Cucina
Altro che sushi, a Londra la nuova moda è quella dell’all you can eat di lasagne al forno!
La lasagna è protagonista di un nuovo locale londinese: il “Kevin Lasagna Bar” del ristorante “Senza Fondo”. Offre porzioni illimitate di lasagne a chiunque voglia raccogliere la sfida. Tra cimeli calcistici e Negroni a prezzo speciale, la capitale inglese ha trovato la sua nuova attrazione gastronomica.
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Kevin Lasagna probabilmente non immaginava che un giorno il suo nome sarebbe finito sull’insegna di un bar a Londra, tra le luci di Shoreditch, uno dei quartieri più vibranti e alternativi della capitale britannica. Eppure, eccolo lì: “The Kevin Lasagna Bar”, con tanto di cimeli, foto del giocatore con la maglia dell’Udinese e della nazionale italiana, e un’idea geniale quanto surreale alle spalle.
Il nome del locale, però, non è frutto di un’improvvisata trovata di marketing. Dietro c’è Joe Worthington, veterano della ristorazione britannica e alla sua prima avventura solista. Nel panorama gastronomico londinese, sempre più ossessionato dalle micro-porzioni gourmet e dalla ricerca del cibo perfetto per i social, mancava qualcosa: un posto che offrisse cibo abbondante, autentico e con un’energia tutta italiana.
Senza Fondo: lasagne infinite per 20 sterline
Ed ecco l’idea: un ristorante che facesse delle lasagne a volontà il proprio cavallo di battaglia. Il nome? “Senza Fondo”, un omaggio alla promessa di piatti infiniti e alla filosofia della cucina italiana più godereccia.
Qui, con 20 sterline, ci si può sedere e mangiare lasagne fino allo sfinimento. Ma non aspettatevi un piatto raffazzonato: carne di manzo cotta per cinque ore fino a disfarsi, una besciamella cremosa, parmigiano a cascata e otto strati di pasta cotti nel forno a legna. Per chi non ama la carne, c’è anche la versione vegetariana con carciofi.
E per chi pensa di potersi spingere oltre, sappiate che il record attuale è di quattro porzioni, e considerando le dimensioni di una singola porzione, chiunque tenti di batterlo farebbe meglio a saltare le mozzarelle fritte e le “pizzettes” di antipasto.
Il Kevin Lasagna Bar: Negroni a prezzo speciale per gli eroi della lasagna
Ma la vera chicca è in fondo al locale, dove spunta il bancone del bar, con una targhetta inequivocabile:
“The Kevin Lasagna Bar. Est. 2025”
Sì, proprio lui, un angolo del ristorante dedicato all’attaccante mantovano, oggi in forza al Bari dopo le esperienze con Udinese, Verona, Fatih Karagümrük in Turchia e persino sette presenze con la Nazionale italiana.
Per rendere l’esperienza ancora più particolare, il locale ha pensato a un incentivo per i clienti più affamati: chi si lancia nella sfida delle lasagne infinite ha diritto a un Negroni a prezzo speciale, 5 sterline invece delle 9,50 di listino. Un’agevolazione che, assicurano i gestori, sarà permanente.
Resta solo un’ultima domanda: quando KL15 si presenterà al suo bancone per un drink e un piatto di lasagne infinite? Per ora, l’attaccante non ha ancora commentato la trovata, ma una cosa è certa: il suo nome, tra calcio e cucina, è ormai leggenda.
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Cucina
Valerio Braschi: Il “Mad Scientist” della cucina sbarca in Piazza Duomo
Il più giovane vincitore di MasterChef Italia, apre il suo ristorante The View in Piazza Duomo a Milano. Con piatti eccentrici e sperimentazioni culinarie ardite (compreso un cioccolatino all’aglio, olio e peperoncino), promette di sorprendere i palati più curiosi. Ma tra critiche sui prezzi e lodi per la sua creatività, Braschi ha le idee chiare: “Milano merita gratitudine”.
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Classe 1997, romagnolo doc, cresciuto tra le tagliatelle della nonna, Valerio Braschi si distingue per la sua creatività senza freni. E, come in ogni storia di successo, la sua passione per la cucina nasce in modo piuttosto rocambolesco.
Esperienze pericolose
“Avevo quattro anni, mi sono messo a leccare un frullatore a immersione dopo che mia madre aveva fatto la crema pasticcera. Involontariamente ho schiacciato il pulsante e… beh, diciamo che ho scoperto subito cosa significa il dolore!”, racconta ridendo. Ma non si è mai fermato: a sedici anni, dopo un intervento alla schiena, passava il tempo tra una dose di antidolorifici e le prime sperimentazioni culinarie. “Volevo preparare una zuppa thailandese complicatissima. Appena passava l’effetto dei farmaci, tornavo in cucina. Lì ho capito che la mia strada era questa”.
L’Avventura milanese con The View
Dopo la vittoria a MasterChef nel 2017 e varie esperienze, tra cui il ristorante Vibe a Milano e “1978” a Roma, Braschi realizza il sogno: un ristorante tutto suo in Piazza Duomo. “Qui ho trovato chi crede davvero in me”, dice con entusiasmo. La terrazza con vista sulla cattedrale è già un successo, ma Braschi vuole che il suo ristorante non sia solo un luogo “instagrammabile”. “Spero che la gente venga per i miei piatti, non solo per il panorama”. E, a giudicare dal menu, di motivi per provarli ce ne sono tanti.
Il cioccolatino che proprio non ti aspetti
Se c’è una cosa che distingue Braschi, è la voglia di sperimentare. E chi pensava che la piccola pasticceria fosse un territorio già esplorato, si sbagliava. “La piccola pasticceria classica mi ha stufato. Voglio fare qualcosa di unico”, spiega. Il risultato? Un cioccolatino all’aglio, olio e peperoncino e un altro ripieno di genovese. “Ci vuole un mese per mettere a punto un cioccolatino. So che sembro folle, ma amo questo lavoro”.
Prezzi e Polemiche: “Gli Ingredienti di qualità costano”
Milano non è una città facile per i ristoratori, e Braschi lo sa bene. Già al “Vibe” era stato criticato per la carta delle acque minerali, ma lui non si scompone. “Erano acque di pregio, non una trovata commerciale”. Ora rilancia con un’altra idea: “Farò una carta degli oli extravergine. E sto introducendo il carrello dei formaggi, che adoro”. Ma la questione prezzi resta un punto caldo. “La mia cucina è fatta di materia eccelsa. Se vuoi un pomodoro da 20 euro al chilo, devi metterlo in conto”.
Carne e scelte etiche
Tra i piatti iconici di Braschi c’è la cotoletta alla milanese, rivisitata con doppia panatura e un biscotto di fondo di vitello liofilizzato. “La cotoletta è intoccabile, volevo darle un tocco senza snaturarla”. Quanto alla carne, segue il principio del “less meat, better meat”. “Non smetterò mai di cucinarla, ma deve essere di qualità. Uso il maiale Grigione del Montefeltro, che costa 50 euro al chilo, ma ti fa sognare”.
“Non sputo nel piatto in cui ho mangiato”
A differenza di alcuni colleghi che criticano Milano per i costi elevati e le difficoltà del settore, Braschi la vede diversamente: “Milano merita gratitudine. Dà tantissime opportunità, soprattutto nel food”. E dopo Milano? “Sogno Londra. Ma prima voglio mettere radici qui. Alzo lo sguardo, vedo il Duomo, e mi sento un privilegiato”. Con questa determinazione e un pizzico di follia creativa, Braschi ha tutte le carte in regola per lasciare il segno sulla scena gastronomica italiana.
Cucina
“Italian Tomato” ma è cinese: un’inchiesta della Bbc smaschera lo scandalo del pomodoro
L’indagine accusa un’azienda italiana e coinvolge noti supermercati inglesi. Le reazioni sono di smentita, ma le prove della radiotelevisione britannica puntano il dito su gravi violazioni dei diritti umani.
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“Pomodoro italiano”, recitano le etichette. Ma il concentrato di pomodoro venduto in tubetti nei supermercati inglesi sarebbe in realtà cinese, proveniente da una regione tristemente nota per lo sfruttamento della minoranza musulmana degli uiguri. È questa l’accusa pesante mossa da un’inchiesta della Bbc, che ha gettato luce su una possibile frode alimentare e su violazioni dei diritti umani.
Secondo l’indagine, i pomodori sarebbero raccolti in condizioni disumane nella regione dello Xinjiang, dove le autorità cinesi obbligano gli uiguri ai lavori forzati. I racconti raccolti dalla Bbc parlano di turni massacranti e punizioni violente per chi non raggiunge le quote giornaliere, fissate a 650 chilogrammi di pomodori raccolti a persona.
Il viaggio del pomodoro cinese
I pomodori, raccolti nello Xinjiang, verrebbero trasportati via treno attraverso Kazakhstan, Azerbaigian e Turchia, per poi arrivare in Italia via mare, sbarcando al porto di Salerno. Una volta in Italia, il concentrato sarebbe lavorato e confezionato da aziende come il gruppo Petti, basato a Venturina Terme, in provincia di Livorno, prima di essere venduto con etichette che ne dichiarano la provenienza italiana.
L’inchiesta ha individuato 17 tipi di concentrato di pomodoro etichettati come “italiano” ma in realtà cinesi, venduti con il marchio proprio di grandi catene inglesi come Tesco, Waitrose e Asda. I supermercati coinvolti hanno negato le accuse, contestando la validità dei test condotti dalla Bbc per verificare l’origine dei pomodori.
Le accuse alla Petti e le prove della Bbc
La Petti, una delle aziende coinvolte, è finita al centro delle indagini per la presenza di casse con etichette recanti il nome di “Xinjiang Guannong Tomato Products Ltd”, una compagnia cinese sanzionata dagli Stati Uniti nel 2020 per il ricorso ai lavori forzati. Le etichette, filmate con telecamere nascoste, riportavano la data del 23 agosto 2023, suggerendo che l’azienda italiana stesse ancora acquistando pomodori dalla compagnia nonostante le sanzioni.
In risposta, un portavoce della Petti ha dichiarato che l’azienda non importa più pomodori da Xinjiang Guannong e che il prodotto filmato sarebbe un residuo di vecchie scorte. Tuttavia, la Bbc sostiene che i dati di spedizione e l’analisi delle telefonate dimostrano che la Petti continua a importare dalla Cina, utilizzando un’altra azienda, Bazhou Red Fruit, che potrebbe essere una società di comodo.
Le condizioni di lavoro nello Xinjiang
L’inchiesta della Bbc ha raccolto testimonianze scioccanti da parte di ex detenuti uiguri, i quali hanno raccontato di essere stati incatenati e picchiati selvaggiamente per non aver raggiunto le quote giornaliere. La regione dello Xinjiang è nota per essere teatro di gravi violazioni dei diritti umani, con circa un milione di uiguri detenuti nei cosiddetti “campi di rieducazione” secondo le denunce di Onu, Stati Uniti ed Europa.
Le reazioni e il futuro
Il governo cinese nega tutte le accuse di sfruttamento dei lavoratori, definendo i campi come “centri di formazione professionale”. Da parte sua, la Petti ha dichiarato che in futuro non importerà più pomodori dalla Cina e migliorerà il monitoraggio dei fornitori per garantire il rispetto dei diritti umani.
La vicenda ha già acceso un acceso dibattito in Europa e Regno Unito sull’importanza di leggi più severe per contrastare lo sfruttamento lavorativo e le frodi alimentari. In attesa di ulteriori sviluppi, lo scandalo del “pomodoro cinese” lascia un’ombra inquietante su un simbolo della cucina italiana e sull’etica delle produzioni alimentari globalizzate.
4o
Cucina
Franco Lucia, il papà di Fedez debutta con il suo primo libro di ricette: “Tutto in una pentola”
Lo avevamo conosciuto nei video di famiglia mentre cucinava per Fedez, Chiara Ferragni e i nipoti, poi è diventato un fenomeno social con le sue ricette casalinghe. Ora, grazie alla Doom Entertainment, Franco Lucia esordisce in libreria con “Tutto in una pentola”: un libro di cucina pratico, veloce e all’insegna della tradizione italiana.
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Fino a qualche anno fa, Franco Lucia era semplicemente il papà di Fedez, un nonno premuroso che preparava il pranzo ai nipoti nei momenti di famiglia. Lo avevamo visto nei video social dei Ferragnez, quando la famiglia era ancora la più felice d’Italia, intento a spadellare con passione per Chiara, Federico, Leone e Vittoria. Poi qualcosa è cambiato. Complice la Doom Entertainment – agenzia gestita dallo stesso Fedez e dalla madre Annamaria Berrinzaghi – Franco Lucia è diventato un vero e proprio content creator di cucina. Con grembiule di jeans personalizzato e un profilo Instagram in crescita vertiginosa, ha iniziato a condividere le sue video-ricette, conquistando in poco tempo un seguito di quasi 190 mila follower.
E oggi il fenomeno Franco Lucia arriva in libreria: è appena uscito “Tutto in una pentola”, il suo primo libro di cucina, un ricettario che promette piatti gustosi con il minimo sforzo e il massimo sapore.
Nel libro, come spiega il sottotitolo, l’idea è chiara: cucinare con una sola pentola e sporcare il meno possibile. Un concetto che intercetta perfettamente le esigenze di chi ha poco tempo ma non vuole rinunciare a un pasto sfizioso e genuino. Le oltre 80 ricette raccolte da Franco Lucia sono il risultato di anni di passione e pratica, affinata in particolare nel periodo del lockdown, quando cucinare in casa è diventato un’esigenza per tutti. E così, tra una pasta e un secondo di carne, il papà di Fedez ha perfezionato la sua tecnica, fino a trasformare quella passione in un nuovo capitolo della sua vita.
Nel libro non mancano alcune delle sue ricette più amate dai follower, tratte dalla sua rubrica social “Guarda che rubett!”. Tra queste ci sono la Gricia con i carciofi, un primo piatto che combina croccantezza e cremosità per stupire gli ospiti; i pomodori ripieni, perfetti per un pranzo leggero, una cena estiva o un antipasto sfizioso; il peperone crusco con uova in tegamino, un omaggio ai sapori genuini e alla tradizione.
Piatti veloci, pratici e alla portata di tutti, perfetti per chi cerca un’alternativa semplice alla solita pasta al sugo, ma senza complicarsi la vita con preparazioni troppo elaborate.
Ma chi era Franco Lucia prima di diventare il “cuoco di casa” dei social? La risposta è sorprendentemente lontana dal mondo della cucina: per anni ha lavorato come magazziniere, una vita fatta di sveglie all’alba e routine serrate. Poi la pensione, il tempo libero e la voglia di dedicarsi a ciò che amava di più: cucinare. E così, giorno dopo giorno, il suo talento ai fornelli si è trasformato in una vera attività digitale, con tanto di collaborazioni e ora un libro di ricette pronto a entrare nelle case degli italiani.
Non è il primo caso di non-professionista della cucina che diventa una star grazie ai social: prima di lui, anche Benedetta Rossi e Benedetta Parodi hanno dimostrato che la cucina semplice, genuina e familiare può conquistare un pubblico enorme.
Franco Lucia lo racconta senza troppi giri di parole nel suo libro: (“Con prodotti freschi e di qualità, anche un piatto rustico può diventare un capolavoro”). E con questa filosofia, è riuscito a trasformare la sua passione in un nuovo, sorprendente lavoro.
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