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Lifestyle

Secondo il portale gastronomico The Fork, è la Lombardia la regione d’eccellenza per i ristoranti italiani

Le province lombarde di Milano, Bergamo e Brescia spiccano nelle recenzioni online per il loro alto valore nella ristorazione. Anche l’autorevole sito The Fork conferma questa tendenza, piazzando ben 17 locali, tutto da provare.

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    Lo sentenzia la Top 100 del visitatissimo sito, piattaforma leader per la prenotazione online di ristoranti: la Lombardia è in testa alla classifica per i migliori locali dove pranzare, con ben 17 esercizi.

    L’attendibilità di The Fork

    Nella particolare classifica dei ristoranti che affollano il web e che vedono tanti portali attivi con nomi indirizzi e piatti più interessanti spicca proprio la classifica di The Fork. Grazie alla vasta scelta di ristoranti presenti, è possibile trovare facilmente il locale più adatto alle proprie esigenze. TheFork inoltre offre spesso sconti e promozioni esclusive per i propri utenti.

    Lombardia over the top

    Anche quest’anno troviamo 17 eccellenze lombarde che hanno saputo distinguersi per qualità, accoglienza e unicità. Tra i criteri utilizzati per stilare la classifica, basata su recensioni verificate, prenotazioni e punteggi attribuiti dagli utenti, troviamo il riconoscimento del valore che i ristoranti dell’hinterland di Bergamo, Brescia e Milano apportano alla scena gastronomica italiana.

    Ecco i ristoranti premiati nelle varie province


    Il Carroccio – Dalmine (BG) – 36° posto

    Da Vittorio – Brusaporto (BG) – 65° posto

    FORME RESTAURANT – Brescia (BS) – 91° posto

    Dina – Gussago (BS) – 28° posto

    Fenil Conter – Pozzolengo (BS) – 63° posto

    Panigacci Milano Bistrot – Milano (MI) – 7° posto

    Joia – Milano (MI) – 23° posto

    PIZZAUT – Cassina De’ Pecchi – Cassina De’ Pecchi (MI) – 25° posto

    20 D’Italia – Basiglio (MI) – 34° posto

    Antica Osteria il Ronchettino – Milano (MI)- 45° posto

    Govinda – Milano (MI) – 47° posto

    Barbacoa Churrascaria – Milano (MI) – 48° posto

    Taverna della Trisa – Carate Brianza (MI) – 73° posto

    Borgia – Milano – Milano (MI) – 81° posto

    Botinero – Milano (MI) – 85° posto

    Impronta di Colombara Andrea – Albairate (MI) – 90° posto

    Saporimaestri – Milano (MI) – 95° posto

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      Cucina

      Torta pasqualina, la ricetta della tradizione ligure per la tavola di Pasqua

      Nata a Genova secoli fa, la torta pasqualina è uno dei piatti più amati delle feste pasquali. Ecco la ricetta originale con tutti i segreti per prepararla a regola d’arte, rispettando la tradizione che prevede addirittura trentatré sfoglie sovrapposte.

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        A Pasqua non può mancare sulla tavola una fetta di torta pasqualina, capolavoro della cucina ligure che profuma di primavera e antiche tradizioni. Una torta salata apparentemente semplice, ma che racchiude nella sua preparazione gesti e simboli tramandati nei secoli.

        Nata a Genova già nel Cinquecento, la torta pasqualina era un vero e proprio rito: nella versione più tradizionale, prevedeva ben trentatré sfoglie sottilissime, tante quanti gli anni di Cristo. Oggi la ricetta si è un po’ semplificata, ma il cuore resta lo stesso: un guscio croccante che racchiude un ripieno di erbette, ricotta, formaggio grattugiato e uova intere, che cuocendo si rassodano creando le iconiche “sorprese” al taglio.

        Gli ingredienti per una torta pasqualina perfetta

        • 500 g di farina
        • 250 ml di acqua
        • 40 ml di olio extravergine di oliva
        • Sale q.b.
        • 800 g di bietole o spinaci
        • 400 g di ricotta fresca
        • 100 g di parmigiano grattugiato
        • 5-6 uova fresche
        • Noce moscata q.b.
        • Pepe nero q.b.

        Come si prepara

        1. L’impasto:
        In una ciotola, si impasta la farina con l’acqua, l’olio e il sale fino a ottenere un composto liscio ed elastico. Dopo averlo fatto riposare coperto per circa un’ora, si divide l’impasto in più palline, da stendere sottilissime: almeno quattro sfoglie, se si vuole rispettare la tradizione.

        2. Il ripieno:
        Si lessano le bietole, si strizzano bene e si tritano grossolanamente. Si uniscono alla ricotta, al parmigiano, a un pizzico di noce moscata e a un po’ di pepe, amalgamando tutto fino a ottenere un composto omogeneo.

        3. L’assemblaggio:
        Si unge una teglia rotonda e si stendono due sfoglie sovrapposte. Si distribuisce il ripieno lasciando dei piccoli incavi dove si versano le uova crude, intere. Si copre tutto con le altre due sfoglie, sigillando bene i bordi.

        4. La cottura:
        La torta si cuoce in forno già caldo a 180 °C per circa 50-60 minuti, fino a ottenere una superficie dorata e fragrante.

        Un simbolo di festa

        La torta pasqualina non è solo un piatto: è un pezzo di storia che si porta in tavola. Gli ingredienti raccontano la stagione — le erbette fresche della primavera — e la simbologia delle uova richiama la rinascita e la speranza, al centro della tradizione pasquale.

        Perfetta da gustare tiepida o fredda, la torta pasqualina è anche l’alleata ideale per le scampagnate di Pasquetta: facile da trasportare, sazia, conquista tutti e profuma di casa.

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          Curiosità

          Golosi di Ponticino in lutto: chiude la gelateria di Pupo

          Dopo dieci anni di attività, chiude i battenti la gelateria “Gelato al Cioccolato”, fondata dal celebre cantante Pupo nel suo paese natale, Ponticino. L’annuncio sui social ha lasciato un segno nei cuori dei clienti affezionati e degli abitanti del Valdarno.

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            È la fine di un’epoca a Ponticino, piccolo paese del comune di Pergine Valdarno, in provincia di Arezzo. La gelateria “Gelato al Cioccolato”, fondata da Enzo Ghinazzi, in arte Pupo, ha ufficialmente chiuso le sue porte. Inaugurata nel 2015, la gelateria prendeva il nome da uno dei brani più celebri del cantante, diventando in poco tempo un simbolo del territorio e una tappa obbligata per gli amanti del gelato artigianale.

            L’annuncio della chiusura: «Non è stata una decisione semplice»

            A comunicare la notizia sono stati i gestori dell’attività, con un post pubblicato sulla pagina Facebook ufficiale della gelateria. Il messaggio, carico di emozione e gratitudine, ha toccato profondamente la comunità locale e i tanti fan del cantante.

            «Carissimi amici e clienti, purtroppo siamo costretti ad annunciare la chiusura definitiva della nostra attività. Non è stata una scelta facile, ma una serie di valutazioni personali e commerciali ci hanno portato a questa decisione», si legge nel post.

            Parole sincere che hanno evidenziato la difficoltà del momento e il forte legame con il territorio.

            Una gelateria diventata punto di riferimento nel Valdarno

            Negli anni, “Gelato al Cioccolato” ha rappresentato molto più di una semplice gelateria. Era un punto di ritrovo, un luogo di sorrisi e condivisione, capace di attirare clienti non solo da Ponticino, ma anche da tutto il Valdarno e dalla vicina Arezzo. A contribuire al suo successo, la qualità dei prodotti, l’accoglienza calorosa del personale e il fascino legato al nome di Pupo.

            I messaggi dei clienti: un’ondata di affetto sui social

            Non sono mancati i messaggi di affetto e nostalgia da parte dei clienti abituali. La bacheca della gelateria si è rapidamente riempita di commenti, ringraziamenti e ricordi. C’è chi ricorda la bontà inconfondibile del gelato artigianale, chi elogia la gentilezza dello staff, chi semplicemente scrive “grazie” per i bei momenti trascorsi.

            Un pezzo di storia locale che se ne va

            La chiusura di “Gelato al Cioccolato” segna la fine di una parentesi dolce e significativa per la comunità. Anche se le serrande si abbassano, rimane il ricordo di un’iniziativa che ha saputo unire musica, territorio e passione per la qualità. E in bocca… quel gusto dolce e un po’ salato.

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              Auto e moto

              Tesla e il contachilometri impazzito: scoppia il caso sulla garanzia truccata

              Una causa legale accusa Tesla di manipolare a distanza i contachilometri delle auto usate, accelerandone l’usura apparente per far decadere la garanzia. Un nuovo scandalo che si inserisce in una serie di pratiche discutibili, dai limiti occulti alle batterie ai sequestri digitali dei veicoli.

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                I veicoli Tesla stanno diventando protagonisti di un trend inquietante: la manipolazione dei dati digitali a danno dei consumatori. Un recente caso giudiziario ha portato alla luce una pratica tanto subdola quanto allarmante, sollevando interrogativi fondamentali sul controllo che i produttori mantengono sui veicoli, attraverso aggiornamenti remoti e interfacce digitalizzate.

                La causa legale, depositata lo scorso febbraio, accusa il colosso di Elon Musk di alterare a distanza i valori dei contachilometri sui veicoli considerati “particolarmente problematici”, con l’obiettivo di farli superare artificialmente il limite di garanzia delle 50.000 miglia.

                Il caso emblematico riguarda un proprietario californiano che, dopo aver acquistato una Tesla usata con 36.772 miglia all’attivo, ha notato anomalie inspiegabili: pur percorrendo circa 20 miglia al giorno, il contachilometri registrava aumenti quotidiani di oltre 72 miglia. Un’anomalia tanto eclatante quanto, paradossalmente, difficile da rilevare senza un monitoraggio costante.

                Non si tratta di un episodio isolato. I forum dedicati a Tesla raccolgono segnalazioni simili: picchi improvvisi del chilometraggio, poi il ritorno alla normalità subito dopo lo scadere della garanzia. Una dinamica che si inserisce in un più ampio ventaglio di pratiche controverse adottate dal costruttore californiano.

                Già nell’estate del 2023, Tesla era finita sotto accusa per aver deliberatamente fornito dati ingannevoli sull’autonomia reale delle sue batterie. Era emerso che l’azienda aveva creato un centro operativo fittizio in Nevada, il “diversion team”, incaricato di deviare le chiamate dei clienti insoddisfatti. Gli operatori, istruiti a mantenere le conversazioni sotto i cinque minuti, fingevano di eseguire diagnosi sui veicoli per rassicurare gli utenti, senza in realtà verificare nulla.

                Ciò che rende Tesla un caso unico nel panorama automobilistico è la sua architettura digitale: i suoi veicoli sono progettati per ricevere aggiornamenti “over-the-air” che possono modificare profondamente le funzionalità dell’auto, spesso senza il consenso – o addirittura contro l’interesse – dei proprietari.

                Se, ad esempio, un utente smette di pagare l’abbonamento che consente di utilizzare tutta la capacità della batteria, Tesla può ridurre a distanza l’autonomia disponibile, limitandola alla metà. Non solo: può bloccare le portiere, immobilizzare l’auto, suonare il clacson, lampeggiare i fari e sbloccare il veicolo al momento dell’arrivo dell’incaricato al sequestro.

                Il problema di fondo risiede nel Digital Millennium Copyright Act (DMCA) del 1998. Nonostante il nome, la legge protegge più i modelli di business delle aziende che i diritti d’autore. La Sezione 1201 del DMCA rende infatti un crimine federale qualsiasi tentativo di aggirare i blocchi software: modificare una Tesla per impedirle di “automanipolarsi” costituisce un reato, punibile con cinque anni di carcere e 500.000 dollari di multa, anche senza violazione di copyright.

                Un sistema che Jay Freeman, esperto di sicurezza informatica, ha definito come “oltraggio criminale al modello di business”: la legge non difende il consumatore, ma tutela pratiche aziendali al limite dell’etico, impedendo agli utenti di riprendere il controllo sui propri dispositivi.

                Le automobili moderne, Tesla in testa, sono ormai diventate computer su ruote progettati per servire più gli interessi del produttore che quelli del proprietario. Auto capaci di rubare dati sulla posizione, rivenderli ai broker, immobilizzarsi in caso di mancato pagamento e spiare lo stile di guida per favorire le compagnie assicurative.

                Il rischio? Possedere un veicolo che non risponde più ai comandi del suo proprietario, ma solo a quelli di un server distante migliaia di chilometri.

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