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Società

Storie di Bingo, più vinti che vincitori: “Lascio la carta a casa, ho già perso 10mila euro”

Illusioni, scaramanzie e alienazione di vincitori e vinti della tombola d’azzardo, rifugio per pensionati prudenti e giocatori compulsivi. «Quando vengo lascio a casa la carta di credito, avevo fatto 10 mila euro di debiti».

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    Illusioni, scaramanzie e alienazione dominano la sala bingo di viale Zara a Milano, ma potrebbe essere una sala Bingo di qualsiasi parte del mondo. Un rifugio di pensionati e giocatori compulsivi. Mentre alcuni cercano di limitare i danni, altri affondano nelle sabbie mobili dell’azzardo, sperando nella prossima vincita che non arriva mai.

    Il tempo sembra non esistere e così ti frega…

    Nella sala bingo la luce dei neon illumina i giocatori assorti sulle cartelle, mentre la litania dei numeri chiamati si ripete incessante. Finestre non ce ne sono, e che fuori sia mattina o sera, dentro non conta perché la scena rimane invariata. L’adrenalina sale con ogni numero estratto, ma solo uno griderà “Bingo!”, lasciando gli altri a leccarsi le ferite.

    Cartelle, contanti e superstizioni

    Nel cuore del gioco, i numeri magici sono tutto. I giocatori si muovono in un rituale quasi automatico, evitando di sedersi senza una cartella tra le mani, perché il regolamento lo vieta. Le superstizioni sono sempre presenti, C’è chi usa solo i propri pennarelli personali, chi segue specifiche routine prima di ogni partita. I pagamenti sono esclusivamente in contanti e l’alcol scorre poco, sostituito da caffè e sigarette, necessari per rimanere vigili durante le estrazioni.

    Le storie dietro i giocatori

    Le storie personali che si intrecciano in queste sale sono spesso tristi. Per esempio Antonio, 75 anni, è uno dei veterani della sala di viale Zara di Milano. Ma di Antonio se ne possono trovare ovunque più o meno della stessa età. Dopo aver accumulato 10.000 euro di debiti con slot e casinò, ora tenta di tenere sotto controllo la sua dipendenza, giocando con moderazione. Maria Giovanna, 55 anni, invece, è caduta nella spirale dell’azzardo dopo una vincita iniziale che le ha cambiato la vita in peggio. Spende fino a 400 euro in una sola sessione, sperando di recuperare, ma la realtà è ben diversa. Non recupera mai.

    Più perdenti che vincitori

    A prima vista potrebbe sembrare innocuo. In realtà è una trappola per molti. Le vincite sono rare e modeste, mentre le perdite si accumulano facilmente. Il montepremi, spesso allettante, non basta a cambiare le sorti dei giocatori che sperano disperatamente di coprire le spese.

    L’illusione del gioco

    Mentre la sala chiude, i giocatori si allontanano lentamente, alcuni con le tasche vuote, altri con qualche moneta che andrà spesa al chiosco dei panini all’uscita. Ma per tutti, l’illusione della prossima grande vittoria resta viva. “Anche oggi si vince domani“, si dicono, pronti a tornare ancora una volta in sala.

      Lifestyle

      I manager della felicità: i professionisti che combattono lo stress in azienda

      Molte aziende stanno implementando percorsi di welfare e introducendo una nuova figura professionale: il Chief Happiness Officer (CHO), o manager della felicità.

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        Essere felici al lavoro sembra un’utopia, soprattutto in Italia dove solo il 41% dei lavoratori dichiara di “star bene” secondo il report GallupState of the Global Workplace”. In Italia, il 46% dei lavoratori prova stress e il 25% tristezza, percentuali superiori alla media europea. Questo ha portato a un aumento delle denunce di malattia professionale, con 22.620 casi protocollati dall’Inail nel primo trimestre del 2024, un incremento del 24,5% rispetto al 2023.

        Anche in Italia arriva il Chief Happiness Officer

        In risposta, molte aziende stanno implementando percorsi di welfare e introducendo una nuova figura professionale: il Chief Happiness Officer (CHO), o manager della felicità. Anche se non è una figura istituzionale, esiste una certificazione presso la 2bHappy Agency, fondata da Veruschka Gennari e Daniela Di Ciaccio. Attualmente, in Italia ci sono circa 400 CHO certificati. Gennari e Di Ciaccio sono state invitate dall’Onu a Ginevra nel 2016 per contribuire all’elaborazione dell’Happiness Index.

        Una serata al mese si cucina tutti insieme

        Eleonora D’Alessandri è una marketing manager presso Cda, una società friulana con 80 dipendenti che gestisce distributori automatici. Laureata in scienza delle comunicazioni, ha ottenuto la certificazione di CHO e ha iniziato a trasformare la vita aziendale. Come? Motivando un collega prossimo alla pensione proponendogli il ruolo di mentore per i nuovi assunti. Inoltre ha organizzato la “Vinars Pizza“, una serata mensile dove i colleghi cucinano insieme. Un successo.

        Protagonisti del proprio lavoro

        Francesca Zecca ha abbandonato il mondo delle multinazionali per fondare con suo marito Progetto Ed, un’azienda che si occupa della progettazione e installazione di ferramenti. Con 20 dipendenti, l’azienda promuove una leadership diffusa dove le persone si sentono protagoniste del proprio lavoro. Questo approccio valorizza i talenti dei dipendenti, migliorando sia la soddisfazione che la produttività.

        Team building e una cassetta dove segnalare le azioni positive dei colleghi

        Giorgia Cordella lavora nel settore delle risorse umane per una compagnia alberghiera che gestisce due hotel con 75 dipendenti. Dopo il Covid, ha riorganizzato il lavoro per creare un ambiente più felice, introducendo incontri di team building e una cassetta per segnalare le azioni positive dei colleghi. Questo ha migliorato il morale dei dipendenti e la soddisfazione degli ospiti.

        Discutere giocando

        Enrico Benassuti, noto come “Ben”, è direttore vendite e formatore in Axera Spa. La sua certificazione di CHO ha avuto un impatto positivo sull’ambiente lavorativo. Ha introdotto momenti di aggregazione tra commerciali e tecnici, promuovendo discussioni in un contesto giocoso e aumentando i profitti aziendali. Inoltre, organizza incontri mensili per discutere di intelligenza emotiva e comunicazione.

        L’introduzione dei CHO potrebbe davvero essere un primo passo imporrante per contribuire a creare ambienti di lavoro più armoniosi. Ma soprattutto valorizzare i talenti dei dipendenti, migliorando il benessere complessivo in azienda. E magari anche i profitti…

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          Società

          Più velocità per i neopatentati? Cosa dice il nuovo Codice della Strada

          Il nuovo Codice della strada intende aumentare la sicurezza stradale tra i neopatentati estendendo le restrizioni temporali e aumentando i limiti di potenza dei veicoli, semplificando al contempo il quadro normativo per una maggiore chiarezza e applicabilità.

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            La riforma del Codice della strada in arrivo prevede significative modifiche ai limiti di potenza dei veicoli consentiti ai neopatentati. Inoltre estende la durata delle restrizioni da uno a tre anni. Rimangono invariate invece le disposizioni relative alla guida in stato di ebbrezza e ai limiti di velocità.

            La prima auto non si scorda mai

            Il nuovo disegno di legge, attualmente in esame al Senato per l’approvazione definitiva dopo il via libera della Camera, introduce cambiamenti per i conducenti con meno di tre anni di esperienza, senza specificare chiaramente la definizione di “neopatentato”. Attualmente, chi ha conseguito la patente di categoria B non può guidare veicoli con una potenza specifica superiore a 55 kw/t nei primi 12 mesi, con un massimo di 70 kw per i veicoli di categoria M1 (destinati al trasporto di persone). Per le auto elettriche, il limite è di 65 kw/t, includendo il peso della batteria.

            Ma ci sono alcune eccezioni

            Alcune restrizioni non si applicano a chi si esercita con il “foglio rosa”. Non valgono per veicoli al servizio di persone diversamente abili, se queste sono presenti nel veicolo. Sono esclusi anche i casi in cui un istruttore di età inferiore a 65 anni, con almeno dieci anni di patente o con una patente di categoria superiore, accompagna il neopatentato.

            La riforma semplifica e modifica sostanzialmente il limite di potenza specifica che aumenterà a 75 kw/t, il limite massimo di potenza per i veicoli della categoria M1 che sarà di 105 kw/t. Inoltre la durata del vincolo passerà da uno a tre anni. Le deroghe attuali, come la presenza di un istruttore, verranno abrogate e integrate nella nuova norma generale.

            Quali sono le motivazioni della riforma

            La riforma mira a ridurre gli incidenti stradali tra i giovani neopatentati, una delle principali cause di morte per la fascia d’età 5-29 anni in Italia. Secondo i dati Istat del 2022, il 64% degli incidenti nella fascia d’età 18-24 anni ha provocato la morte del guidatore o del passeggero, contro il 44% della popolazione complessiva.

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              Lifestyle

              Basta non ce la faccio più, ti lascio! Anzi no, lasciami tu…

              Riconoscere i segnali di disagio in una coppia e affrontarli con una comunicazione aperta e costruttiva può aiutare a invertire la rotta e migliorare la salute della relazione. Adottare buone pratiche di ascolto e risoluzione dei conflitti, insieme a una maggiore consapevolezza emotiva, può rafforzare la connessione di coppia e promuovere la longevità della relazione.

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                Basta ti lascio. Anzi no. Ci sono diversi campanelli d’allarme per capire se una coppia inizia a vacillare. Non se ne può più l’uno dell’altra e viceversa. Ci si irrita per poco, si alza la voce, si vuole avere ragione a tutti i costi e non si ha voglia di cambiare il proprio punto di vista. La prospettiva. E soprattutto vengono a mancare quei minimi gesti di rispetto e accoglienza l’uno per l’altra. Abbiamo selezionato quattro campanelli d’allarme che devono insospettire entrambi i partner sul vero andamento della relazione sentimentale.

                Vicini, ma lontani

                Un segnale importante dello stato di salute della coppia è l’intimità emotiva, ovvero la capacità di sentirsi profondamente connessi con il partner. Quando questa connessione si incrina, si crea una barriera invisibile che separa i partner, portando a una comunicazione ridotta e meno significativa. Le emozioni e i sentimenti diventano privati, riducendo la vitalità della relazione. Per migliorare l’intimità emotiva, è essenziale ascoltare se stessi e il partner, prestando attenzione anche al linguaggio non verbale. Osservare quei piccoli gesti quotidiani aiuta la comprensione.

                Incontro-scontro

                La frequenza e la natura dei conflitti sono un altro indicatore del benessere di coppia. Se i litigi si concentrano sempre sugli stessi argomenti e servono come valvola di sfogo, è un segnale di stress cronico e disconnessione emotiva. Affrontare i conflitti in modo costruttivo e cercare soluzioni insieme può aiutare a interrompere il circolo vizioso, promuovendo la crescita della coppia e migliorando la comunicazione. La parola magica è accoglienza.

                Forme di evitamento

                Il silenzio e l’evitamento sono segnali che indicano disagio nella relazione. Evitare conversazioni difficili può portare a un dialogo interiore frenetico e a sentimenti di rabbia o risentimento non espressi. Non chiedere scusa o non prendersi la responsabilità delle proprie mancanze lascia ferite aperte e mina la fiducia reciproca. Affrontare direttamente i problemi e chiedere scusa quando necessario è fondamentale per mantenere una relazione sana. Chiedere scusa è davvero magico per abbassare la tensione.

                Attacchi a tutto campo

                Commenti svalutanti, risposte sarcastiche e negazione del punto di vista del partner sono segnali evidenti di un problema. Frasi generalizzanti e il “brown bagging”, ovvero elencare una lunga serie di rimostranze, possono erodere la fiducia e la sicurezza emotiva. L’aggressione emotiva può essere difficile da riconoscere ma è essenziale comunicare chiaramente come ci si sente e stabilire confini rispettosi. Se l’aggressione persiste, potrebbe essere necessario valutare se la relazione è sana e soddisfacente. In certi casi potrebbe essere utile rivolgersi a psicoterapeuti specializzati in relazioni di coppia.

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