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A LaC Tv il premio “Una Vita per la Musica”: informazione, cultura e libertà al servizio della Calabria

A Laureana di Borrello il riconoscimento all’impegno del network per un’informazione libera e autorevole. L’editore Domenico Maduli: «La nostra squadra ha sempre scelto il “noi”, costruendo connessioni sane in una terra bellissima e complessa»

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    Articolo di Silvio Cacciatore

    In un’epoca in cui l’informazione è spesso ostacolata da pressioni e compromessi, LaC Tv si afferma come un baluardo di libertà, di cultura e di verità. Un’emittente che ha saputo raccontare la Calabria con sguardo autorevole e coraggioso, dando voce a chi lotta per la crescita e il cambiamento. Questa missione è stata riconosciuta con il prestigioso premio Una Vita per la Musica” 2025, assegnato a una realtà che ha saputo intrecciare informazione, cultura e impegno sociale. Un’edizione che ha visto la presenza di figure di altissimo rilievo, tra cui Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Napoli, a testimonianza del valore simbolico e istituzionale del riconoscimento.

    La cerimonia si è svolta a Laureana di Borrello, piccolo centro del reggino che, grazie all’iniziativa ideata dal maestro Maurizio Managò, è diventato un faro per la celebrazione dell’eccellenza musicale e culturale. A premiare LaC Tv è stato il presidente dell’Associazione Orchestra Giovanile di Laureana di Borrello Franco Fruci, consegnando il riconoscimento nelle mani del direttore di LaC News24 Franco Laratta e della giornalista Elisa Barresivicedirettrice de IlReggino.it. Un tributo a un’informazione che non si piega, che racconta con rigore e passione, che illumina i territori troppo spesso lasciati nell’ombra. Un premio che suggella l’impegno di una squadra che, con talento e determinazione, sta riscrivendo il giornalismo in Calabria e oltre.

    Un riconoscimento che celebra l’informazione come cultura

    Il Premio “Una Vita per la Musica” è tra i riconoscimenti più prestigiosi in Calabria, assegnato a chi contribuisce alla divulgazione della cultura musicale e alla valorizzazione del territorio. Giunto alla sua XIV edizione, ha sempre esaltato artisti, docenti e figure legate alla musica. Quest’anno, per la prima volta, è stato conferito a un’emittente televisiva, segno di quanto l’informazione possa essere veicolo di cultura e crescita collettiva. LaC Tv è stata premiata per il suo impegno nella difesa della libertà di pensiero, del diritto al dubbio e alla critica. Un riconoscimento che ne esalta l’autorevolezza e l’indipendenza, qualità che la rendono una realtà di riferimento per il giornalismo del Sud e oltre.

    L’informazione, quando è vera e consapevole, ha la forza di trasmettere conoscenza, valorizzare eccellenze e generare cambiamento. LaC Tv ha saputo farlo, raccontando la Calabria con uno sguardo limpido e dando spazio a chi costruisce, innova e lotta per il futuro di questa terra. In un contesto spesso segnato da narrazioni riduttive, LaC ha scelto di illuminare ciò che merita di essere visto e ascoltato, affermandosi come punto di riferimento per chi crede in un’informazione di qualità e in una Calabria capace di esprimere il meglio di sé.

    Laratta: «Lavoriamo con il Noi, senza compromessi»

    Sul palco del Premio “Una Vita per la Musica” 2025, Franco Laratta ha espresso con forza il senso di questo riconoscimento, sottolineando lo spirito di squadra e l’identità di LaC Tv. «Questa è una serata bellissima, piena di emozioni, ma anche di rabbia – ha dichiarato il direttore Laratta -. Perché siamo sempre troppo timidi verso noi stessi? Se un’orchestra come questa fosse a Milano o Roma, diventerebbe un caso nazionale. Noi, invece, fatichiamo a riconoscere i nostri talenti. Questo è un nostro limite».

    Parole che riecheggiano con forza nel contesto calabrese, una terra che spesso non valorizza abbastanza le proprie eccellenze. Eppure, LaC Tv ha saputo trasformare questo limite in un’opportunità, puntando su una squadra solida e coesa. «Ci sono troppi “io” che lavorano per sé, sfruttando gli altri. Noi, invece, lavoriamo con il “noi”, e il frutto di questo impegno sono le connessioni sane che abbiamo costruito negli anni».

    Un’impronta che ha portato il network a una crescita costante e inarrestabile, con più di 100 professionisti45 giornalisti, sedi a RomaMilanoVibo ValentiaCosenzaReggio Calabria, Catanzaro Lamezia Terme. Numeri che testimoniano la credibilità e la solidità di LaC Tv, diventata una delle realtà editoriali più rilevanti in Italia. «Il nostro è un giornalismo libero. Non ho mai ricevuto una telefonata dall’editore per dirmi cosa fare o cosa non fare. Ecco cosa significa libertà». Un passaggio che racchiude l’essenza stessa di LaC: un’informazione senza pressioni, senza condizionamenti, senza compromessi.

    Maduli: «Un premio che celebra un’idea vincente»

    Un riconoscimento che va oltre l’informazione. Un tributo alla visione anche di chi, con coraggio e determinazione, ha trasformato un’idea in una delle realtà editoriali più forti del Mezzogiorno e del Paese. Domenico Maduli, presidente del Gruppo Editoriale Diemmecom e del Network LaC, ha voluto sottolineare il valore di questo premio e il significato che esso assume per l’intera squadra. «Lo riceviamo nell’entroterra di una regione bellissima e complicata, dove c’è molto da fare per contrastare chi lavora per sé, sfruttando gli altri. La nostra squadra, invece, ha sempre scelto il “noi”. Ed è per questo che oggi LaC è qui».

    L’informazione è responsabilità, è connessione, è cultura. Ogni giorno LaC Tv porta avanti questa missione, investendo sulle persone, sulla qualità e sulla libertà di raccontare i fatti con onestà e rigore. «La motivazione ricevuta è chiara e potente. Racconta il senso di un impegno quotidiano, di una redazione che lavora con abnegazione e responsabilità, di un gruppo che ha scelto di essere riferimento per chi crede in una Calabria diversa».

    LaC Tv ha saputo crescere, evolversi e affermarsi. Un’emittente che oggi conta decine di giornalisti, sedi in tutta Italia e un’identità editoriale solida e riconosciuta. Un progetto editoriale che ha sempre difeso l’indipendenza e la professionalità di chi racconta i fatti, senza interferenze, senza imposizioni. Il Premio “Una Vita per la Musica” 2025 celebra un’informazione autorevole, costruita con impegno e visione. LaC Tv ha dato alla Calabria una voce forte, rispettata e capace di raccontare il presente guardando al futuro.

    La musica è legalità, bellezza e riscatto

    A ricevere il premio insieme al direttore Franco Laratta, sul palco di Laureana era presente anche Elisa Barresi, vicedirettrice de IlReggino.it e giornalista del network LaC, che ha voluto sottolineare quanto questo riconoscimento rappresenti una missione culturale e sociale, oltre che giornalistica. «Siamo qui con un filo di voce, dopo una giornata intensa che ci ha visto protagonisti anche al Teatro Cilea con “Una Passerella per Grace”. Abbiamo scelto di sostenere iniziative che promuovono la cultura e l’arte, ma anche il valore sociale della musica».

    Un riferimento chiaro all’evento dedicato alle pazienti oncologiche, che si è svolto proprio nella giornata dell’8 marzo. LaC Tv ha sposato l’idea di un’informazione che non si limita a raccontare, ma che partecipa attivamente ai processi di crescita e consapevolezza. «Oggi sarà premiata anche la dirigente dell’Istituto Musicale di Cinquefrondi, segno che la musica è un linguaggio universale che unisce, che salva e che contrasta il malaffare».

    Un messaggio forte, che evidenzia come la cultura e la legalità camminino insieme. In un territorio segnato da ombre, la musica diventa un baluardo di resistenza, uno strumento di educazione e di riscatto. «Abbiamo portato la legalità anche attraverso la musica. Questa è la sfida che ci riguarda tutti: costruire una Calabria capace di esprimere il meglio di sé, attraverso l’arte, la cultura e l’informazione vera». Un’informazione che racconta la bellezza e che, come la musica, ha il potere di cambiare il destino di una comunità.

    Un’edizione che celebra talento e impegno culturale

    Il Premio “Una Vita per la Musica” 2025 ha reso omaggio a personalità di spicco che, attraverso la musica, l’educazione e la cultura, hanno lasciato un segno profondo nel loro campo. Tra i momenti più toccanti della serata, la consegna del Premio alla Memoria di Giovanbattista Cutolo, giovane musicista tragicamente scomparso. A consegnarlo è stato Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Napoli, affiancato dal maestro Pasquale Faucitano e dal presidente Franco Fruci, in un riconoscimento che ha assunto un forte valore simbolico, legando la giustizia, la legalità e la musica come strumenti di memoria e impegno sociale.

    Tra i premiati, il maestro Bartolomeo Piromalli, raffinato educatore e punto di riferimento per generazioni di giovani musicisti, e il maestro Pasquale Lorenzo, riconosciuto per il suo talento e per la sua capacità di trasmettere ai suoi allievi la forza della musica come strumento di crescita. Riconoscimenti anche al maestro Roberto Caridi e al dirigente Giacomo Di Bernardo, per il loro impegno nella diffusione della cultura musicale e nella formazione delle nuove generazioni.

    Tra i premiati anche la soprano Maria Teresa Leva, artista di calibro internazionale, il Liceo Musicale Rechichi di Cinquefrondi, il Duo Dubois, formato da due giovani talenti calabresi che si sono imposti nella musica contemporanea, e l’Orchestra Giovanile Giuseppe Rechichi di Oppido Mamertina, esempio di passione e dedizione alla musica. Un parterre di eccellenze, che ha trovato in questa edizione un filo conduttore chiaro: la musica e la cultura come strumenti di crescita e di identità collettiva.

    Un premio che segna un percorso, una visione, una missione

    Il Premio “Una Vita per la Musica” 2025 rappresenta un riconoscimento all’impegno, alla professionalità e alla capacità di raccontare il territorio con profondità e visione. LaC Tv ha ricevuto questo premio perché ha saputo trasformare l’informazione in cultura, perché ha scelto di valorizzare la Calabria con sguardo limpido e con coraggio.

    L’informazione e la cultura hanno la forza di generare cambiamento. Ogni giorno LaC Tv sceglie di stare dalla parte di chi costruisce, di chi investe nella conoscenza, di chi crede nel valore di un racconto onesto e consapevole. Questa è la sfida più grande: dare voce a chi merita di essere ascoltato, illuminare storie di talento, difendere il diritto alla verità. Questo premio è un segno di quanto sia forte l’impatto di LaC, un riconoscimento che consacra un percorso fatto di impegno, indipendenza e qualità. La strada è tracciata. Continuare a raccontare, a documentare, a ispirare. Perché l’informazione, quando è autentica, costruisce il futuro

    Silvio Cacciatore

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      Madri, staffette, combattenti: la Liberazione delle donne

      Le donne della Resistenza italiana: oltre le cifre, le medaglie mancate e le celebrazioni tardive, il loro contributo fu decisivo. E dimenticato troppo a lungo.

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        Non erano eroine per vocazione, né militanti per posa. Le 35mila donne che dal 1943 al 1945 parteciparono alla Resistenza italiana cercavano, più semplicemente, una vita degna. Lottavano per la libertà in un Paese che le voleva mute e chiuse in casa. Furono madri, staffette, combattenti. E troppo spesso, vittime.

        Molte salirono in montagna, armi in spalla. Altre rimasero nelle città, invisibili ma essenziali: trasportavano messaggi e munizioni, curavano i feriti, nascondevano i fuggiaschi. Alcune pagarono con la vita: oltre 4.500 vennero arrestate, torturate, condannate; 623 morirono fucilate, impiccate, o in combattimento. Altre tremila furono deportate nei lager.

        Eppure, alla Liberazione, non ci fu gloria. Non una donna in prima fila nei cortei delle città liberate, nonostante la loro guerra fosse stata vera almeno quanto quella dei partigiani armati. Appena una trentina furono le decorazioni al valore militare assegnate al femminile. Come se l’antifascismo, al femminile, non potesse fare notizia.

        Solo trent’anni dopo, il silenzio cominciò a incrinarsi. Liliana Cavani girò nel 1965 il documentario Le donne nella Resistenza, e nel 1975 il trentennale accese i riflettori su una verità storica fin lì ignorata: il ruolo delle donne non fu marginale né di contorno. Fu centrale, costitutivo, e soprattutto consapevole.

        Le combattenti

        C’era Germana Boldrini, diciassette anni, che il 7 novembre 1944 lanciò il primo colpo nella battaglia di Porta Lame a Bologna. Al suo fianco, donne come Norma Barbolini, che prese il comando di un’intera divisione partigiana. Iris Versari, invece, scelse la morte per non finire catturata e torturata. Il suo corpo venne appeso in piazza a Forlì come monito.

        Molte, invece, subirono violenze indicibili. Angela Lazzarini, fucilata dopo essere stata stuprata dal suo stesso carnefice. Nei carceri italiani, come quello di San Michele a Vicenza, le partigiane furono seviziate sistematicamente. Ma non parlarono mai.

        Le staffette

        C’erano anche le staffette. Ragazzine che camminavano per giorni con lettere, ordini, armi. Anna Cherchi, ad appena diciott’anni, si lasciò catturare da una colonna nazista per salvare il suo gruppo. Fu torturata con scariche elettriche, le vennero strappati 15 denti, poi deportata a Ravensbrück.

        Marisa Ombra, partigiana piemontese, ha descritto con lucidità quel lavoro nascosto: “Possedevano prontezza di riflessi, lucidità, sangue freddo. Dovevano improvvisare, mentire, resistere. Una scuola di sopravvivenza costruita secolo dopo secolo sotto il patriarcato”.

        Le madri

        E infine, le madri. Quelle che restavano a casa, che cucivano abiti, nascondevano fuggiaschi, mandavano in montagna i pacchi viveri. Quelle che piangevano figli morti o dispersi.

        Maria Giraudo perse due figli in una rappresaglia. La madre di Anna Maria Enriques Agnoletti la vide andare incontro alla fucilazione. Genoveffa Cocconi, la madre dei fratelli Cervi, morì d’infarto un anno dopo l’eccidio. «Torno a stare con i figli miei», disse ad Alcide.

        Una memoria ancora viva

        Oggi, ottant’anni dopo, non bastano le lapidi a raccontare il coraggio. Quelle donne non combattevano solo contro il fascismo, ma contro un’idea di società che non le voleva né libere né protagoniste. La loro fu una doppia liberazione.

        E se ogni 25 aprile ricordiamo chi ci ha resi liberi, dovremmo ricordare anche chi lo fece in silenzio, con le mani spaccate e le scarpe rotte. Con i denti stretti. Con il cuore pieno di rabbia e futuro.

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          25 aprile a Milano: corteo, memoria e musica per l’80° anniversario della Liberazione

          Milano celebra l’80° anniversario della Liberazione con eventi diffusi in città: corteo da corso Venezia, interventi pubblici, musica e memoria collettiva

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            Milano si prepara a celebrare l’80° anniversario della Liberazione con un ricco programma di eventi che animeranno la città per l’intera giornata di venerdì 25 aprile 2025. Le commemorazioni inizieranno al mattino con le cerimonie ufficiali e proseguiranno nel pomeriggio con il tradizionale corteo cittadino, per concludersi in serata con concerti e incontri culturali.

            Cerimonie istituzionali
            La giornata prenderà il via alle 10:30 con la commemorazione al Sacrario dei Caduti in largo Caduti Milanesi per la Patria. Alle 11:00 è prevista la deposizione di corone al Monumento ai Quindici Martiri in piazzale Loreto, accompagnata da interventi ufficiali in memoria della Resistenza e delle vittime del nazifascismo.

            Corteo cittadino
            Il cuore delle celebrazioni sarà il corteo che partirà alle 14:30 da corso Venezia per raggiungere piazza Duomo verso le 16:00. Alla manifestazione parteciperanno associazioni partigiane, istituzioni, studenti e cittadini. In piazza Duomo sono previsti gli interventi del sindaco Giuseppe Sala, della partigiana Sandra Gilardelli, del segretario generale della CGIL Maurizio Landini e del presidente nazionale dell’ANPI Gianfranco Pagliarulo.

            Eventi culturali e musicali
            Alle 11:30, presso la Sala Verdi del Conservatorio di Milano, si terrà un concerto commemorativo. Alle 18:00, il Teatro alla Scala ospiterà un concerto speciale per l’80° anniversario della Liberazione, promosso in collaborazione con l’ANPI.

            Sempre in serata, dalle 18:30 al Parco Chiesa Rossa, torna l’evento “Partigiani in Ogni Quartiere”, giunto alla sua diciottesima edizione: una serata di musica e parole che vedrà la partecipazione di artisti come ‘O Zulù e I Patagarri.

            Musei e cultura
            In occasione della Festa della Liberazione, molti musei statali saranno aperti gratuitamente. A Milano, la Pinacoteca di Brera offrirà l’ingresso libero dalle 8:30 alle 18:00, con prenotazione online obbligatoria.

            Una giornata intensa, all’insegna della memoria, della partecipazione e della cultura, per celebrare i valori di libertà e democrazia che l’Italia ha conquistato ottant’anni fa.

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              25 aprile, festa di libertà: memoria, celebrazioni e il significato che non invecchia

              Ogni anno il 25 aprile l’Italia celebra la fine dell’occupazione nazifascista e la rinascita democratica. Una festa nazionale che affonda le radici nella Resistenza, ma parla ancora al presente: tra cerimonie ufficiali, cortei, bandiere, letture e silenzi che ricordano cosa significa avere conquistato — e dover difendere — la libertà.

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                Il 25 aprile è una data che ogni italiano conosce, ma che spesso si vive con emozioni diverse. Per alcuni è una giornata di memoria e gratitudine. Per altri, una ricorrenza ormai lontana, legata a una storia che non si è vissuta. Eppure, la Festa della Liberazione resta una delle ricorrenze civili più importanti del nostro Paese. Non solo perché segna la fine della seconda guerra mondiale sul suolo italiano, ma perché segna l’inizio di qualcosa: una Repubblica, una democrazia, una possibilità di futuro.

                Era il 25 aprile 1945 quando, attraverso un comunicato del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, veniva annunciata l’insurrezione generale contro le truppe naziste e fasciste ancora presenti al Nord. Iniziava in quelle ore la fase conclusiva della guerra civile italiana e dell’occupazione tedesca: Milano, Torino, Genova, Bologna, Venezia — una dopo l’altra, le città venivano liberate. Due giorni dopo, il 27 aprile, Benito Mussolini sarebbe stato catturato. Il 28, giustiziato. Il 1° maggio, l’Italia tornava libera.

                Il 25 aprile fu scelto nel 1946 come festa nazionale provvisoria dal governo De Gasperi, e ufficializzato come data simbolica della Liberazione l’anno successivo. Da allora, rappresenta il punto fermo della nostra memoria civile. E se oggi può sembrare una celebrazione lontana, basta osservare il mondo per rendersi conto che la libertà non è mai un fatto scontato.

                Le celebrazioni del 25 aprile avvengono in tutta Italia, con cerimonie ufficiali, deposizioni di corone d’alloro ai monumenti dei caduti, discorsi delle autorità, canti partigiani. Ma anche con cortei, eventi culturali, letture pubbliche, performance teatrali e concerti. È il giorno in cui risuonano le note di “Bella ciao”, ma anche quello in cui si leggono i nomi dei martiri, si raccontano storie familiari di resistenza, si ricordano luoghi e persone cancellate dalla guerra.

                C’è chi depone un fiore su una lapide, chi porta in piazza i nipoti per spiegare loro che cosa è stato. Chi ascolta in silenzio l’inno nazionale, chi riscopre un diario di famiglia, chi discute ancora animatamente sulle ragioni storiche e politiche della Resistenza. Perché il 25 aprile non è mai stato una festa pacificata, e forse è giusto così. È una festa viva. Non retorica, non decorativa. Una festa che obbliga a prendere posizione, a interrogarsi, a scegliere di nuovo.

                In molte città italiane, i sindaci sfilano con la fascia tricolore, spesso insieme agli ex partigiani, sempre più rari ma ancora capaci di testimoniare con parole semplici la durezza e la dignità di quegli anni. Alcune scuole aprono le porte per letture pubbliche. Alcuni comuni organizzano giornate della memoria con film, mostre, visite guidate nei luoghi della Resistenza.

                Non mancano, purtroppo, le polemiche. Ogni anno, il 25 aprile si accompagna a dibattiti accesi: sulla rappresentazione dei caduti, sull’uso delle bandiere, sull’opportunità o meno di alcune presenze nei cortei. Ma anche questo è parte della democrazia conquistata. Anche il diritto di dissentire, di discutere, di guardare la storia da angolazioni diverse è frutto di quel giorno del 1945.

                La memoria storica

                Nel tempo, accanto alla memoria storica, è cresciuta anche una memoria culturale del 25 aprile. Scrittori, poeti, registi, cantautori hanno raccontato la Resistenza con opere che fanno parte della coscienza nazionale: da La casa in collina di Pavese a Il partigiano Johnny di Fenoglio, da Una questione privata di Beppe Fenoglio ai film di Rossellini, dai versi di Calvino alle canzoni di De André.

                Il 25 aprile resta quindi molto più di una giornata sul calendario. È un richiamo. A ricordare chi ha lottato. A capire che cosa è stata quella lotta. A difendere ciò che ne è nato. Perché le libertà non sono mai acquisite una volta per tutte. Si celebrano, certo. Ma, soprattutto, si esercitano.

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