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Cucina

Risotto ai mirtilli: la ricetta insolita che unisce sapore, gusto e salute

Il risotto ai mirtilli non solo sorprende per il suo colore vibrante e accattivante, ma si rivela anche un piatto sano e ricco di gusto. È un primo piatto perfetto per una cena elegante o per stupire gli ospiti con un’idea originale. Grazie alle sue varianti, puoi personalizzare la ricetta in base ai tuoi gusti e alle occasioni!

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    Il risotto ai mirtilli è una ricetta originale e raffinata che unisce sapori dolci e salati, creando un perfetto equilibrio tra i profumi del bosco e il classico gusto del risotto. Non solo è una delizia per il palato, ma offre anche interessanti proprietà nutrizionali, grazie ai benefici dei mirtilli.

    Proprietà nutrizionali del risotto ai mirtilli

    I mirtilli sono un frutto ricco di antiossidanti, in particolare flavonoidi come le antocianine, che aiutano a contrastare i radicali liberi, proteggendo le cellule dall’invecchiamento e riducendo il rischio di malattie croniche. Sono anche noti per migliorare la salute cardiovascolare e favorire la circolazione sanguigna. Inoltre, i mirtilli contengono vitamina C, utile per il sistema immunitario, e fibre, che contribuiscono al benessere intestinale.

    Il risotto, realizzato con riso, fornisce carboidrati complessi, che rappresentano una fonte di energia duratura. Il riso, a seconda del tipo utilizzato, può contenere diverse quantità di amido, che conferisce al risotto la sua tipica cremosità.

    Ricetta del risotto ai mirtilli

    Ecco una ricetta di base per il risotto ai mirtilli, perfetta per 4 persone:

    Ingredienti:

    • 320 g di riso Carnaroli o Arborio
    • 200 g di mirtilli freschi o surgelati
    • 1 cipolla piccola tritata finemente
    • 1 bicchiere di vino bianco secco
    • 1 l di brodo vegetale
    • 50 g di burro
    • 50 g di parmigiano reggiano grattugiato
    • Olio extravergine d’oliva
    • Sale e pepe q.b.
    • Timo o rosmarino (facoltativo per un tocco aromatico)

    Procedimento:

    1. Inizia preparando il brodo vegetale e mantenilo caldo.
    2. In una casseruola, scalda un filo d’olio extravergine d’oliva e fai soffriggere la cipolla fino a che non diventa trasparente.
    3. Aggiungi il riso e tostalo per un paio di minuti, mescolando per non farlo attaccare.
    4. Sfuma con il vino bianco e lascia evaporare l’alcol.
    5. Inizia ad aggiungere il brodo, un mestolo alla volta, mescolando continuamente e attendendo che venga assorbito prima di aggiungerne altro.
    6. A metà cottura, aggiungi i mirtilli (lasciandone qualcuno da parte per la decorazione), schiacciandoli leggermente per far uscire il succo, che colorerà il riso di un bel viola intenso.
    7. Continua la cottura per circa 15-18 minuti, aggiungendo brodo man mano che il risotto si asciuga.
    8. A fine cottura, spegni il fuoco e manteca il risotto con burro e parmigiano. Aggiusta di sale e pepe.
    9. Lascia riposare un paio di minuti, quindi servi decorando con i mirtilli freschi e qualche fogliolina di timo o rosmarino.

    Varianti e suggerimenti:

    • Risotto ai mirtilli e gorgonzola: Per un tocco più deciso, puoi aggiungere del gorgonzola dolce alla mantecatura. Il sapore pungente del formaggio si sposa perfettamente con la dolcezza dei mirtilli.
    • Risotto ai mirtilli e speck: Se desideri un contrasto ancora più marcato tra dolce e salato, aggiungi qualche pezzetto di speck croccante sopra il risotto appena prima di servire. Darà anche una piacevole nota croccante al piatto.
    • Risotto ai mirtilli e prosecco: Al posto del vino bianco, puoi utilizzare del prosecco per sfumare il riso, donando un sapore più frizzante e aromatico.
    • Versione vegana: Puoi omettere burro e parmigiano e mantecare il risotto con olio extravergine d’oliva per una versione più leggera e vegana.
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      Cucina

      In cucina con aprile: cosa mettere nel carrello questo mese

      Tra asparagi, agretti, piselli e fragole, la cucina di aprile è un’esplosione di colori e sapori di stagione. Ecco cosa scegliere per mangiare bene, fresco e con un occhio alla sostenibilità.

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        Aprile è il mese del risveglio: della natura, dell’appetito, della voglia di leggerezza. Le giornate si allungano, i cappotti spariscono e anche in cucina si cambia registro. La tavola si riempie di prodotti freschi, verdi, teneri. Frutta e verdura finalmente iniziano a sapere di qualcosa, e il carrello della spesa diventa più colorato e più buono.

        Tra i protagonisti assoluti di questo mese ci sono loro, gli asparagi. Bianchi, verdi, sottili o cicciottelli: sono ottimi semplicemente lessati con un filo d’olio e limone, ma anche in frittate, risotti, torte salate e pasta. Non da meno sono gli agretti, chiamati anche barba di frate, che a vederli sembrano complicati, ma bastano pochi minuti di cottura e un condimento semplice per trasformarli in un contorno perfetto.

        Tornano anche i piselli freschi, teneri e dolci, da sgranare con calma (magari in compagnia) e usare in mille ricette: dalla classica pasta e piselli ai contorni con cipollotto fresco, fino ai ripieni per torte rustiche e polpette vegetali. E poi c’è la bieta, regina delle torte salate e delle minestre primaverili. Senza dimenticare le erbette spontanee, dai bruscandoli (i germogli del luppolo) alle ortiche, perfette per risotti e frittate dal sapore antico.

        Per quanto riguarda la frutta, aprile è il mese in cui iniziano a comparire le prime fragole locali, profumate e zuccherine, che possono essere consumate al naturale, in macedonia o come base per dolci leggeri. Occhio anche al ritorno dei limoni italiani più profumati, ideali per aromatizzare dolci, condimenti e piatti a base di pesce.

        Aprile porta con sé anche una spinta verso cotture più leggere e veloci: meno stufati, più padelle, più vapore, più insalate. Le uova, regine delle tavole pasquali, restano protagoniste anche dopo le feste, ideali per torte salate, secondi veloci o piatti unici. E le erbe aromatiche, che iniziano a tornare rigogliose, si moltiplicano in vaso o sui banchi del mercato: basilico, prezzemolo, menta, maggiorana, erba cipollina.

        In sintesi, la cucina di aprile è un invito alla semplicità, al rispetto della stagionalità e alla scoperta di ingredienti spesso dimenticati. Una cucina che profuma di rinascita, che accarezza il palato senza appesantire. E che ci ricorda, ogni anno, quanto sia bello tornare alla terra.

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          Cucina

          Perché tutti stanno mettendo la ricotta nel caffè (e perché dovresti farlo anche tu)

          Dalla colazione fit al dessert improvvisato, la ricotta nel caffè è il nuovo twist che conquista chef, food blogger e appassionati. Cremosa, leggera e sorprendente, è l’alternativa sana alla panna: ecco come usarla

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            Sembra uno scherzo, e invece è realtà: la ricotta nel caffè è la nuova ossessione food che spopola tra TikTok e le cucine più cool d’Italia. Una moda? Forse. Ma anche una riscoperta di sapori antichi, rivisitati in chiave moderna, salutista e – diciamolo – geniale.

            Certo, per i puristi della moka potrebbe sembrare un’eresia. Ma prima di storcere il naso, vale la pena fare un assaggio. Perché l’abbinamento tra la dolcezza neutra della ricotta e l’intensità amara del caffè funziona. Eccome se funziona.

            La genesi del trend

            Tutto nasce da un video virale postato da una food blogger siciliana, che racconta come sua nonna, già negli anni ’60, aggiungesse una cucchiaiata di ricotta fresca nel caffè caldo. “Lo faceva per non sprecare nulla – spiega – e per concedersi un piccolo lusso cremoso prima di andare nei campi”. Da lì, la miccia è partita: chef stellati, influencer e baristi creativi hanno iniziato a reinterpretare la ricetta. Il risultato? Una colazione leggera ma soddisfacente, perfetta anche per chi segue diete ipocaloriche o ricche di proteine.

            Come si prepara

            Il bello è che è semplicissima: basta versare un espresso bollente (meglio se della moka) in una tazza e aggiungere un cucchiaio abbondante di ricotta vaccina fresca. Il calore scioglie lentamente la ricotta, creando una crema densa e vellutata. A piacere, si può dolcificare con miele, sciroppo d’agave o zucchero integrale. I più arditi aggiungono un pizzico di cannella, un cucchiaino di cacao amaro o perfino un goccio di liquore.

            Il trucco? Usare ricotta di altissima qualità, fresca, ben scolata e non troppo acida. Niente ricotta confezionata da supermercato, insomma: se è granulosa o acquosa, l’effetto crema svanisce.

            Dolce, ma anche salata

            La ricotta nel caffè funziona anche in versione dessert espresso: basta lasciarla raffreddare, magari in frigorifero, e servirla con una spolverata di cioccolato fondente grattugiato. Oppure si può montare con un filo d’olio evo e usarla come crema da affiancare a biscotti secchi o crostate rustiche. In alcune varianti gourmet, il caffè viene servito in bicchiere con ricotta salata grattugiata sopra, per un effetto alla “cacio e pepe da bar”.

            È davvero una scelta sana?

            Sorprendentemente, sì. La ricotta è più leggera della panna, più digeribile del latte intero, contiene proteine di alta qualità e meno grassi saturi. Inoltre, ha un sapore neutro che si sposa bene con i toni amari e tostati del caffè. Perfetta per chi vuole una colazione proteica, senza rinunciare al gusto.

            Il futuro è soft (e cremoso)

            Se il cappuccino con l’avena e il flat white al latte di mandorla hanno ormai invaso le caffetterie, la ricotta nel caffè potrebbe essere la prossima rivoluzione soft. Un modo per tornare a ingredienti semplici, locali, autentici. Con un twist sorprendente.

            E poi, diciamocelo: se c’è qualcosa che noi italiani sappiamo fare meglio di tutti, è trasformare un’idea semplice in un piccolo capolavoro di gusto. Anche davanti a una tazzina fumante.

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              Cucina

              Il ritorno della cucina povera: sapori antichi per palati moderni

              Dalle zuppe di legumi al pane raffermo riciclato, passando per la polenta e le erbe spontanee: la cucina povera non è mai stata così ricca. Un viaggio nel gusto e nella memoria, tra sostenibilità e identità culturale

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                In un’epoca dominata dalla cucina molecolare, dalle cotture a bassa temperatura e dai food influencer, c’è chi torna indietro. Indietro nel tempo, nei sapori e nei valori. È il ritorno della cucina povera, quella fatta con poco ma che sa di molto: un pugno di farina, una manciata di fagioli, una crosta di formaggio diventano protagonisti di piatti sorprendenti, pieni di gusto e di storia.

                Dalla Toscana al Piemonte, dalla Sicilia alla Basilicata, ogni regione italiana custodisce un patrimonio gastronomico fatto di piatti “umili”, nati per necessità e oggi riscoperti per scelta. Il pane raffermo non si butta, si trasforma: in pappa al pomodoro, in pancotto, in canederli o nel bagnèt verd. I legumi, una volta carne dei poveri, tornano sulle tavole in zuppe, passati e insalate rustiche. La polenta, simbolo di resilienza culinaria, esce dal dimenticatoio per diventare comfort food d’autore.

                Le erbe spontanee – cicoria, borragine, tarassaco – vengono raccolte dai nonni ma ora anche dagli chef stellati. E che dire del recupero di tagli “minori” di carne, come le frattaglie? Trippa, fegatini, cuore: cibi che raccontano una cultura antica e che oggi ritrovano dignità gastronomica.

                Ma non è solo questione di nostalgia. È anche sostenibilità. La cucina povera insegna a non sprecare, a valorizzare ogni ingrediente, a rispettare i cicli stagionali. In un mondo che si interroga sempre più sull’impatto ambientale del cibo, tornare a queste pratiche ha un senso profondo.

                In più, c’è un valore identitario. Riscoprire le ricette della nonna, tramandare i sapori di un territorio, riconnettersi con le proprie radici attraverso il gusto: è un atto culturale oltre che culinario. Ecco perché oggi le osterie che servono fagioli all’uccelletto, pasta e ceci o cicerchie con finocchietto sono piene di giovani, di food blogger, di turisti curiosi.

                C’è chi parla di “neocucina povera”, rivisitata e nobilitata. Ma la verità è che non serve toccarla troppo: la forza di questi piatti sta proprio nella loro semplicità. Un cucchiaio di ribollita può raccontare più di mille parole. E ricordarci che, a volte, meno è davvero più.

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