Società
“È reato di maltrattamenti non far lavorare la moglie”: la Cassazione sancisce un principio storico
La Cassazione ha confermato la condanna di un uomo che aveva costretto la moglie a non lavorare, controllandone gli spostamenti e impedendole di rendersi autonoma. Per i giudici, la privazione dell’indipendenza economica è una forma di violenza domestica.
Una sentenza destinata a lasciare il segno. La Corte di Cassazione ha stabilito che impedire alla moglie di lavorare e privarla dell’indipendenza economica costituisce reato di maltrattamenti.
Il caso riguarda un uomo che aveva convinto la moglie a rinunciare alla carriera per dedicarsi ai figli, salvo poi sfruttarla come contabile nell’azienda di famiglia senza stipendio né utili. Ma non solo: il marito aveva installato telecamere per monitorare ogni suo spostamento e, quando la donna aveva trovato un lavoro nel settore turistico, l’aveva costretta a lasciarlo con continue telefonate e minacce, umiliandola pubblicamente.
La Cassazione conferma la condanna: “Non era una scelta libera”
La Corte d’Appello di Torino aveva già condannato l’uomo per maltrattamenti in famiglia, ma la difesa aveva provato a ribaltare il verdetto sostenendo che la donna aveva scelto spontaneamente di non lavorare per dedicarsi alla casa e ai figli.
La Cassazione ha però respinto questa tesi: l’indipendenza economica non può essere negata con coercizione, manipolazione o abusi di potere.
Nel testo della sentenza, riportato dal sito Giurisprudenza Penale, si legge che il marito aveva imposto alla moglie “il ruolo di casalinga attraverso un sistema di potere asimmetrico”, in cui l’aspetto economico aveva un peso determinante.
Una decisione che segna un precedente importante
Questa pronuncia rafforza la tutela delle vittime di violenza economica, un fenomeno spesso sottovalutato ma che rappresenta una forma grave di abuso domestico.
La Cassazione conferma così un principio essenziale: negare l’autonomia economica a un partner è una forma di oppressione e può costituire reato di maltrattamenti.
Una sentenza che potrebbe aprire la strada a nuove battaglie legali e a una maggiore consapevolezza sui diritti delle persone all’interno della coppia.