida cornice di Falerna Marina, presso il Riva Restaurant, e prenderanno il via il 24 marzo 2025. Il corso, a numero chiuso, è pensato per chi desidera avvicinarsi in modo serio e strutturato al mondo della sommellerie, acquisendo competenze teoriche e pratiche fondamentali per riconoscere, degustare e servire il vino con professionalità.

Il percorso prevede 14 moduli di formazione, studiati per offrire una panoramica completa: dalle tecniche di servizio alla viticoltura, dall’enologia alla legislazione di settore, fino a un focus su distillati e birre. Ogni lezione sarà tenuta da esperti del settore, pronti a guidare i partecipanti in un viaggio alla scoperta del vino e della sua cultura, con approfondimenti pratici e degustazioni guidate.
Al termine del corso, è previsto un test finale per ottenere la certificazione ufficiale FISAR, riconosciuta a livello nazionale. Ma il percorso non si esaurisce qui: il primo livello è solo l’inizio di una formazione più ampia, che permetterà ai partecipanti di accedere ai livelli successivi e perfezionare le proprie competenze, fino a ottenere il titolo di sommelier certificato.

Che tu voglia farne una carriera o semplicemente accrescere la tua conoscenza del vino, questa è l’occasione perfetta per approfondire la tua passione. Per iscriversi o ricevere maggiori informazioni, basta contattare il Riva Restaurant & Lounge Bar, dove un referente sarà a disposizione per rispondere a ogni domanda e guidarti nel processo di iscrizione.

-
Gossip1 anno fa
Elisabetta Canalis, che Sex bomb! è suo il primo topless del 2024 (GALLERY SENZA CENSURA!)
-
Cronaca Nera9 mesi fa
Bossetti è innocente? Ecco tutti i lati deboli dell’accusa
-
Speciale Olimpiadi 20248 mesi fa
Fact checking su Imane Khelif, la pugile al centro delle polemiche. Davvero è trans?
-
Sex and La City11 mesi fa
Dick Rating: che voto mi dai se te lo posto?
-
Speciale Grande Fratello7 mesi fa
Helena Prestes, chi è la concorrente vip del Grande Fratello? Età, carriera, vita privata e curiosità
-
Speciale Grande Fratello7 mesi fa
Shaila del Grande Fratello: balzi da “Gatta” nei programmi Mediaset
-
Gossip10 mesi fa
È crisi tra Stefano Rosso e Francesca Chillemi? Colpa di Can?
-
Moda e modi8 mesi fa
L’estate senza trucco di Belén Rodriguez