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Società

Hacker etici? Sì per dare la caccia ai predatori del web e proteggere i minori

Grazie al loro lavoro, centinaia di pedofili sono già stati identificati e denunciati, e il loro contributo continua a essere fondamentale per rendere internet un luogo più sicuro per tutti, soprattutto per i più vulnerabili.

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    Nell’ombra del cyberspazio, dove spesso si nascondono minacce invisibili, esiste un gruppo di esperti informatici che ha scelto di usare le proprie competenze per combattere il crimine. Sono hacker, ma non quelli di cui si sente parlare in relazione ad attacchi informatici o frodi. Qui si tratta di hacker etici, conosciuti anche come white hat hackers, e hanno fatto della protezione dei più vulnerabili la loro missione. In particolare, si dedicano alla caccia ai pedofili che cercano di adescare minori online. Tra questi, il gruppo Cyber Sentinels, fondato da Volpe e Dottore (nomi di copertura). Conta oggi più di mille membri, tra esperti di cybersecurity, avvocati, studenti e tecnici informatici. Il loro obiettivo è duplice: stanare i pedofili e denunciarli alle autorità, e fornire formazione gratuita sulla sicurezza informatica e sull’hacking etico.

    Come funzionano le operazioni di caccia degli hacker buoni

    La strategia degli hunter, ovvero i cacciatori digitali, segue uno schema preciso. Entrano nei canali pubblici di chat, dove il rischio di adescamento è più alto, e si fingono adolescenti. È qui che iniziano a intercettare i predatori digitali, individui che cercano di instaurare un dialogo con minori fingendosi amici o confidenti. Quando un pedofilo abbocca, lo spingono a scoprirsi con tecniche di ingegneria sociale. Ovvero manipolazione psicologica: raccontano di vite difficili, assenza di figure genitoriali, cercando di far abbassare le difese del criminale. A quel punto, il pedofilo inizia a chiedere foto, video o incontri, e gli hacker raccolgono prove cruciali per l’incriminazione. Una delle fasi chiave è il passaggio su Telegram, dove gli hacker hanno strumenti avanzati per risalire all’identità dell’adescatore attraverso indirizzi IP e numeri di telefono. Quando raccolgono informazioni sufficienti, preparano un fascicolo digitale con chat, foto, email e profili social, e lo inviano alla Polizia Postale, al Moige o al Telefono Azzurro per l’intervento immediato delle autorità.

    Qual è il profilo dei predatori digitali?

    Secondo l’esperienza degli hacker etici, i pedofili online sono sempre uomini, con età che variano dai 30 ai 70 anni, provenienti da ogni parte d’Italia. Alcuni hanno un buon livello di istruzione, altri meno, ma il comportamento è spesso lo stesso: cercano di instaurare un rapporto di fiducia con la vittima, per poi farla cadere in una trappola psicologica. L’aspetto più inquietante è che, nel 90% dei casi, le prime domande che pongono riguardano l’abbigliamento: “Sei in pigiama?”. È il primo segnale che permette agli hacker etici di identificare una possibile minaccia.

    L’impegno contro la cyberpedofilia

    I forum del dark web, dove si vendono droga, malware e servizi illegali, vietano categoricamente la pedopornografia. Questo dimostra quanto sia considerato abominevole persino tra i criminali informatici. La lotta contro la cyberpedofilia è una priorità assoluta per le forze dell’ordine, che intervengono con la massima urgenza quando ricevono segnalazioni dettagliate e documentate. Per questo motivo, il lavoro degli hacker etici è prezioso. Agiscono lì dove spesso le autorità hanno difficoltà a operare in tempo reale, prevenendo abusi e aiutando a mettere sotto processo chi sfrutta il web per compiere crimini contro i minori.

    Come proteggere i minori online

    Se il lavoro degli hacker etici è fondamentale, altrettanto importante è la prevenzione. Tra i diversi consigli per i genitori al primo posto è quello di dare ai figli il cellulare il più tardi possibile. Installare software di parental control per limitare l’accesso a contenuti pericolosi. Importante monitorare proattivamente l’attività online dei ragazzi, verificando siti, app e contatti. E naturalmente serve insegnare la consapevolezza digitale, spiegando i rischi legati alle interazioni con sconosciuti. Infine fare molta attenzione ai videogiochi online, dove i pedofili possono infiltrarsi fingendosi altri giocatori.

    Hacker al servizio del bene

    Gli hacker etici dimostrano che la tecnologia non è solo un’arma per i criminali, ma può diventare un potente strumento di protezione. Il loro operato è una risposta concreta a una delle minacce più oscure del web, e il loro impegno offre una speranza. Il cyberspazio può essere reso più sicuro, se chi lo conosce lo usa per combattere il male.

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      Società

      Speculazione sull’edizione straordinaria dell’Osservatore Romano: una vera reliquia contemporanea

      La morte di Papa Francesco scatena il mercato della memoria: copie di giornali, rosari e memorabilia religiose vendute online a prezzi esorbitanti.

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        La morte di Papa Francesco ha segnato un momento storico per la Chiesa cattolica e ha scatenato un’ondata di emozione tra i fedeli di tutto il mondo. Ma, come spesso accade in eventi di tale portata, c’è chi ha deciso di trasformare il dolore in un’opportunità economica. Pochi istanti dopo l’annuncio ufficiale della scomparsa del pontefice, online sono comparse offerte di vendita per l’edizione straordinaria dell’Osservatore Romano. L’edizione straordinaria del quotidiano ufficiale del Vaticano, era in vendita al prezzo esorbitante di 500 euro.

        Una pagina storica trasformata in oggetto di commercio

        L’edizione straordinaria del giornale, con il titolo “Il Signore ha chiamato a Sé il Santo Padre Francesco”, è diventata un pezzo ambito. E non solo tra i fedeli, ma anche tra collezionisti di memorabilia religiose. La calca vista in Piazza San Pietro durante la distribuzione gratuita di copie ha testimoniato quanto fosse sentita la necessità di possedere un documento simbolico del momento. Per molti, avere quella prima pagina significa conservare un frammento di storia, quasi fosse una reliquia contemporanea. Ma c’è chi ha pensato di monetizzare questa esigenza. Su piattaforme di compravendita online come Vinted e eBay, il quotidiano è stato messo in vendita a cifre spropositate. Oltre ai 500 euro richiesti per la copia dell’annuncio della morte di Bergoglio, alcune edizioni precedenti, come quella del 14 marzo 2013, che annunciava la sua elezione, sono state messe in vendita a cifre variabili tra 100 e 400 euro.

        Dalla calamita alle edizioni speciali: il fiorente mercato della fede

        Oltre alle copie del giornale, alcuni venditori hanno trasformato l’edizione straordinaria in veri e propri souvenir. Una delle trovate più particolari è stata la vendita di calamite raffiguranti la prima pagina dell’Osservatore Romano, acquistabili per 30 euro. Questa trasformazione commerciale di un documento solenne mostra come il mercato dei ricordi possa modellarsi attorno agli eventi più significativi della Chiesa. Ma non è la prima volta che si assiste a fenomeni simili. Online si trovano ancora copie delle edizioni straordinarie che annunciavano la morte di Giovanni Paolo II (2005) e di Benedetto XVI (2022), così come quelle che riportavano l’elezione di Ratzinger e Wojtyla. Tuttavia, i prezzi erano decisamente più modesti, con offerte che partivano da qualche decina di euro.

        La memoria tra devozione e speculazione

        L’interesse per documenti cartacei di eventi religiosi epocali dimostra quanto la fede si intrecci con la memoria storica. Per molti, possedere una copia originale dell’annuncio della morte del Papa è un modo per commemorare la sua figura e il suo pontificato. Per altri, invece, è semplicemente un investimento, una merce da vendere al miglior offerente. La speculazione sulla morte di Papa Francesco è solo un riflesso di un’abitudine che ormai accompagna ogni grande evento globale. Se da un lato queste copie possono diventare pezzi da collezione, dall’altro il loro commercio solleva interrogativi sul valore reale della memoria e sulla linea sottile che separa il rispetto dal profitto. La storia si ripete. Come accadeva nei secoli passati con reliquie e frammenti sacri, oggi è il giornale ad assumere un ruolo di cimelio religioso e oggetto da conservare. Resta il quesito aperto: quanto costa davvero il ricordo di un Papa?

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          Madri, staffette, combattenti: la Liberazione delle donne

          Le donne della Resistenza italiana: oltre le cifre, le medaglie mancate e le celebrazioni tardive, il loro contributo fu decisivo. E dimenticato troppo a lungo.

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            Non erano eroine per vocazione, né militanti per posa. Le 35mila donne che dal 1943 al 1945 parteciparono alla Resistenza italiana cercavano, più semplicemente, una vita degna. Lottavano per la libertà in un Paese che le voleva mute e chiuse in casa. Furono madri, staffette, combattenti. E troppo spesso, vittime.

            Molte salirono in montagna, armi in spalla. Altre rimasero nelle città, invisibili ma essenziali: trasportavano messaggi e munizioni, curavano i feriti, nascondevano i fuggiaschi. Alcune pagarono con la vita: oltre 4.500 vennero arrestate, torturate, condannate; 623 morirono fucilate, impiccate, o in combattimento. Altre tremila furono deportate nei lager.

            Eppure, alla Liberazione, non ci fu gloria. Non una donna in prima fila nei cortei delle città liberate, nonostante la loro guerra fosse stata vera almeno quanto quella dei partigiani armati. Appena una trentina furono le decorazioni al valore militare assegnate al femminile. Come se l’antifascismo, al femminile, non potesse fare notizia.

            Solo trent’anni dopo, il silenzio cominciò a incrinarsi. Liliana Cavani girò nel 1965 il documentario Le donne nella Resistenza, e nel 1975 il trentennale accese i riflettori su una verità storica fin lì ignorata: il ruolo delle donne non fu marginale né di contorno. Fu centrale, costitutivo, e soprattutto consapevole.

            Le combattenti

            C’era Germana Boldrini, diciassette anni, che il 7 novembre 1944 lanciò il primo colpo nella battaglia di Porta Lame a Bologna. Al suo fianco, donne come Norma Barbolini, che prese il comando di un’intera divisione partigiana. Iris Versari, invece, scelse la morte per non finire catturata e torturata. Il suo corpo venne appeso in piazza a Forlì come monito.

            Molte, invece, subirono violenze indicibili. Angela Lazzarini, fucilata dopo essere stata stuprata dal suo stesso carnefice. Nei carceri italiani, come quello di San Michele a Vicenza, le partigiane furono seviziate sistematicamente. Ma non parlarono mai.

            Le staffette

            C’erano anche le staffette. Ragazzine che camminavano per giorni con lettere, ordini, armi. Anna Cherchi, ad appena diciott’anni, si lasciò catturare da una colonna nazista per salvare il suo gruppo. Fu torturata con scariche elettriche, le vennero strappati 15 denti, poi deportata a Ravensbrück.

            Marisa Ombra, partigiana piemontese, ha descritto con lucidità quel lavoro nascosto: “Possedevano prontezza di riflessi, lucidità, sangue freddo. Dovevano improvvisare, mentire, resistere. Una scuola di sopravvivenza costruita secolo dopo secolo sotto il patriarcato”.

            Le madri

            E infine, le madri. Quelle che restavano a casa, che cucivano abiti, nascondevano fuggiaschi, mandavano in montagna i pacchi viveri. Quelle che piangevano figli morti o dispersi.

            Maria Giraudo perse due figli in una rappresaglia. La madre di Anna Maria Enriques Agnoletti la vide andare incontro alla fucilazione. Genoveffa Cocconi, la madre dei fratelli Cervi, morì d’infarto un anno dopo l’eccidio. «Torno a stare con i figli miei», disse ad Alcide.

            Una memoria ancora viva

            Oggi, ottant’anni dopo, non bastano le lapidi a raccontare il coraggio. Quelle donne non combattevano solo contro il fascismo, ma contro un’idea di società che non le voleva né libere né protagoniste. La loro fu una doppia liberazione.

            E se ogni 25 aprile ricordiamo chi ci ha resi liberi, dovremmo ricordare anche chi lo fece in silenzio, con le mani spaccate e le scarpe rotte. Con i denti stretti. Con il cuore pieno di rabbia e futuro.

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              25 aprile a Milano: corteo, memoria e musica per l’80° anniversario della Liberazione

              Milano celebra l’80° anniversario della Liberazione con eventi diffusi in città: corteo da corso Venezia, interventi pubblici, musica e memoria collettiva

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                Milano si prepara a celebrare l’80° anniversario della Liberazione con un ricco programma di eventi che animeranno la città per l’intera giornata di venerdì 25 aprile 2025. Le commemorazioni inizieranno al mattino con le cerimonie ufficiali e proseguiranno nel pomeriggio con il tradizionale corteo cittadino, per concludersi in serata con concerti e incontri culturali.

                Cerimonie istituzionali
                La giornata prenderà il via alle 10:30 con la commemorazione al Sacrario dei Caduti in largo Caduti Milanesi per la Patria. Alle 11:00 è prevista la deposizione di corone al Monumento ai Quindici Martiri in piazzale Loreto, accompagnata da interventi ufficiali in memoria della Resistenza e delle vittime del nazifascismo.

                Corteo cittadino
                Il cuore delle celebrazioni sarà il corteo che partirà alle 14:30 da corso Venezia per raggiungere piazza Duomo verso le 16:00. Alla manifestazione parteciperanno associazioni partigiane, istituzioni, studenti e cittadini. In piazza Duomo sono previsti gli interventi del sindaco Giuseppe Sala, della partigiana Sandra Gilardelli, del segretario generale della CGIL Maurizio Landini e del presidente nazionale dell’ANPI Gianfranco Pagliarulo.

                Eventi culturali e musicali
                Alle 11:30, presso la Sala Verdi del Conservatorio di Milano, si terrà un concerto commemorativo. Alle 18:00, il Teatro alla Scala ospiterà un concerto speciale per l’80° anniversario della Liberazione, promosso in collaborazione con l’ANPI.

                Sempre in serata, dalle 18:30 al Parco Chiesa Rossa, torna l’evento “Partigiani in Ogni Quartiere”, giunto alla sua diciottesima edizione: una serata di musica e parole che vedrà la partecipazione di artisti come ‘O Zulù e I Patagarri.

                Musei e cultura
                In occasione della Festa della Liberazione, molti musei statali saranno aperti gratuitamente. A Milano, la Pinacoteca di Brera offrirà l’ingresso libero dalle 8:30 alle 18:00, con prenotazione online obbligatoria.

                Una giornata intensa, all’insegna della memoria, della partecipazione e della cultura, per celebrare i valori di libertà e democrazia che l’Italia ha conquistato ottant’anni fa.

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