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Società

Pregare con l’App: è boom dopo il ricovero di Papa Francesco

Da quando il Papa è ricoverato in ospedale molti fedeli hanno scoperto le speciali App per pregare insieme ad altri credenti. Un fenomeno in crescita.

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    Il ricovero di Papa Francesco al Policlinico Gemelli di Roma ha scatenato un’ondata di preghiere online e un boom di App dedicate alla preghiera. Secondo i dati di Google Trends, ricerche come “Rosario online“, “Rosario per il Papa oggi” e “Preghiera per Papa Francesco” hanno registrato un’impennata nelle ultime settimane, con picchi significativi il 24 febbraio, giorno in cui è iniziata una maratona di preghiera a Piazza San Pietro.

    Le App di rosari hanno visto una crescita esponenziale, con alcune come “Rosario di Hozana” che hanno scalato oltre cento posizioni in classifica nel mese di febbraio. Anche su YouTube, la parola “rosario” ha registrato un aumento nelle ricerche, dimostrando come i fedeli si siano adattati ai tempi moderni per mantenere viva la loro devozione.

    Pregare in remoto: era già successo nel periodo del Covid-19

    Questo fenomeno delle ulrime settimane ricorda il periodo del COVID-19, quando le restrizioni imposte dalla pandemia hanno impedito ai fedeli di recarsi nei luoghi di culto. Durante quel periodo, molte persone tra cui anziani e fedeli costretti in casa, hanno scoperto le App di preghiera come un modo per mantenere la loro spiritualità e partecipare alle celebrazioni religiose da casa.

    Un altarino virtuale

    App, anche non solo per cattolici, come “Laudate” e “Muslim Pro” hanno visto un aumento significativo dei download, offrendo ai fedeli la possibilità di pregare, leggere testi sacri e partecipare a messe virtuali. Molte testimonianze dei fedeli confermano che, sebbene la preghiera in presenza possa essere più intensa, la preghiera online permette di sentirsi parte di una comunità anche a distanza. Suor Maria Grazia di Roma, ad esempio, ha raccontato di aver seguito il rosario in diretta. Ha dovuto rinunciare alle prime due serate di preghiera a San Pietro a causa della pioggia e dell’umidità. “L’ho seguito su Youtube, in diretta, mi sembrava di essere insieme a tutti i fedeli“, ha spiegato.

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      Società

      Cresce il fenomeno Incel: celibi involontari tra crisi della mascolinità e cultura online

      Una subcultura digitale che riflette esclusione, vulnerabilità e dinamiche sociali complesse. Gli Incel e la loro visione mercificata delle relazioni spiegano la crisi delle identità maschili moderne.

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        Il fenomeno degli Incel, acronimo di INvoluntary CELibate (celibe involontario), è una subcultura sociale e digitale che rappresenta uomini eterosessuali che dichiarano di non riuscire ad avere rapporti sentimentali o sessuali con le donne, nonostante il desiderio di averne. Sebbene il fenomeno trovi le sue radici in spazi di condivisione sul web, negli anni è diventato una complessa dinamica sociale e culturale, legata a concetti di sessualità, potere, esclusione e vulnerabilità.

        Tutto è iniziato con Alana

        Il termine nasce negli anni ’90 grazie a una studentessa canadese, Alana. Fu lei a creare un sito per chi si sentiva escluso dal mondo affettivo e sessuale. Originariamente inclusivo, il concetto è stato poi associato quasi esclusivamente a uomini eterosessuali. Questi individui percepiscono la loro condizione di esclusione come il risultato di una società che favorisce uomini “Alpha”. E penalizza quelli che considerano meno attraenti, definiti “Beta”. La visione degli Incel è spesso fatalista e gerarchica, influenzata da interpretazioni deterministiche di biologia e attrazione.

        Quanto pesano i forum Incel

        I forum Incel, come Incel.is o Lookism.net, sono virati e sottoposti a restrizioni. Eppure rappresentato spazi di aggregazione dove gli appartenenti hanno condiviso le loro sofferenze legate a solitudine e bassa autostima. Ma alimentano anche risentimento verso donne e figure maschili percepite come superiori. Qui, la vulnerabilità individuale viene trasformata in un’identità basata su antagonismo e rancore. Forse per questo i siti dedicati sono stati messi fuori gioco.

        Le frustrazioni da isolamento sessuale

        Sul piano psicologico, molti Incel sono giovani con storie di isolamento sociale o esperienze negative. Sebbene non tutti siano portatori di atteggiamenti violenti, questa subcultura può sfociare in ideologie pericolose e, in rari casi, in violenza verbale o fisica. Sociologicamente, il fenomeno riflette una crisi delle mascolinità moderne. In una società neoliberale che richiede successo e forza agli uomini, molti trovano difficoltà a conformarsi a queste aspettative e rifiutano modelli alternativi. La retorica Incel costruisce quindi una narrativa in cui il fallimento relazionale è attribuito a fattori esterni, come femminismo e apparenza fisica!!!

        Le numerose implicazioni culturali

        Il pensiero Incel introduce una visione mercificata delle relazioni, dove sesso e affetto sono percepiti come diritti negati, anziché esperienze reciproche. Questa visione estremizza la competizione relazionale e naturalizza la disuguaglianza, alimentando un clima di frustrazione e alienazione. Comprendere, quindi, il fenomeno Incel significa riconoscere la complessità delle dinamiche dietro la mascolinità ferita e il desiderio frustrato, offrendo strumenti per affrontare le criticità sociali legate a esclusione e vulnerabilità.

        Un po’ di glossario

        Gli Incel utilizzano un lessico specifico per descrivere la loro visione del mondo. Alcuni termini principali sono:

        Chad: il maschio idealmente attraente, percepito come vincente con le donne.

        Stacy: la donna iper-sessualizzata, priva di difficoltà sentimentali.

        Beta male: uomo meno attraente, spesso escluso dal successo relazionale.

        Redpill e Blackpill: teorie che definiscono le dinamiche uomo-donna; la redpill scopre “verità dolorose”. Mentre la blackpill sostiene l’inevitabilità della disuguaglianza basata sull’aspetto fisico.

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          Società

          Volare leggeri: il fascino e le sfide del “flying naked”

          Sempre più viaggiatori scelgono di viaggiare con il minimo indispensabile, abbandonando valigie ingombranti e stress da imbarco. Ma quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa tendenza? E chi può davvero permettersi di viaggiare “nudo”?

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            Negli ultimi anni, una nuova tendenza sta rivoluzionando il modo di viaggiare: il “flying naked“. Nata dalla volontà di semplificare l’esperienza di viaggio e di ridurre al minimo lo stress legato ai bagagli, questa pratica consiste nel partire con pochissimi effetti personali, limitandosi all’essenziale.

            Ma cosa significa realmente “viaggiare nudi” e quali sono le sue implicazioni?

            Il termine “flying naked” è un po’ fuorviante, in quanto non implica necessariamente viaggiare completamente nudi. In realtà, si riferisce alla scelta di viaggiare con un bagaglio a mano molto leggero, o addirittura con un semplice zainetto, contenente solo l’indispensabile: documenti, portafoglio, cellulare, un cambio di vestiti e qualche oggetto personale. Stop, basta, nient’altro. L’obiettivo è quello di ridurre al minimo il peso e il volume dei bagagli, per evitare di dover pagare costi aggiuntivi in aeroporto e per potersi muovere con maggiore libertà durante il viaggio.

            E quali sono i vantaggi del “flying naked”?

            Per prima cosa la maggiore libertà di movimento. Se ci pensate senza il peso dei bagagli, ci si può muovere con maggiore agilità e facilità, esplorando nuove destinazioni senza vincoli.
            Ci vogliamo mettere anche un risparmio economico. Eliminando i costi aggiuntivi per i bagagli in stiva e riducendo le spese per l’acquisto di souvenir, si può risparmiare una considerevole somma di denaro. Se siete degli ecologisti sfegatati bisogna anche mettere in conto tra i vantaggi un minore impatto ambientale. Viaggiando con meno bagagli, si contribuisce a ridurre le emissioni di CO2 legate al trasporto aereo. E per finire una riduzione dello stress. Vuoi mettere… Non dover preoccuparsi di perdere i bagagli o di doverli cercare a lungo all’arrivo all’aeroporto permette di vivere l’esperienza di viaggio in modo più rilassato.

            Svantaggi del “flying naked” ne abbiamo?

            Viaggiare con pochissimi effetti personali può essere limitante, soprattutto per viaggi di lunga durata o per chi ha esigenze particolari (ad esempio, chi viaggia con bambini o chi ha bisogno di portare con sé attrezzatura sportiva). E’ necessario essere dotati di un certo spirito di adattamento. Chi è abituato a viaggiare con molti bagagli potrebbe faticare ad adattarsi a questa nuova modalità di viaggio. Inoltre anche se viaggiare con meno bagagli riduce l’impatto ambientale, l’acquisto di nuovi indumenti durante il viaggio può compensare questo beneficio.

            Il fenomeno sta prendendo piede in tutto il mondo, soprattutto tra i giovani e i viaggiatori più avventurosi. Sono sempre di più i blog e i canali social dedicati a questo tipo di viaggi, dove i viaggiatori condividono le loro esperienze e i loro consigli. Tuttavia, questa pratica non è priva di critiche. Alcuni sostengono che viaggiare con così pochi effetti personali sia un modo per disconnettersi dalla realtà e per sfuggire alle proprie responsabilità. E poi diciamolo il “flying naked” non è per tutti. O forse sì.

            Chi può permettersi di viaggiare “nudo”?

            Il “flying naked” non è adatto a tutti. È una scelta che richiede una certa dose di organizzazione, flessibilità e capacità di adattamento. È particolarmente indicato peri viaggiatori esperti, per chi è abituato a viaggiare spesso e ha già sviluppato una certa esperienza nel gestire i bagagli.
            Per i viaggiatori solitari, per chi viaggia da solo che può permettersi di una maggiore libertà di movimento e può adattare il proprio itinerario in base alle necessità. E’ certo che chi cerca di risparmiare sui costi del viaggio può trovare nel “flying naked” una soluzione interessante.

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              Il calabrese Francesco Caroprese torna nel Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti

              Attuale vicepresidente dell’Ordine lombardo, Caroprese è tra i nuovi membri del Consiglio nazionale. Originario di Belvedere Marittimo, torna a Roma con un bagaglio di esperienza che unisce pratica giornalistica, attività accademica e impegno nella formazione. Superato al ballottaggio il collega Angelo Baiguini.

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                Francesco Caroprese è tra i nuovi eletti nel Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, e per lui si tratta di un ritorno: tra il 2014 e il 2017 aveva già fatto parte dell’assemblea nazionale. La conferma è arrivata al termine di un ballottaggio combattuto, in cui ha raccolto 492 voti, superando il collega lombardo Angelo Baiguini, che si è fermato a 256 preferenze. Un risultato che consolida la fiducia già emersa nel primo turno, dove Caroprese aveva ottenuto 309 voti contro i 209 dello sfidante.

                Attuale vicepresidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, Caroprese vanta un percorso che unisce pratica giornalistica, direzione editoriale, ricerca e formazione. Originario di Belvedere Marittimo, in provincia di Cosenza, è iscritto all’Ordine da oltre vent’anni. Dopo la laurea in Scienze Politiche all’Università Statale di Milano, con una tesi sulle istituzioni afro-asiatiche, ha intrapreso una carriera poliedrica nel mondo della comunicazione.

                Tra i suoi incarichi attuali, figura il ruolo di vicedirettore del quotidiano online “Il Giornale Metropolitano”, oltre alla direzione di Farini9, il periodico della Fondazione Atm di Milano. Ha inoltre guidato testate come Quotidiano Milano e Gazzetta della Lombardia, contribuendo a raccontare cronaca, cultura e attualità con un taglio professionale attento al territorio.

                Dal 2016 Caroprese è anche membro del Comitato Direttivo della Scuola di Giornalismo “Walter Tobagi” dell’Università degli Studi di Milano, a conferma di un impegno costante nella formazione dei nuovi giornalisti. Negli anni ha condotto ricerche sul sistema dei periodici lombardi e sul futuro dell’informazione locale, un ambito da lui sempre considerato fondamentale per la tenuta democratica del Paese.

                Tra il 2015 e il 2016 ha ricoperto la carica di vicepresidente del Circolo della Stampa di Milano, altro snodo importante della vita professionale lombarda.

                Con questo nuovo incarico nel Consiglio nazionale, Francesco Caroprese torna nel cuore delle istituzioni giornalistiche italiane, portando con sé un profilo solido fatto di esperienza, competenza e profonda conoscenza delle dinamiche del giornalismo contemporaneo. Un mandato che si annuncia nel segno della continuità, ma anche dell’ascolto e del rilancio della professione in un momento particolarmente delicato per l’informazione.

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