Società
Pensioni da fame: quasi 5 milioni di italiani sopravvivono con meno di 1.000 euro al mese
Secondo l’ultimo rapporto INPS i pensionati che nel 2023 hanno avuto un reddito da pensione complessivo inferiore a 1.000 euro al mese sono stati 4.786.521, pari al 29,5% del totale.
L’Italia dei pensionati è un Paese a due velocità. Da un lato, una fascia di privilegiati che gode di assegni pensionistici più che confortevoli, dall’altro un esercito di anziani che fatica a sbarcare il lunario con pensioni da fame. A tracciare questo quadro allarmante è l’ultimo rapporto INPS sulle prestazioni pensionistiche.
Per un milione di pensionati meno di 500 euro al mese
Quasi 5 milioni di pensionati, pari al 29,5% del totale, devono fare i conti con un reddito mensile inferiore a 1000 euro. Una cifra che, di fronte all’aumento costante del costo della vita, si rivela del tutto insufficiente per garantire una vecchiaia serena. Ancora più preoccupante è la situazione di oltre un milione di pensionati che percepiscono meno di 500 euro al mese: per loro, la sopravvivenza diventa una sfida quotidiana.
Rivalutazione delle pensioni minime 2026
La recente rivalutazione delle pensioni minime previste dal governo nell’ultima manovra finanziaria, che oggi ammonta a ben 614,77 euro per tredici mensilità, porterà un aumento degli assegni di 1,27 euro al mese, circa 4 centesimi al giorno in più. Con un’inflazione stimata all’1,2% il trattamento minimo per il 2026 sarà pari a 604,59 euro. Una cifra che rivalutata all’inflazione si attesta a 611,81 euro. A questo si deve aggiungere l’incremento transitorio pari all’1,3%, cioè a 7,95 euro per un importo finale di 619,16 euro. Esattamente 1,27 euro al mese e 4 centesimi al giorno in più. Da notare che per il 2025, con l’inflazione stimata all’1%, l’aumento previsto è di circa 3 euro al mese e 10 centesimi in più al giorno.
Un sistema pensionistico iniquo
Le donne, come sempre, pagano il prezzo più alto. Sono infatti oltre 3 milioni le pensionate che devono accontentarsi di un assegno inferiore ai 1.000 euro, con quasi un milione di loro che riceve meno di 500 euro al mese. Questa disparità è il frutto di una lunga serie di discriminazioni, a partire dalle differenze salariali durante la vita lavorativa fino alle interruzioni di carriera per motivi familiari. I dati INPS mettono in evidenza come il sistema pensionistico italiano sia profondamente iniquo. Mentre una piccola fetta di pensionati, quella con redditi superiori ai 5000 euro mensili, assorbe quasi il 10% della spesa totale, la stragrande maggioranza dei pensionati, quelli con redditi più bassi, deve accontentarsi di briciole.
In attesa della riforma delle pensioni le conseguenze sociali sono pesanti
Chi vive con una pensione così bassa è costretto a rinunciare a molte cose, dalla cura della propria salute alle piccole soddisfazioni quotidiane. Questo ha un impatto negativo non solo sulla qualità della vita degli anziani, ma anche sulla coesione sociale. Che fare?
È urgente intervenire per garantire un reddito dignitoso a tutti i pensionati
Per prima cosa sarebbe necessario un adeguamento significativo delle pensioni minime, in modo da garantire un livello di vita dignitoso a tutti gli anziani imbrigliati in un sistema pensionistico obsoleto e iniquo. Sarebbe necessario rivederlo completamente, introducendo meccanismi più equi e sostenibili. Sarebbe urgente, e auspicabile, inoltre introdurre maggiori tutele per le donne. È fondamentale adottare misure specifiche per ridurre il gap pensionistico di genere, favorendo la conciliazione tra vita familiare e lavorativa e promuovendo politiche attive per le donne. E infine come argomento da sempre citato e mai affrontato in maniera adeguata sarebbe utile una maggiore e più efficace lotta all’evasione fiscale. Più risorse a disposizione dello Stato significano maggiori possibilità di investire nel welfare e nelle pensioni.
INSTAGRAM.COM/LACITY_MAGAZINE
Società
OnlyFans: negli USA class action e chat false. Frode o gioco delle illusioni? Noi l’avevamo già detto…succede anche in Italia
Migliaia di abbonati OnlyFans hanno intentato due class action – in California e in Illinois – contro OnlyFans. Ma anche in Italia il giochino delle finte chat ormai è scoperto.
Migliaia di utenti di OnlyFans hanno avviato due class action negli USA, accusando la piattaforma di frode. Gli utenti lamentano di essere stati ingannati. Le risposte in chat non verrebbero dalle modelle, ma da “chatters” assunti, spesso uomini, o casalinghe, incaricati di simulare conversazioni hot. Le modelle produrrebbero solo i contenuti video, mentre flirt e messaggi sarebbero delegati a terzi in vari Paesi. La piattaforma si dichiara estranea alla gestione dei chatters, ma gli abbonati sono in rivolta. E perché?
L’illusione dell’intimità digitale: come OnlyFans sfrutta i chatters
Perché gli utenti hanno scoperto che non stanno effettivamente chattando con le modelle che seguono. A rispondere alle loro richieste in chat in realtà, come abbiamo già pubblicato in precedenti articoli, non sarebbero le influencer, bensì persone esterne (spesso uomini) assunte per flirtare, rispondere ai messaggi e mantenere vivo l’interesse degli abbonati. Le class action, intentate negli Stati Uniti, accusano la piattaforma di un “inganno sistemico” volto a mantenere gli abbonati convinti di stare interagendo con le loro creator preferite.
C’è un uomo che risponde a un altro uomo di cui conosce le pruderie
Nella realtà, invece, la gestione delle chat viene delegata ad aziende e agenzie specializzate, dislocate in Paesi dove il costo della manodopera è più basso. Chatters seguono copioni e strategie prestabilite per mantenere l’illusione di un’interazione reale, un sistema reso noto anche grazie a interviste di ex-chatters che descrivono il lavoro come “interpretare” le modelle.
L’inganno tra realtà e finzione
La piattaforma nega ogni coinvolgimento nella gestione di chatters, sostenendo di non essere responsabile delle scelte organizzative delle agenzie di supporto assunte dai creator stessi. La piattaforma si limita a ospitare i contenuti e trattiene il 20% dei guadagni. Questa dinamica solleva una questione fondamentale: quanto è realistico aspettarsi che creator con milioni di fan possano gestire tutte le interazioni in modo personale? La logica di business delle piattaforme spinge verso la delega, un po’ come avviene per le grandi star che usano social media manager. Tuttavia, molti abbonati si sentono traditi, ritenendo di essere stati indotti a pagare per un’attenzione “personalizzata” che, di fatto, non è autentica.
Per evitare delusioni, chi vuole interazioni dirette può optare per i video personalizzati, che offrono una maggiore garanzia che sia il creator originale a rispondere. Questo caso di class action sottolinea come il settore dell’intrattenimento virtuale, tra chat pre-impostate e contenuti automatizzati, stia spingendo il limite della realtà e dell’autenticità, facendo riflettere sulla sottile linea tra spettacolo e inganno.
Società
Dilaga il fenomeno dei licenziamenti ad personam fatti via mail o via Quit-Tok
Dilaga il fenomeno dei licenziamenti ad personam fatti va mail o via Quit Tok
I licenziamenti sono sempre difficili da superare. Non vanno giù facilmente. Sembrano dei soprusi. Delle ingiustizie. Soprattutto per la Generazione Z.
I licenziamenti sono sempre difficili da superare. Non vanno giù facilmente. Sembrano dei soprusi. Delle ingiustizie. Soprattutto per la Generazione Z.
La nuova moda per i ragazzi che vengono licenziati è di prendersi una rivincita attraverso i social. Ovvero pubblicare il momento in cui vengono cacciati per dimostrare il loro disappunto verso l’azienda. E soprattutto mettere in guardia i proprie coetanei sui modi utilizzati dalla stessa per darti il ben servizio. Ma i capi del personale si stanno facendo furbi. Ovvero hanno iniziato a licenziare via mail. La reputazione è salva.
Mi licenzi? Lo racconto sui social
Per i ragazzi della Generazione Z il licenziamento va visto non più come un evento di cui vergognarsi. Tutt’altro. Può diventare una bandiera. Un episodio importante da condividere a volte anche su uno dei social più diffusi come Tik Tok. Secondo una inchiesta effettuata dal quotidiano britannico Financial Times si tratterebbe di un vero e proprio fenomeno: Quit-Tok. Filmati, pubblicati con titoli come “lascia il mio lavoro con me” oppure con l’hashtag #layoffseason, fanno parte di questa tendenza che punta a condividere pubblicamente quella che in altri tempi sarebbe stata una comunicazione privata.
Rendere pubbliche alcune fasi della propria vita lavorativa
Le dimissioni pubbliche sono diventate un successo virale. Fa audience, crea follower. Inoltre molti giovani manifestano la loro insoddisfazione rispetto al proprio incarico e alcune incongruenze dell’organizzazione o dei settori a cui sono stati assegnati. Secondo l’indagine del FT tra i video postati nell’ultimo giorno di lavoro quelle che usano di più questo tipo di comunicazione sono le ragazze. Con le lacrime agli occhi si riprendono dopo aver appena letto una mail in cui il capo informa che si è stati licenziati oppure che ci si sta dimettendo dal proprio ruolo.
Ma i manager si stanno facendo furbi
I lavoratori che realizzano le clip si filmano durante le videochiamate e i manager dall’altra parte non sanno di essere registrati. Molti sono all’interno del luogo di lavoro. Una clip di nove secondi, riportato nell’inchiesta del FT, mostra un ristorante McDonald’s vuoto, presumibilmente dopo che tutti i dipendenti sono stati licenziati in massa. Naturalmente il rischio che i dipendenti possano essere contestati per riprese nascoste esiste. Ma la maggior parte degli utenti di TikTok non sembra preoccuparsene. Non teme azioni legali della propria azienda. Ribattono che è utile mostrare risposte personali, spesso emotive, per mostrare la loro “autenticità” e magari esorcizzare ansia e stress. E i primi effetti di questa nuova moda si stanno già facendo sentire soprattutto nelle aziende tecnologiche.
E le Risorse Umane vanno al contrattacco
Sia i responsabili delle risorse umane che i dirigenti aziendali, ma anche avvocati specializzati in diritto del lavoro e le società di ricollocamento non amano diventare il bersaglio di un TikTok virale. Per questo si stanno organizzando per evitare le brutte figure e cadere in tranelli che possono mettere in dubbio la propria reputazione. Per questo utilizzano sempre più spesso la mail o gli sms. Sarà corretto?
Cosa dicono gli avvocati di Quit-Tok
Secondo lo studio legale Toffoletto De Luca Tamajo la pratica di licenziare il dipendente utilizzando un sms, un social o via mail è legittimo. Per il licenziamento notificato via mail la Corte di Cassazione ha spiegato che il requisito della comunicazione per iscritto del licenziamento deve ritenersi assolto “con qualunque modalità che comporti la trasmissione al destinatario del documento scritto nella sua materialità”. Quindi anche mediante invio di una e-mail.
Nel caso dell’uso di WhatsApp il Tribunale di Catania ha stabilito che il messaggio WhatsApp è un documento informatico imputato con certezza al datore di lavoro e dal quale “discende l’inequivoca volontà di licenziare comunicata efficacemente al dipendente.” Nel caso di un sms la Corte d’Appello di Firenze ha ritenuto lo strumento formalmente legittimo per la notifica del licenziamento. Naturalmente in tutti i casi il dipendente può impugnare il licenziamento e fare ricorso nelle sedi competenti.
Società
Le conigliette tornano a casa? Cooper Hefner tenta il grande ritorno
il marchio Playboy conserva ancora un grande fascino. Cooper Hefner, figlio del fondatore, sta tentando di rilanciare il marchio, ma la strada è ancora lunga.
Chi l’avrebbe mai detto? Le mitiche conigliette potrebbero presto tornare a far palpitare i cuori. Cooper Hefner, figlio del leggendario fondatore di Playboy, Hugh Hefner, ha infatti lanciato un’offerta da 100 milioni di dollari per riportare il marchio di famiglia sotto la sua ala protettiva. Insomma lo vuole riportare in famiglia…Ma chi glielo fa fare?
Un’icona in cerca di rinascita
I motivi della scelta di Hefner junior sono diversi. Playboy, un tempo simbolo di libertà sessuale e di un certo modo di vivere, ha vissuto anni d’oro, ma l’avvento di internet e la concorrenza sempre più agguerrita l’hanno messo a dura prova. La società, quotata in borsa nel 2021, ha visto le sue azioni crollare vertiginosamente, accumulando un debito di 200 milioni di dollari. Quindi in realtà si sta acquistando una testata che ha già dei debiti.
Ma questo affare va oltre il denaro
E’ naturale quindi che per Cooper Hefner, questa non è solo una semplice operazione finanziaria. “È una grande azienda americana e un grande marchio americano, al di là del mio legame personale“, ha dichiarato. L’erede del fondatore vuole riportare Playboy ai fasti di un tempo, puntando su nuove partnership mediatiche e sfruttando il fascino intramontabile del marchio. Ecco diciamo che si è reso conto che il valore del marchio è rimasto intatto e può diventare un simbolo anche per altre operazioni sia editoriali sia di altro tipo. Quindi è partita la scalata.
Un pezzo della nostra storia
Fondata da Hugh Hefner nel 1953, Playboy è stata più di una semplice rivista erotica. È stata un simbolo di rivoluzione sessuale, un punto di riferimento culturale e un trampolino di lancio per scrittori, attori e modelli. La rivista ha contribuito a cambiare il modo di pensare della società, sfidando tabù e preconcetti. Riuscirà Cooper Hefner nel suo intento di riportare Playboy al successo? È ancora presto per dirlo. L’offerta di 100 milioni di dollari è sicuramente ambiziosa, ma dovrà fare i conti con una concorrenza agguerrita e con un mercato mediatico in continua evoluzione.
Perché investire su Playboy? Perché è molto più di una semplice rivista
Playboy è un marchio iconico riconosciuto in tutto il mondo, con un valore storico e culturale inestimabile. Nonostante gli anni conserva ancora un seguito fedele di appassionati. Bisogna anche tenere conto che il mondo dei media è in continua evoluzione, e Playboy può sfruttare nuove piattaforme e format per raggiungere un pubblico ancora più ampio. La testata è stata un vero e proprio fenomeno culturale che ha influenzato la società, la moda, il costume e persino la politica. Hefner senior era un giovane ambizioso con una visione chiara. Aveva lanciato Playboy con l’obiettivo di creare una rivista che fosse molto sofisticata, intellettuale e, allo stesso tempo, provocatoria. Le prime pagine di Playboy erano un mix di fotografie sensuali, interviste a personaggi famosi, articoli di attualità e racconti.
Hugh Hefner: un genio controverso
Del resto Hugh Hefner è stato una figura molto controversa e intrigante. Per anni ha vissuto nella sua famosa Playboy Mansion, presto diventata un’icona di un certo stile di vita, caratterizzato dal lusso, dalle feste e dalle belle donne. Hefner è stato un visionario che ha saputo anticipare i trend culturali. Ha creato un impero mediatico partendo da quasi nulla, e ha sfidato le convenzioni sociali dell’epoca. Nonostante questo è stato spesso criticato per aver oggettificato le donne e per aver contribuito a diffondere stereotipi sessisti. Le sue feste e il suo stile di vita sono stati oggetto di numerose polemiche.
Erano gli anni della rivoluzione sessuale
Playboy era diventata un simbolo della rivoluzione sessuale degli anni ’60 e ’70. La rivista ha sfidato le convenzioni sociali, promuovendo una visione più aperta e tollerante della sessualità. Le famose “conigliette” di Playboy sono diventate icone di bellezza e sensualità, e la rivista ha contribuito a normalizzare la rappresentazione del corpo femminile. Nel corso degli anni, Playboy si è trasformato in un vero e proprio impero mediatico, con televisioni, radio, club e persino un parco a tema. La rivista ha ospitato scrittori del calibro di Truman Capote e Vladimir Nabokov, e ha lanciato le carriere di attori come Marilyn Monroe. A partire dagli anni ’90 la rivista ha iniziato a risentire della concorrenza del web e di altre forme di intrattenimento. La diffusione di internet ha reso più facile accedere a contenuti erotici, erodendo la base di lettori della rivista. Inoltre, la società è diventata più aperta e tollerante nei confronti della sessualità, rendendo meno necessario un prodotto come Playboy.
Perché Playboy ha chiuso? Le ragioni del suo declino
A decretarne il declino e la sua chiusura ci hanno pensato i siti porno che hanno reso più facile accedere a contenuti erotici gratuitamente, erodendo la base di lettori della rivista. A questo vanno aggiunti anche i debiti. La società ha accumulato debiti e ha faticato a rimanere competitiva in un mercato in continua evoluzione.
-
Cronaca Nera3 mesi fa
Bossetti è innocente? Ecco tutti i lati deboli dell’accusa
-
Gossip8 mesi fa
Elisabetta Canalis, che Sex bomb! è suo il primo topless del 2024 (GALLERY SENZA CENSURA!)
-
Speciale Olimpiadi 20243 mesi fa
Fact checking su Imane Khelif, la pugile al centro delle polemiche. Davvero è trans?
-
Moda e modi3 mesi fa
L’estate senza trucco di Belén Rodriguez
-
Sport3 mesi fa
Tra le medaglie di Tokyo e quelle che verranno
-
Cronaca5 mesi fa
Big Mac non è più solo McDonald’s: persa l’esclusiva sul marchio!
-
Gossip5 mesi fa
È crisi tra Stefano Rosso e Francesca Chillemi? Colpa di Can?
-
Speciale Grande Fratello1 mese fa
Shaila del Grande Fratello: balzi da “Gatta” nei programmi Mediaset