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Società

La metà delle coppie si lascia dopo il primo viaggio insieme. Ma come mai?

Molte coppie soprattutto quelle giovani con poca esperienza di vita insieme spesso dopo il primo viaggio si lasciano.

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    Il primo viaggio non si scorda mai. Ma no, non era così…Era il primo amore non si scorda mai. Ma anche il primo viaggio insieme, a volte, potrebbe non scordarsi mai. Da una recente indagine, infatti, risulta che il viaggio insieme è un’importante banco di prova in una relazione sentimentale. Per molte coppie la prima vacanza è anche l’ultima. Soprattutto quando si è giovani e non si ha molta esperienza: di convivenza e di viaggi. Si passa molto più tempo con il proprio partner rispetto a quanto avviene nella vita quotidiana. E lì che si scoprono le magagne. «Il primo viaggio di una coppia insieme è una pietra miliare importante per una relazione, sia che avvenga nei primi sei mesi di appuntamenti o durante la luna di miele». Dice Maria Sullivan, vicepresidente di Dating.com. Il sito di appuntamenti e di chi è in cerca di un partner, ha stilato il rapporto secondo cui la metà delle coppie si lascia dopo la prima vacanza. «Trascorrere diverse ore con qualcuno non è la stessa cosa di passarci diversi giorni». E proprio in vacanza si viene a contatto con le abitudini dell’altra persona che potrebbero portare a diverbi, incomprensioni e tensioni. Se non a qualcosa di più.

    Ma perchè il primo viaggio è così rischioso?

    Il rapporto di Dating.com rilanciato dal New York Post, dice che il 31% del campione di coppie preso in considerazione ha interrotto la propria relazione alla prima sveglia. Cioè? La coppia decide che è incompatibile quando uno dei due sveglia troppo presto l’altro. Il 38% è entrato in crisi solo per aver fatto tardi nella prenotazione dei ristoranti (a causa del partner). Si tocca invece la soglia del 40% quando si parla di abitudini in bagno. Apriti cielo. Lasciare il lavandino sporco di dentifricio oppure di sostenze organiche come peli di barba, unghie e sopraciglie, oppure non sostuire la carta igienica una volta terminata, è una grande occasione di scontro.

    Tutto accade in bagno…

    La condivisione del bagno sembra quindi posizionarsi al primo posto tra le cause dei dissidi tra le coppie in vacanza. Ma in realtà il bagno si può accorpare a tutte le abitudini relative al vivere insieme. Come lasciare il cibo in giro oppure lasciare dei vestiti sul letto o disseminarli per la stanza d’albergo. Ma non basta. Ci cono altri momenti del viaggio che possono essere molto critici, come per esempio la capacità di fare le valigie, oppure il comportamento di uno dei partner nei confronti di assistenti di volo, guide turistiche o camerieri. Insomma l’ammiccamento che non ti aspetti.

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      Lifestyle

      Come stanno i lavoratori italiani? Tristi e preoccupati

      Secondo una indagine realizzata da Gallup stress e tristezza sembrano dominare i lavoratori italiani. Un quarto di essi appare disimpegnato e addirittura rema contro l’azienda per cui lavora.

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        Secondo il report “State of the Global Workplace” di Gallup la situazione dei lavoratori italiani, è tutt’altro che rosea. Insomma non stanno bene. Anzi. Stress e tristezza sembrano dominare nelle aziende italiane. Un quarto dei lavoratori non solo appare disimpegnato, ma addirittura rema contro l’azienda per cui lavora. Un fenomeno, denominato “actively disengaged“, che in Italia sarebbe del 25%. Si tratta del livello più alto in Europa, che ha una media del 16%. Gallup, è una delle storiche agenzie statunitense specializzata in sondaggi d’opinione. Fondata a Princeton nel 1935 da George H. Gallup, l’agenzia è nota per i sondaggi elettorali a cui affianca indagini in campo economico, sociologico e psicologico.

        La ricerca di Gallup divide i lavoratori in tre categorie

        Impegnati: entusiasti e coinvolti nel lavoro, promotori dell’innovazione.
        Non impegnati: dedicano tempo ma non energia o passione al lavoro.
        Attivamente disimpegnati: insoddisfatti e risentiti, danneggiano attivamente l’ambiente di lavoro. L’alto livello di disimpegno attivo purtroppo è accompagnato da un basso livello di fiducia nel mercato del lavoro. Infatti solo il 32% degli italiani ritiene che questo sia un buon momento per trovare un lavoro, molto al di sotto della media europea del 57%.

        Una questione di onestà

        Pur tenendo conto dei risultati dell’indagine svolta da Gallup è evidente che remare contro l’azienda per cui si lavora è proprio un gesto di disonestà, intellettuale e morale. Ma non solo perché è rivolto verso il datore di lavoro. La disonestà coinvolge soprattutto i propri colleghi, il quello della scrivania a fianco. Così come non impegnarsi lasciando che altri si occupino delle mansioni che si dovrebbero seguire non è una questione di furbizia ma di sfruttamento e cinismo.

        Felici di lavorare

        Gallup ha valutato il benessere generale dei lavoratori italiani che si manifesta come un ulteriore punto critico. Infatti solo il 41% si dichiara “felice”, contro una media europea del 47%. Inoltre, il 46% dei lavoratori italiani prova stress e il 25% tristezza, percentuali significativamente più alte rispetto alla media europea (rispettivamente 37% e 17%). Molti di loro manifestazioni evidenti sintomi di burnout. La sindrome da burn-out è una risposta individuale a una situazione professionale percepita come logorante, in cui l’individuo non ha risorse o strategie adeguate per affrontare l’esaurimento fisico ed emotivo. Questo porta il lavoratore a sentirsi insoddisfatto e prostrato dalla routine quotidiana, che sviluppa un distacco mentale dal proprio impiego e un atteggiamento di indifferenza. Ma non solo. Anche malevolenza e cinismo verso l’attività lavorativa. Se sottovalutato, il burnout può evolvere in depressione e altri disturbi complessi. Per questo motivo i suoi sintomi non devono essere considerati passeggeri o poco importanti.

        Cosa possono fare le aziende per cambiare questa tendenza?

        Per migliorare questa situazione, è fondamentale che i datori di lavoro diano priorità al benessere dei dipendenti, al fine di migliorare l’esperienza lavorativa e ridurre il turnover. Solo così si potrà invertire una tendenza negativa e creare un ambiente lavorativo più sano e produttivo.

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          Lifestyle

          Hai uno stipendio di 2.500 euro al mese? Vivi in un monolocale!

          L’indagine del Codacons evidenzia come Milano e Napoli rappresentino due estremi del costo della vita in Italia. Mentre a Milano i prezzi elevati continuano a mettere a dura prova i portafogli dei residenti, Napoli si distingue per la sua relativa economicità, offrendo un contrasto netto tra Nord e Sud. La crescente disparità dei costi di beni e servizi tra le città italiane riflette una realtà complessa, in cui fattori economici e sociali contribuiscono a modellare il panorama della vita quotidiana.

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            Milano si conferma la città più cara d’Italia: vivere nel capoluogo lombardo costa sempre di più. Napoli, invece, si posiziona in fondo alla classifica, essendo la più economica sul fronte della spesa alimentare.

            Fare la spesa a Milano è un salasso

            Il Codacons ha realizzato un’indagine sul costo della vita nelle principali città italiane, confrontando prezzi e tariffe di carne, ortofrutta, dentisti, parrucchieri e bar. Per mangiare bene a Milano si spende in media il 47% in più rispetto a Napoli. Un carrello composto da ortofrutta, carne, pesce e pane costa in media 99,24 euro, mentre nella città partenopea solo 67,58 euro.

            Costo della vita sempre più alto: dai rifiuti al ginecologo

            A Napoli, la tariffa dei rifiuti raggiunge i 507,96 euro, il 148% in più rispetto a Trento (205 euro). Per quanto riguarda i bar, Trento rivendica il caffè più caro (1,24 euro l’espresso), seguita da Trieste (1,14 euro) e Bologna (1,13 euro). A Catanzaro, una tazzina di caffè costa in media 0,82 euro. A Bari, per una donna, un taglio dal parrucchiere costa 26,48 euro, mentre a Napoli solo 11,80 euro. Palermo è il paradiso dei denti: per un’otturazione si sborsano solo 66 euro, mentre ad Aosta 174 euro. Le visite private dal ginecologo costano 155 euro a Trento e Milano, mentre al sud, 80 euro a Napoli e 95 a Catanzaro.

            Il costo della vita è estremamente diversificato tra nord e sud

            “Il costo della vita è estremamente diversificato sul territorio, con le città del sud che risultano mediamente più economiche rispetto al Nord Italia. Prezzi e tariffe appaiono tuttavia in continua evoluzione: gli aumenti delle bollette di luce e gas stanno infatti determinando nelle ultime settimane rincari a cascata dei prezzi al dettaglio, a causa dei maggiori costi in capo a imprese e attività che vengono inevitabilmente scaricati sui consumatori attraverso rialzi dei listini”.

            2500 euro al mese

            Con uno stipendio da 2.500 euro al mese, in città, si può ambire al massimo a comprare un monolocale di meno di 40 metri quadrati con un mutuo trentennale all’80 per cento, naturalmente fuori dal centro. Un dato che sintetizza come mai a Milano ci sia un problema di accessibilità.

            Per quanto paradossale, la conferma di questa dinamica centrifuga arriva analizzando il successo dei grandi sviluppi immobiliari lungo le cerchie esterne. Sette le aree prese in considerazione tra il 2019 e il 2023 dall’ultima ricerca di Casavo, dimostrando la forte ricettività milanese anche nelle zone più periferiche, fino a pochi anni fa escluse dalle mappe immobiliari. Questo fenomeno innesca un meccanismo di creazione di valore dei quartieri, fissando quanto i milanesi siano effettivamente disposti a pagare per un appartamento fuori dalle prime cerchie.

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              Società

              Quante ore bisogna dormire in base alla nostra età?

              Rispettare il proprio ritmo circadiano e assicurarsi una quantità adeguata di sonno è essenziale per la salute e il benessere quotidiano.

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                Una buona notte di riposo è fondamentale per il benessere generale e la salute. Tuttavia, il fabbisogno di sonno varia in base all’età e alle esigenze individuali. Dormire il giusto numero di ore è necessario per tante cose. Consente di mantenere alta l’energia, migliorare la concentrazione e rafforzare il sistema immunitario. Sì ma quanto è necessario dormire per stare davvero bene? A ogni età corrisponde un certo numero di ore di sonno. Vediamo di quante ore abbiamo bisogno di dormire da 0 a 99 anni!

                Neonati (0-3 mesi)

                Ore di sonno necessarie: 14-17 ogni 24 ore. Il ritmo di sonno è frammentato e non regolato. E’ sempre influenzato comunque dalle esigenze del bambino.

                Bambini (4-11 mesi)

                Le ore di sonno necessarie in questa fascia d’età sono comprese tra 14-17 ogni 24 ore. L’orario consigliato per andare a dormire la sera è compreso tra le 19 e le 20. Da notare che in questa fascia di età si inizia a creare una routine del sonno che negli anni succesivi regolerà molto la crescita.

                Bambini piccoli (1-2 anni)

                Le ore di sonno necessarie sono 11-14 al giorno. Anche in questo caso l’orario consigliato per andare a dormire è compreso tra le 19 e le 20. In questa fascia di età il sonno notturno è accompagnato da diverso sonnellini diurni.

                Bambini in età prescolare (3-5 anni)

                Le ore di sonno necessarie sono tra le 10 e le 13 per notte. Si deve andare a dormire presto anche in questi casi tra le 19 e le 20,30. Alcuni bambini a questa età possono ancora beneficiare di sonnellini diurni.

                Bambini in età scolare (6-13 anni)

                In questa fascia di età assai sensibile alle ore di sonno e di sveglia bisognerebbe poter disporre tra le 9 e le 11 ore di sonno per notte. La sera si può andare a dormire un po’ più tardi tra le 20 e le 21,30. L’orario di sonno inizia ad allinearsi con il ritmo scolastico.

                Il sonno degli adolescenti (14-17 anni)

                A questa età bisognerebbe dormire minimo tra le 8 e le 10 ore per notte, andando a letto tra le 21 e le 23 massimo. Una illusione? Forse. Gli adolescenti tendono ad andare a dormire più tardi, ma un sonno regolare è cruciale per il loro sviluppo.

                Adulti (18-64 anni)

                In questa forchetta di età così ampia le ore di sonno indispensabili per stare bene durante la giornata sono tra le 7 e le 9. Beato chi ci riesce, potremmo aggiungere soprattutto dai 60 anni in su. Per gli adolescenti non ci sono problemi. Se li lasci dormire, dormono! E a che ora si consiglia di andare a dormire? Tra le 22 e le 23 in base alle proprie esigenze ricordando ancora una volta che un buon sonno migliora le prestazioni cognitive e il benessere fisico e agisce in maniera diretta sulla memoria.

                Fate dormire gli anziani (oltre 65 anni)

                Qui iniziano le dolenti note. Le ore di sonno necessarie per i cosidetti anziani (per età) sarebbero 7-8 ore per notte. Alzi la mano chi ci riesce… E’ consigliabile andare a dormire tra le 22 e le 23. Sapendo che poche volte accade ci si accontenta di quello che si riesce a organizzare. Spesso a questa età il sonno può essere più leggero e frammentato, ma il riposo resta comunque essenziale.

                Il sonno? Due o tre cose che sappiamo di lui

                Il sonno non riguarda solo la quantità, ma anche la qualità. Un sonno regolare e riposante aiuta a certamente a migliorare la memoria e la concentrazione, e rafforza il sistema immunitario. Inoltre riduce il rischio di malattie croniche e mantiene un buon equilibrio emotivo e mentale.

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