Tech
Purificatori di aria, un moderno abitare sano e pulito
Progettati per filtrare e depurare l’aria, rimuovono particelle inquinanti e agenti patogeni, per mantenere un ambiente domestico sano e confortevole. Vediamo come funzionano.

L’inquinamento atmosferico e la qualità dell’aria interna sono diventati preoccupazioni significative, i purificatori d’aria sono emersi come una soluzione indispensabile per migliorare la qualità della vita all’interno delle nostre case. Questi dispositivi avanzati non solo filtrano l’aria, rimuovendo polvere, allergeni e agenti inquinanti, ma possono anche contribuire a ridurre i sintomi di allergie, migliorare il benessere generale e creare un ambiente domestico più salubre.
Come funzionano i purificatori d’aria?
La tecnologia dei purificatori d’aria ha compiuto significativi progressi, integrando filtri HEPA, carbone attivo, ionizzatori e altre innovazioni capaci di catturare polveri sottili, batteri, virus e sostanze chimiche nocive. Oltre a ridurre i rischi di allergie e malattie respiratorie, i purificatori d’aria contribuiscono a migliorare la qualità del sonno, a ridurre i cattivi odori e a promuovere una sensazione generale di freschezza e vitalità.
Filtri HEPA (High-Efficiency Particulate Air)
Sono costituiti da una maglia di fibre molto sottili che catturano particelle di dimensioni microscopiche, inclusi polvere, pollini, spore di muffa e peli di animali. L’aria viene aspirata attraverso il filtro, dove le particelle in sospensione vengono intrappolate, permettendo il passaggio di aria pulita.
Filtri a Carbone Attivo
Filtri che contengono carbone trattato per avere una superficie porosa estremamente ampia. Assorbono odori e sostanze chimiche presenti nell’aria, come fumi di cottura e composti organici volatili (COV).
Ionizzatori
Dispositivi che emettono ioni negativi nell’aria.Gli ioni negativi si attaccano alle particelle inquinanti, che poi si aggregano e si depositano su superfici, da dove possono essere facilmente pulite.
Tecnologia UV-C
Lampade UV-C che emettono luce ultravioletta ad alta intensità.La luce UV-C distrugge i microorganismi come batteri e virus, disattivandone il DNA e impedendone la replicazione.
Sensori di Qualità dell’Aria: Alcuni modelli monitorano la qualità dell’aria in tempo reale e regolano automaticamente la potenza di filtrazione.
Funzioni Smart: Connessione Wi-Fi e controllo tramite app per una gestione più comoda. Manutenzione e Costi Operativi. Verifica la frequenza di sostituzione dei filtri e il costo degli stessi per un’idea chiara dei costi operativi a lungo termine.
Manutenzione e cura
Controlla e pulisci i filtri secondo le istruzioni del produttore. Alcuni filtri sono lavabili, mentre altri devono essere sostituiti periodicamente. Pulisci l’unità esterna per evitare l’accumulo di polvere. I filtri HEPA generalmente durano da 6 mesi a un anno, mentre quelli a carbone attivo potrebbero durare da 3 a 6 mesi, a seconda dell’uso.
Come scegliere quello giusto per casa nostra
Scegli un purificatore adatto alla metratura della stanza. I modelli con maggiore capacità di filtrazione sono ideali per stanze più grandi. Considera dove hai scelto tu di collocarlo per garantire una circolazione dell’aria ottimale.
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Lifestyle
Care zanzare questa estate vi eviterò con l’ipertermia
Si chiama Heat it Pro e sarebbe l’ultimo ritrovato per evitare le punture di zanzare. più che evitare bisognerebbe dire alleviare il prurito che ne deriva. Sta spopolando su Kickstarter piattaforma americana che recupera e fornisce finanziamenti collettivi per progetti creativi.

Si chiama Heat it Pro ed è l’ultimo ritrovato per evitare le punture di zanzare. più che evitare bisognerebbe dire alleviare il prurito che ne deriva. Sta spopolando su Kickstarter piattaforma americana che recupera e fornisce finanziamenti collettivi per progetti creativi. Una specie di crowdfunding che finora ha finanziato diversi tipi di imprese. Dai film indipendenti ai videogiochi, da spettacoli teatrali all’edizione di fumetti, dal giornalismo alla domotica e all’high tech. Heat it Pro è un dispositivo che promette di alleviare rapidamente il prurito e il dolore delle punture di insetti applicando calore attraverso una chiavetta che si ricarica con lo smartphone.
Cos’è Heat it Pro?
E’ una chiavetta che si collega alla porta di ricarica dello smartphone, disponibile sia in versione USB-C per Android che con connettore Lightning per iPhone (dal modello 6s al 14, con una versione per iPhone 15 in arrivo). Questo dispositivo, assemblato interamente a Karlsruhe, in Germania, utilizza il calore generato dallo smartphone per fornire sollievo dalle punture di zanzare, api, vespe, tafani e altri insetti simili.
Come funziona?
Si inserisce la chiavetta nella porta di ricarica dello smartphone. Quindi si apre l’applicazione dedicata e si selezionano le opzioni desiderate. La durata del trattamento (4, 7 o 9 secondi), l’intensità del calore (adatto per bambini o adulti), la tipologia della pelle sensibile. Dopo aver impostato le preferenze, il dispositivo inizia a pre-riscaldarsi. Una volta pronto, applica la chiavetta direttamente sulla puntura per il tempo selezionato. La temperatura raggiunta durante il trattamento varia tra i 47 e i 52 gradi Celsius che equivalgono gli stessi gradi centigradi.
Ma come funzione il principio dell’ipertermia
L’applicazione di calore intenso per pochi secondi agisce direttamente sui nervi della zona cutanea colpita, impedendo loro di trasmettere al cervello gli stimoli del prurito. Questo metodo è supportato da studi scientifici pubblicati dall’azienda, che ne dimostrano l’efficacia.
Quali sono i principali vantaggi
E’ facile da trasportare e utilizzabile ovunque. Adatto a tutti è sicuro per bambini dai quattro anni in su. Utilizza un processo rapido e senza complicazioni e rappresenta una soluzione immediata per alleviare le punture di insetti. Si connette alla porta dello smartphone, si collega a un’app e in pochi secondi promette di dare sollievo contro le punture di insetto. Come? Applicando calore.
Tech
Smartwatch per bambini: moda o vera utilità?
Geolocalizzazione, chiamate rapide, foto, giochi e perfino chat: gli smartwatch per bambini promettono sicurezza e divertimento. Ma siamo sicuri che sia la scelta giusta per loro e per noi?

Piccoli, colorati e pieni di funzioni: sono gli smartwatch pensati per i più piccoli, oggetti che ormai campeggiano nelle vetrine di elettronica e sotto l’albero di Natale. I genitori li amano per il GPS e le chiamate rapide, i bambini li vogliono per le foto, i giochi e la sensazione di essere grandi. Ma sono davvero utili o solo un altro gadget tecnologico precoce?
Da un lato c’è l’aspetto sicurezza. Questi dispositivi permettono ai genitori di sapere dove si trovano i figli in ogni momento, di chiamarli con un clic, di impostare zone sicure con avvisi automatici in caso di allontanamento. In alcuni modelli è persino presente un tasto SOS per emergenze.
Dall’altro lato ci sono i dubbi: abituare i bambini alla tecnologia troppo presto li rende più dipendenti dagli schermi? Non è un modo per controllarli costantemente, togliendo spazio all’autonomia e alla fiducia?
Molti pediatri e psicologi infantili sottolineano che il problema non è lo strumento in sé, ma l’uso che se ne fa. «Se serve a creare un ponte tra genitori e figli, va bene. Se diventa un guinzaglio digitale, allora meglio ripensarci», spiega la dottoressa Francesca Galassi, neuropsichiatra.
Altro tema: la privacy. Anche se i dati dei bambini sono teoricamente protetti da normative specifiche, spesso queste app si appoggiano a server esteri con policy poco chiare. E poi ci sono le distrazioni: chat, videogame e fotocamere possono trasformare lo smartwatch in un altro schermo da cui è difficile staccarsi.
La verità, come spesso accade, sta nel mezzo. Sì agli smartwatch se usati con consapevolezza, no se diventano una scusa per delegare alla tecnologia la nostra presenza.
Per i più piccoli, forse, il regalo migliore resta il tempo passato insieme.
Tech
L’algoritmo ti vede (anche quando dormi): come l’intelligenza artificiale sta cambiando la nostra quotidianità
Svegliarti al momento giusto, consigliarti cosa indossare, prevedere il tuo umore, scriverti una mail. L’intelligenza artificiale non è una novità: è già ovunque, spesso invisibile. Eppure, non abbiamo ancora imparato a riconoscerla, né a farle le domande giuste.

Suona la sveglia alle 6:47. Non le 6:45, non le 6:50. Ma esattamente alle 6:47. Perché secondo l’AI che gestisce il tuo ciclo REM, quello è il momento migliore per svegliarti senza sentirti un cadavere ambulante. Appena apri gli occhi, Alexa ti informa che oggi ci sarà sole fino alle 14 e che ti conviene indossare qualcosa di leggero. Intanto il frigorifero ha già ordinato il latte e la tua playlist del mattino è stata scelta da un algoritmo che analizza il battito cardiaco del sonno.
Benvenuti nel 2025, dove l’intelligenza artificiale non è più un’invenzione da film, ma una presenza silenziosa e continua. Non solo nei laboratori di ricerca o nei chatbot aziendali: ma nei nostri letti, nei nostri armadi, nelle nostre chat. E no, non è una teoria del complotto. È la nuova normalità.
Il punto è che l’AI non è più un software: è un’infrastruttura. Decide quali contenuti ci vengono mostrati, con chi parliamo di più, quanto tempo passiamo a fissare uno schermo. Fa da filtro, da suggeritore, da interprete del nostro comportamento. A volte ci conosce meglio di chi ci dorme accanto.
Nel mondo del lavoro, per esempio, è già lei a fare il primo screening dei curriculum. Negli ospedali legge le radiografie più velocemente dei medici. Nei supermercati suggerisce cosa comprare in base alla dispensa. Alcune AI ora vengono usate anche nei tribunali americani per valutare la probabilità di recidiva di un imputato. Ogni giorno un pezzetto di vita viene delegato. O automatizzato.
Eppure, continuiamo a pensare che l’intelligenza artificiale sia qualcosa di lontano, di tecnico, di specialistico. In realtà, è una tecnologia emotiva: sa quando sei stanco, quando sei stressato, quando potresti cliccare su una pubblicità. Ti suggerisce, ti previene, ti addestra.
Il rischio più grande non è che l’AI ci controlli. È che lo faccia senza che ce ne accorgiamo. Perché il vero potere oggi non è sapere tutto di te. È sapere di più di quello che tu stesso sai.
E mentre aspettiamo auto che si guidano da sole e maggiordomi robot, non ci accorgiamo che già oggi l’algoritmo sa come ci sentiamo prima ancora che lo capiamo. Non serve temerla. Ma almeno, guardarla in faccia sì.
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