Cocktail & Wine
Quel barolo da 16mila euro a bottiglia
Il Barolo, noto come il “re dei vini”, rappresenta un tesoro enogastronomico con prezzi sorprendentemente elevati, come dimostra il Barolo Monfortino Riserva Conterno 2010, venduto a oltre 16.000 euro per una Jéroboam da 3 litri.

Se c’è un vino che incarna l’essenza stessa dell’eccellenza enologica italiana, è sicuramente il Barolo. Conosciuto come il “re dei vini” e anche il “vino dei re”, questo nettare è molto più di una semplice bevanda: è un’esperienza sensoriale, un simbolo di prestigio e tradizione che ha conquistato il cuore di intenditori di tutto il mondo. Ma c’è un aspetto di questo vino che continua a sorprendere anche i più esperti del settore: il suo prezzo. Si potrebbe pensare che un vino così celebrato abbia un costo ragionevole, ma la realtà è ben diversa. Il Barolo è un vero tesoro enogastronomico, con prezzi che possono superare ogni aspettativa.
Prendiamo ad esempio il Barolo Monfortino Riserva Conterno 2010. Questa bottiglia, una Jéroboam da 3 litri, è una vera rarità, un gioiello che incarna il meglio della tradizione vinicola italiana. Ma quanto costa avere tra le mani un capolavoro del genere? La cifra è quasi surreale: oltre 16.000 euro. Sì, hai letto bene. Per assaporare il prestigio e l’esclusività di questo vino da collezione, devi essere disposto a fare un investimento considerevole, ma la soddisfazione che ne deriva è impagabile.
Ma cosa rende così speciale il Barolo? Innanzitutto, il suo lungo processo di produzione, che richiede pazienza e maestria. Questo vino è ottenuto esclusivamente dalle uve nebbiolo, un vitigno pregiato che cresce sulle colline del Piemonte, e ogni fase del suo sviluppo è curata con la massima attenzione per garantire un risultato eccellente. Il disciplinare di produzione del Barolo DOCG stabilisce rigorosi standard di qualità, tra cui un periodo minimo di invecchiamento di 38 mesi, di cui almeno 18 in legno. Questo processo conferisce al Barolo la sua complessità e profondità, facendolo diventare un vero e proprio viaggio per le papille gustative.
Ma il Barolo non è solo un piacere per il palato: è anche un investimento nel tempo. Questo vino è destinato a migliorare con gli anni, sviluppando caratteristiche uniche e complesse che lo rendono ancora più prezioso. Ecco perché molti intenditori scelgono di conservare il loro Barolo con estrema cura, in modo da poter godere appieno del suo potenziale nel corso degli anni.
Quindi, se sei un appassionato di vino e sei alla ricerca di un’esperienza enogastronomica indimenticabile, il Barolo è sicuramente una scelta eccellente. Tuttavia, preparati a sborsare una somma considerevole per assicurarti una bottiglia delle annate migliori. Ma ricorda: ogni sorso di Barolo è un viaggio nel cuore della tradizione vinicola italiana, un’esperienza che non ha prezzo.
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Cocktail & Wine
La rinascita dell’assenzio: la “fata verde” torna a incantare l’Europa
Dopo un secolo di divieti e leggende nere, il liquore amato da Manet e Wilde torna di moda nei locali di tutto il mondo. Ecco perché l’assenzio è tornato a far parlare di sé (e come gustarlo al meglio).

C’è una nuova vecchia ossessione nei bar europei: si chiama assenzio e promette di riportare in auge miti e rituali dimenticati. Un anno fa sembrava solo un trend di nicchia, ma oggi la “fata verde” – come la chiamavano i poeti maledetti e i pittori impressionisti – è tornata a infestare banconi e scaffali di mezza Europa. Il motivo? Un mix letale di fascino storico, storytelling irresistibile e un mercato globale che, secondo gli analisti, raggiungerà i 44,3 miliardi di dollari entro il 2026.
Perché l’assenzio conquista di nuovo?
Dopo quasi un secolo di demonizzazione, oggi l’assenzio ha un volto glamour e misterioso, che lo rende irresistibile per bartender e clienti. È un distillato potentissimo – spesso sopra i 70 gradi – a base di assenzio maggiore, anice verde e finocchio. Ma più che l’effetto dell’alcol, è il mito che fa scuola: bere assenzio significa evocare l’atmosfera bohémienne della Parigi ottocentesca, immaginarsi tra le ombre dei caffè frequentati da artisti come Manet, Degas o Toulouse-Lautrec. Oppure camminare fianco a fianco con Oscar Wilde o Baudelaire nei viali notturni.
Il mito della “fata verde”
L’assenzio nasce come medicamento già nell’antico Egitto, ma è tra il XVIII e XIX secolo che diventa leggenda, grazie al medico francese Pierre Ordinaire e successivamente a Pernod Fils, che lo commercializza in tutta Europa. È qui che nasce la “fata verde”, la creatura immaginaria che – si diceva – apparisse a chi beveva troppo assenzio. Non era solo una questione di alcol, ma anche di tuione, un composto presente nell’artemisia, accusato (ingiustamente) di provocare allucinazioni e follia.
A inizio ‘900 l’assenzio fu bandito in mezza Europa, complice il famigerato “caso Lanfray” in Svizzera: un contadino alcolizzato uccise la famiglia dopo aver bevuto – tra le altre cose – due bicchieri di assenzio. Morale: la “fata verde” venne accusata di omicidio e bandita dalle leggi di mezzo mondo. Francia, Belgio, USA e altri Paesi seguirono l’onda proibizionista, condannando l’assenzio all’oblio.
Ma non è finita qui.
Il ritorno della “fata verde”
A cavallo tra anni ‘80 e ‘90, la normativa europea sull’alimentazione rese di nuovo legale l’assenzio, purché con basse quantità di tuione. E da quel momento l’interesse è tornato a crescere, trainato da bartender affascinati dalle sue storie noir e dalla crescente voglia di esperienze vintage nei locali. Non più solo un drink, ma un rito: dalle bottiglie artigianali agli accessori storici come il classico cucchiaio da assenzio e le zolle di zucchero flambé.
Come si beve davvero l’assenzio?
Dimenticate gli shot alla goliardica: l’assenzio va degustato con un rituale che richiama i café parigini. Versato nel bicchiere, viene filtrato lentamente con acqua ghiacciata che scioglie lo zucchero posto sopra al classico cucchiaio forato. Il risultato è una miscela lattiginosa e aromatica che attenua l’impatto dell’alcol e sprigiona tutte le sue note di erbe e anice.
Per chi ama i cocktail, l’assenzio è il protagonista del Sazerac, un twist dell’Old Fashioned nato a New Orleans, dove la “fata verde” profuma il bicchiere prima dell’arrivo del whiskey.
Una moda pronta a esplodere?
I numeri parlano chiaro: l’assenzio è in forte ascesa nei trend del beverage, soprattutto tra i giovani che cercano storie e tradizioni da raccontare mentre sorseggiano qualcosa di diverso. Dai bar speakeasy di Berlino alle terrazze di Parigi, la rinascita della “fata verde” è ormai un dato di fatto.
E anche se non regala davvero visioni o follie, l’assenzio continua a far sognare chi ama immergersi nell’atmosfera decadente della Belle Époque.
Cocktail & Wine
La nuova moda dei locali dove si beve solo analcolico
Atipico: il bar di Settimo Torinese che rivoluziona il concetto di aperitivo Nientealcol, solo cocktail alternativi. Ecco come Davide Piastra ha trasformato la sua attività in un successo senza alcol.

«Vorremmo due Negroni», «Qui non li facciamo, non serviamo alcol ma abbiamo dei cocktail alternativi». Questo è l’incipit di una storia unica: quella di Atipico, il bar inaugurato da Davide Piastra a Settimo Torinese, dove l’alcol è bandito. In un’epoca dove i temperance bar stanno prendendo piede all’estero, Piastra ha deciso di portare questo concetto in Italia, rivoluzionando l’approccio al bere. Ma dietro questa scelta non c’è solo innovazione, c’è anche una profonda fede e una storia di imprenditorialità.
La scelta di eliminare l’alcol
Davide Piastra, insieme ai suoi collaboratori, ha deciso di abbandonare i superalcolici a favore di cocktail rivisitati con vini, prosecchi e liquori dealcolati. «Non posso fare del male a me e agli altri. Dare dell’alcol significa danneggiare l’altro e chi gli sta intorno», spiega Piastra, che nel 2019 si è convertito all’Islam. Da qui è iniziato il suo percorso verso un locale completamente alcohol-free, una rarità in Italia.
Un progetto di innovazione
Il percorso di Davide nel mondo della ristorazione inizia oltre vent’anni fa. Dopo anni di lavoro con cocktail ad alta gradazione, ha deciso di fare un cambio radicale. «Quando oggi propongo questo prodotto so cosa bevevi prima e cosa ti sto dando adesso», dice con sicurezza. I cocktail di Atipico, fatti con prodotti dealcolati, offrono un’esplosione di sapori che l’alcol solitamente copre. La ricerca continua di ingredienti e lo studio per migliorare le bevande sono alla base del successo del bar.
L’importanza della fede
Per Davide, la scelta di non servire alcol è anche una questione di fede. Dopo la sua conversione all’Islam, ha sentito il bisogno di allineare il suo lavoro ai suoi principi. «Non c’è un obbligo religioso in tal senso, ma se si ha la possibilità economica di farlo, i musulmani che vendono alcol dovrebbero togliersi da questo sistema», spiega.
Un target nuovo e fedele
Atipico ha già conquistato una clientela fissa, composta principalmente da donne dai 35 anni in su, donne incinte e persone della terza età. «Il nostro target sono le signore dai 35 anni in su, donne incinte e amiche che fanno parte di quella cerchia», racconta Piastra. Il locale offre un luogo dove si può fare aperitivo senza il rischio di eccessi alcolici.
Una nuova visione dell’aperitivo
La filosofia di Atipico è chiara: offrire qualcosa di diverso senza obbligare nessuno. «Noi, in ogni caso, non avvisiamo prima i clienti della nostra eccezionalità, siamo qui per proporre, non vogliamo costringere nessuno», conclude Davide. E così, tra cocktail senza alcol e un’atmosfera accogliente, Atipico sta lentamente rivoluzionando il concetto di aperitivo a Settimo Torinese.
Cocktail & Wine
Vuoi diventare sommelier? Aperte le iscrizioni al corso FISAR di Catanzaro
Dal 24 marzo 2025, presso il Riva Restaurant di Falerna Marina, parte il corso di primo livello FISAR per sommelier. Un’opportunità per appassionati e futuri esperti del settore, con lezioni su viticoltura, enologia, tecniche di servizio e degustazione. Al termine del percorso, un test finale permetterà di ottenere la certificazione riconosciuta a livello nazionale.

Se il vino è la tua passione e vuoi trasformarla in una competenza certificata, ecco l’occasione giusta: sono aperte le iscrizioni al corso di primo livello per sommelier organizzato dalla sede FISAR Catanzaro.
Le lezioni si terranno nella splendida cornice di Falerna Marina, presso il Riva Restaurant, e prenderanno il via il 24 marzo 2025. Il corso, a numero chiuso, è pensato per chi desidera avvicinarsi in modo serio e strutturato al mondo della sommellerie, acquisendo competenze teoriche e pratiche fondamentali per riconoscere, degustare e servire il vino con professionalità.

Il percorso prevede 14 moduli di formazione, studiati per offrire una panoramica completa: dalle tecniche di servizio alla viticoltura, dall’enologia alla legislazione di settore, fino a un focus su distillati e birre. Ogni lezione sarà tenuta da esperti del settore, pronti a guidare i partecipanti in un viaggio alla scoperta del vino e della sua cultura, con approfondimenti pratici e degustazioni guidate.
Al termine del corso, è previsto un test finale per ottenere la certificazione ufficiale FISAR, riconosciuta a livello nazionale. Ma il percorso non si esaurisce qui: il primo livello è solo l’inizio di una formazione più ampia, che permetterà ai partecipanti di accedere ai livelli successivi e perfezionare le proprie competenze, fino a ottenere il titolo di sommelier certificato.

Che tu voglia farne una carriera o semplicemente accrescere la tua conoscenza del vino, questa è l’occasione perfetta per approfondire la tua passione. Per iscriversi o ricevere maggiori informazioni, basta contattare il Riva Restaurant & Lounge Bar, dove un referente sarà a disposizione per rispondere a ogni domanda e guidarti nel processo di iscrizione.

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