Connect with us

Lifestyle

Il guardaroba per l’autunno, è l’ora di prepararlo

L’arrivo dell’autunno, è il momento ideale per riorganizzare il guardaroba e prepararsi alla stagione con praticità e stile. Ecco alcuni consigli per aggiornare il tuo guardaroba autunnale in modo facile.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Con l’autunno alle porte, è il momento perfetto per riorganizzare il guardaroba e affrontare la stagione con stile e comodità. Le temperature iniziano a calare, le giornate si accorciano e le necessità in termini di abbigliamento si trasformano. Ecco alcuni suggerimenti per aggiornare il guardaroba autunnale in modo semplice e senza stress.

    Fare una revisione completa del guardaroba

    Il primo passo per prepararsi all’autunno è fare una revisione accurata del guardaroba esistente. Rimuovi gli abiti estivi e valuta quali articoli possono essere ancora utili per le temperature più fresche. Questo ti aiuterà a capire di quali capi hai realmente bisogno e quali, invece, puoi riutilizzare. Ad esempio, t-shirt e camicie leggere possono essere indossate sotto giacche o cardigan.

    Creare una lista dei capi essenziali

    Una volta terminata la revisione, è utile creare una lista dei capi essenziali che mancano. L’autunno richiede articoli specifici come maglioni, giacche leggere, scarpe chiuse e accessori come sciarpe o berretti. Questa lista ti aiuterà a fare acquisti mirati, evitando sprechi e acquisti impulsivi. Concentrati su capi versatili che possono essere abbinati in diverse combinazioni.

    Optare per strati sovrapponibili

    L’autunno è una stagione caratterizzata da sbalzi di temperatura, quindi è importante optare per capi sovrapponibili. Maglie leggere, cardigan e giacche possono essere indossati uno sopra l’altro per adattarsi facilmente agli sbalzi di temperatura. I vestiti a strati non solo ti tengono al caldo, ma permettono anche di giocare con diversi look, adattandoti a contesti sia casual che più formali.

    Investire in capi di qualità

    Quando prepari il guardaroba per l’autunno, è importante considerare la qualità dei capi. Gli articoli autunnali, come cappotti e maglioni, sono spesso utilizzati per più mesi e richiedono una certa resistenza. Investire in capi di buona qualità, realizzati con materiali durevoli come lana o cotone pesante, ti garantirà non solo maggiore comfort, ma anche una durata più lunga nel tempo.

    Scegliere i colori giusti

    L’autunno è la stagione perfetta per sperimentare con colori caldi e naturali. Le tonalità neutre come beige, marrone, verde oliva e grigio sono ideali per creare look autunnali eleganti e senza tempo. Tuttavia, non dimenticare di aggiungere qualche tocco di colore più vivace come il bordeaux o l’arancione, che richiamano i toni della natura in questa stagione.

    Accessori per affrontare il freddo

    Gli accessori sono fondamentali in autunno, poiché ti permettono di aggiungere calore e stile senza dover indossare troppi strati. Sciarpe, guanti, cappelli e stivali impermeabili sono essenziali per affrontare le giornate più fresche e piovose. Assicurati di avere una selezione di accessori pratici e alla moda per completare i tuoi outfit e proteggerti dalle intemperie.

    Organizzare il guardaroba

    Una volta selezionati i capi autunnali, è importante organizzare il guardaroba in modo funzionale. Posiziona gli articoli più pesanti e necessari, come giacche e maglioni, in aree facilmente accessibili. Suddividi per categoria (maglie, pantaloni, accessori) e per colore, in modo da avere sempre una visione chiara di ciò che hai e poter creare outfit in modo rapido e senza confusione.

    Fare acquisti intelligenti

    Se ti accorgi che mancano alcuni capi per il tuo guardaroba autunnale, cerca di fare acquisti intelligenti. Approfitta dei saldi di fine stagione, delle promozioni e delle vendite online per risparmiare su articoli di qualità. Inoltre, prova a valutare i mercatini dell’usato o i negozi vintage: potresti trovare pezzi unici e originali a prezzi accessibili.

    Preparare il guardaroba per l’autunno non deve essere un compito difficile. Con un po’ di organizzazione e un occhio attento alle esigenze della stagione, puoi creare una selezione di abiti e accessori che ti permetteranno di affrontare i mesi più freschi con stile e comfort. Puntando su capi di qualità, scegliendo colori adatti e pensando alla praticità degli strati sovrapponibili, sarai pronto per vivere al meglio l’autunno.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Luxury

      Sei egoista e col portafoglio a fisarmonica? Ti meriti questa Lamborghini!

      La cifra fa girare la testa: 117 milioni di dollari, spesi – pare – da un misterioso collezionista per un modello unico di Lamborghini, dal nome singolare ed esplicativo.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        Il nome è tutto un programma: Egoista. Pare si stata acquistata da un collezionista segreto all’iperbolica cifra di 117 milioni di dollari, la Lamborghini Egoista è l’autovettura più rara e costosa mai realizzata nella storia. Realizzata utilizzando materiali antiradar trovati nei caccia stealth, la sua cabina di pilotaggio è ispirata all’elicottero Apache e può ospitare soltanto un passeggero. Il suo nome può essere interpretato in vari modi: con lo stile di una concept car monoposto, il nome è stato creato per suggerire che solo una persona può apprezzarla.

        Simbolo di eccellenza e di esclusività

        Molto più di una semplice automobile, rappresenta piuttosto un’opera d’arte su ruote, creata per celebrare il 50° anniversario della casa automobilistica nel 2013. Un regalo esclusivo, un tributo all’edonismo e alla passione per le supercar da parte di quei pochi che se le possono permettere, simbolo di ciò che il brand rappresenta: l’eccellenza e la ricerca del piacere estremo.

        Ricorda un jet

        Progettata da Walter de Silva, la Egoista si distingue per il suo design audace e futuristico. La configurazione monoposto richiede al pilota di rimuovere il volante per entrare e uscire dall’abitacolo, proprio come in una monoposto di F1. L’interno ricorda l’atmosfera di un jet da combattimento, con un head-up display e una serie di pulsanti che richiamano i comandi di volo. Sotto il cofano, il motore V10 da 5,2 litri eroga 600 cavalli, promettendo prestazioni davvero mozzafiato, con un tocco di follia progettuale che la rende unica nel suo genere. Ogni singolo dettaglio, anche il più piccolo, è stato immaginato per riflettere l’idea di edonismo estremo: dalla carrozzeria in materiali antiradar alle linee che evocano un toro pronto alla carica.

        Non si conosce l’identità dell’acquirente

        La possibile vendita della Egoista rimane per ora avvolta nel mistero, come spesso accade con le auto più rare. Non sorprende quindi che queste vetture vengano vendute in segreto a collezionisti selezionati, lontano dai riflettori delle aste pubbliche. Il 2024 ha segnato il 50° anniversario dell’alcantara nel settore automobilistico, iniziato con la Lamborghini Bravo nel 1974. Simbolo di lusso e sostenibilità, continua a essere la scelta preferita per gli interni delle auto di alta gamma, grazie alla sua versatilità. Ospitata al Museo Lamborghini di Sant’Agata, un collezionista privato ha successivamente convinto la Lamborghini a vendere a lui il regalo di compleanno per se stessa. Così almeno sembra, visto che le notizie in merito sono piuttosto confuse.

        Oggetto di polemiche

        La Lamborghini Egoista potrebbe essere l’auto più costosa mai venduta, anche se questo non significa che sia necessariamente la più bella o potente. Lo stile audace e ispirato ai jet da combattimento dell’Egoista è stato oggetto di forti polemiche, con i critici preoccupati per il futuro del design Lamborghini se questo fosse stato il formato delle cose a venire. Visto che il conducente deve scrupolosamente seguire una procedura dettagliata (inclusa la rimozione del cofano e stare in piedi sul sedile singolo) solo per entrare nel suo abitacolo, possiamo immaginare che il collezionista privato di cui sopra probabilmente non la guida molto…

          Continua a leggere

          Cucina

          La rivoluzione del tavolo silenzioso: ecco dove mangiare in pace (finalmente)

          Per chi vuole cenare senza ascoltare le telefonate altrui, evitare l’intrattenimento a tutto volume o semplicemente godersi un momento di vera conversazione, nascono i tavoli silenziosi. E diventano un trend globale. Perché il vero lusso, oggi, è non dover sentire niente.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            Avete presente la scena: ristorante elegante, piatti curati, luci soffuse. E al tavolo accanto, un tizio che urla al telefono con la madre. O una comitiva che ride a volume da stadio, mentre sullo sfondo lo speaker annuncia “karaoke night”. La cena romantica si trasforma in sopravvivenza acustica. Ma qualcosa sta cambiando: si chiama “quiet table”, ed è il nuovo lusso della ristorazione contemporanea.

            Non si tratta di un’invenzione da monaci zen o di una moda radical chic. Il quiet table è una risposta concreta al rumore costante che inquina le nostre vite. Sempre più locali, dalle trattorie stellate alle caffetterie scandinave, stanno riservando uno o più tavoli in zone protette del locale: lontani dall’ingresso, distanti dalla cucina, schermati da piante o pannelli fonoassorbenti. Lì, niente musica ad alto volume, niente chiamate ammesse, niente bambini che scorazzano. Solo silenzio. O, meglio, quiete: quel sottofondo umano e morbido che fa da tappeto alla vera conversazione.

            In molti casi, bisogna prenotarlo esplicitamente. In altri, come in alcuni locali di Tokyo o Berlino, il quiet table è addirittura tematizzato: zero parole durante il pasto, sguardi e gesti consentiti, un foglio e una matita per comunicare, se proprio non se ne può fare a meno. E sorpresa: la gente ne esce felice. Meno stressata. Con la digestione migliore. E con l’idea che, forse, si può mangiare anche senza aggiornare il mondo su Instagram tra un boccone e l’altro.

            In Italia il trend è agli inizi, ma promette bene. A Milano, un paio di ristoranti gourmet hanno iniziato a proporlo come opzione nella prenotazione online. A Firenze, uno chef ha creato una “stanza del silenzio” con pochi coperti, musica ambientale quasi impercettibile e divieto assoluto di squilli, vibrazioni, selfie e notifiche. Un altro locale, a Roma, ha fatto ancora di più: propone il “Menu Quiete”, dove ogni portata è abbinata a una breve pausa di silenzio guidato tra un piatto e l’altro, per centrare i sensi e gustare meglio.

            C’è anche una componente psicologica forte. In un mondo in cui siamo perennemente sovrastimolati, in cui i momenti di silenzio sono visti con sospetto, ritagliarsi un angolo di quiete è diventato rivoluzionario. Alcuni clienti dicono che è come una piccola spa dell’anima. Altri lo vivono come una sfida: riuscirò a stare un’ora senza scrollare TikTok?

            Naturalmente, non è per tutti. Chi cerca la cena-spettacolo o la socialità rumorosa probabilmente continuerà a preferire i ristoranti “con atmosfera” (e decibel da concerto). Ma il quiet table ha intercettato un bisogno sommerso: quello di rallentare. Di ascoltare. Di lasciare che siano i sapori a parlare, e non l’influencer al tavolo accanto.

            La ristorazione, come ogni fenomeno culturale, rispecchia il nostro tempo. E se oggi il massimo del lusso è potersi permettere di non sentire niente, forse stiamo finalmente tornando a considerare il silenzio non come un vuoto da riempire, ma come uno spazio da custodire. Anche con forchetta e coltello in mano.

              Continua a leggere

              Cucina

              Il grande bluff del gourmet: piatti poveri che ora costano un patrimonio

              Farinata, trippa, cacio e pepe e pane e panelle: piatti della fame che oggi trionfano nei menù dei ristoranti gourmet. Ma dietro l’estetica minimal e le posate in argento, resta una domanda: è giusto pagare 18 euro per ciò che un tempo si mangiava con le mani sul marciapiede?

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                Una volta c’erano le osterie. Quelle vere. Dove il vino si versava nei bicchieri di vetro spesso, il pane era duro da far paura e la trippa costava meno di un pacco di gomme da masticare. Poi sono arrivati loro: gli chef stellati con la nostalgia selettiva, i bistrot urbani col design da show room, le cucine “di territorio” che hanno dimenticato il prezzo del territorio. E così ci siamo ritrovati a pagare 14 euro per un piatto di polenta, 12 per un assaggio di farinata “rivisitata” e 18 euro per tre listarelle di trippa “alla moda del quartiere”.

                La cucina povera, quella nata per necessità, è diventata la nuova miniera d’oro del gourmet contemporaneo. Il miracolo? Servire cibo da contadini con la retorica del comfort food e l’impiattamento da laboratorio di architettura.

                Prendiamo ad esempio il pane e panelle. In Sicilia si mangia in piedi, bruciandosi le mani e imprecando felici. Adesso invece te lo servono su pietra lavica, con coulis di finocchietto e arie al limone di Amalfi. Prezzo? “Dodici, ma pane fatto in casa.” Grazie tante, lo era anche nel 1870.

                E vogliamo parlare della pasta e patate? Un tempo piatto unico di chi non aveva altro che una cipolla e un mozzico di provola. Oggi la trovi con chips croccanti e profumi d’oriente, impiattata con le pinzette. Con buona pace delle nonne, che te la buttavano nel piatto con la mestolata larga.

                Poi c’è il trionfo dei piatti “poveri ma dignitosi”: la zuppa di ceci, la farinata, la minestra riscaldata. Presentati come esperienze sensoriali, “ritorni all’essenza”, “poesia del cucchiaio”. Il cucchiaio è in acciaio satinato. La poesia, spesso, è quella del conto.

                Il massimo si tocca con la cacio e pepe, già trasformata in simbolo di orgoglio culinario nazionale. Oggi fa pendant col vino naturale e si accompagna a spiegoni sul pecorino invecchiato “sotto grotta”. Ma sotto grotta una volta ci viveva chi la cacio e pepe la faceva davvero, col formaggio buono ma senza troppe cerimonie.

                Non si tratta di difendere la nostalgia a tutti i costi. È sacrosanto che la cucina si evolva, che certi sapori tornino a vivere. Ma c’è un limite tra omaggio e appropriazione, tra riscoperta e furto con destrezza ai danni del popolo affamato.

                Perché se un piatto nasce per i poveri, va benissimo celebrarlo. Ma non si può venderlo a peso d’oro. Anche perché, come diceva il cuoco della mensa operaia: “Se vuoi fare il ricco con la minestra, aggiungi l’acqua e non le bolle di tartufo”.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù