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Cocktail & Wine

Vino e formaggi super gusto per il palato. Ma come abbinarli? Ecco il parere dell’esperto

Il perfetto abbinamento tra vino e formaggio è un’arte che richiede di considerare attentamente le caratteristiche di entrambi. Cristian Maitan, miglior sommelier d’Italia 2023, ci offre otto accostamenti che esaltano i sapori e gli aromi sia del formaggio che del vino. Ecco i suoi consigli.

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    Cristian Maitan, miglior sommelier d’Italia 2023, suggerisce gli otto accostamenti vincenti tra vino e formaggi per riuscire a ottenere un sapore unico. E soprattutto dare soddisfazione al nostro palato. Del resto azzeccare il perfetto abbinamento tra vino e formaggio è un’arte con cui fare i conti. Bisogna considerare attentamente le caratteristiche di entrambi. Senza che l’uno sovrasti l’altro. Gli otto accostamenti proposti di seguito esaltano i sapori e gli aromi sia del formaggio che del vino.

    Cosa scegliere con i formaggi freschi

    Con la ricotta e i formaggi freschi delicati il migliore vino da abbinare è il Pinot Bianco. Le note di mela, pera e agrumi del Pinot Bianco, infatti, si armonizzano con il gusto lattiginoso e delicato dei formaggi freschi.

    Quando i freschi sono più caratterizzati

    Con Burrata e mozzarella di bufala, va d’incanto un Prosecco o un vino bianco fresco e leggero. Il Prosecco, con la sua freschezza e leggerezza, non sovrasta il gusto delicato di questi formaggi, creando un equilibrio perfetto.

    Cosa scegliere per accompagnare gli erborinati

    Con un Roquefort il sommelier consiglia un Riesling Trockenbeerenauslese. Il contrasto tra il gusto corposo e speziato del formaggio erborinato e la dolcezza e persistenza del Riesling crea un abbinamento armonioso. E con un Brie? E’ consigliabile uno Chardonnay. Le caratteristiche fruttate e leggere dello Chardonnay esaltano il gusto raffinato ed elegante del Brie.
    Se invece abbiamo un Groviera o Gruviera dovremmo virare verso un Sauvignon
    con una impronta aromatica che si abbina perfettamente alla varietà di sapori del Groviera, a seconda della stagionatura. Con Gouda, Maitan non ha esitazioni. Va molto bene un Merlot vino che, con le sue note di frutti rossi maturi e spezie dolci, riesce esalta il sapore cremoso e delicato del Gouda.

    Come comportarsi con formaggi dal gusto deciso

    Con una scheggia di Cheddar la scelta cade su un robusto Cabernet Sauvignon. I sentori di frutti rossi, spezie e tannini robusti di questo vino creano un equilibrio armonioso con la complessità del Cheddar. Per un Parmigiano stagionato, invece, si punta sul classico come un Amarone o un Chianti Riserva. Tutti e due sono cosiddetti vini strutturati. L’Amarone o un Chianti Riserva di dieci anni si sposano perfettamente con la struttura e il carattere del formaggio molto saporito.

    Chi si assomiglia si piglia

    Se vogliamo essere certi che l’abbinamento deciso darà i suoi frutti enogastronomici bisogna tenere sempre presente che formaggi stagionati e saporiti si abbinano bene con vini altrettanto forti. Formaggi dolci e delicati, invece, vanno d’accordo con vini che non coprano il loro sapore.

    Quegli opposti che si attraggono

    E i formaggi cremosi e grassi? Ricordarsi che l’abbinamento dovrebbe tendere verso vini acidi o tannici. Con i formaggi erborinati intensi si abbinano di più i vini dolci. Il tutto per esaltare al meglio l’intrinseca armonia tra vino e formaggio, rendendo ogni ogni degustazione un’esperienza memorabile.

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      La rinascita dell’assenzio: la “fata verde” torna a incantare l’Europa

      Dopo un secolo di divieti e leggende nere, il liquore amato da Manet e Wilde torna di moda nei locali di tutto il mondo. Ecco perché l’assenzio è tornato a far parlare di sé (e come gustarlo al meglio).

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        C’è una nuova vecchia ossessione nei bar europei: si chiama assenzio e promette di riportare in auge miti e rituali dimenticati. Un anno fa sembrava solo un trend di nicchia, ma oggi la “fata verde” – come la chiamavano i poeti maledetti e i pittori impressionisti – è tornata a infestare banconi e scaffali di mezza Europa. Il motivo? Un mix letale di fascino storico, storytelling irresistibile e un mercato globale che, secondo gli analisti, raggiungerà i 44,3 miliardi di dollari entro il 2026.

        Perché l’assenzio conquista di nuovo?

        Dopo quasi un secolo di demonizzazione, oggi l’assenzio ha un volto glamour e misterioso, che lo rende irresistibile per bartender e clienti. È un distillato potentissimo – spesso sopra i 70 gradi – a base di assenzio maggiore, anice verde e finocchio. Ma più che l’effetto dell’alcol, è il mito che fa scuola: bere assenzio significa evocare l’atmosfera bohémienne della Parigi ottocentesca, immaginarsi tra le ombre dei caffè frequentati da artisti come Manet, Degas o Toulouse-Lautrec. Oppure camminare fianco a fianco con Oscar Wilde o Baudelaire nei viali notturni.

        Il mito della “fata verde”

        L’assenzio nasce come medicamento già nell’antico Egitto, ma è tra il XVIII e XIX secolo che diventa leggenda, grazie al medico francese Pierre Ordinaire e successivamente a Pernod Fils, che lo commercializza in tutta Europa. È qui che nasce la “fata verde”, la creatura immaginaria che – si diceva – apparisse a chi beveva troppo assenzio. Non era solo una questione di alcol, ma anche di tuione, un composto presente nell’artemisia, accusato (ingiustamente) di provocare allucinazioni e follia.

        A inizio ‘900 l’assenzio fu bandito in mezza Europa, complice il famigerato “caso Lanfray” in Svizzera: un contadino alcolizzato uccise la famiglia dopo aver bevuto – tra le altre cose – due bicchieri di assenzio. Morale: la “fata verde” venne accusata di omicidio e bandita dalle leggi di mezzo mondo. Francia, Belgio, USA e altri Paesi seguirono l’onda proibizionista, condannando l’assenzio all’oblio.

        Ma non è finita qui.

        Il ritorno della “fata verde”

        A cavallo tra anni ‘80 e ‘90, la normativa europea sull’alimentazione rese di nuovo legale l’assenzio, purché con basse quantità di tuione. E da quel momento l’interesse è tornato a crescere, trainato da bartender affascinati dalle sue storie noir e dalla crescente voglia di esperienze vintage nei locali. Non più solo un drink, ma un rito: dalle bottiglie artigianali agli accessori storici come il classico cucchiaio da assenzio e le zolle di zucchero flambé.

        Come si beve davvero l’assenzio?

        Dimenticate gli shot alla goliardica: l’assenzio va degustato con un rituale che richiama i café parigini. Versato nel bicchiere, viene filtrato lentamente con acqua ghiacciata che scioglie lo zucchero posto sopra al classico cucchiaio forato. Il risultato è una miscela lattiginosa e aromatica che attenua l’impatto dell’alcol e sprigiona tutte le sue note di erbe e anice.

        Per chi ama i cocktail, l’assenzio è il protagonista del Sazerac, un twist dell’Old Fashioned nato a New Orleans, dove la “fata verde” profuma il bicchiere prima dell’arrivo del whiskey.

        Una moda pronta a esplodere?

        I numeri parlano chiaro: l’assenzio è in forte ascesa nei trend del beverage, soprattutto tra i giovani che cercano storie e tradizioni da raccontare mentre sorseggiano qualcosa di diverso. Dai bar speakeasy di Berlino alle terrazze di Parigi, la rinascita della “fata verde” è ormai un dato di fatto.

        E anche se non regala davvero visioni o follie, l’assenzio continua a far sognare chi ama immergersi nell’atmosfera decadente della Belle Époque.

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          La nuova moda dei locali dove si beve solo analcolico

          Atipico: il bar di Settimo Torinese che rivoluziona il concetto di aperitivo Nientealcol, solo cocktail alternativi. Ecco come Davide Piastra ha trasformato la sua attività in un successo senza alcol.

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            «Vorremmo due Negroni», «Qui non li facciamo, non serviamo alcol ma abbiamo dei cocktail alternativi». Questo è l’incipit di una storia unica: quella di Atipico, il bar inaugurato da Davide Piastra a Settimo Torinese, dove l’alcol è bandito. In un’epoca dove i temperance bar stanno prendendo piede all’estero, Piastra ha deciso di portare questo concetto in Italia, rivoluzionando l’approccio al bere. Ma dietro questa scelta non c’è solo innovazione, c’è anche una profonda fede e una storia di imprenditorialità.

            La scelta di eliminare l’alcol

            Davide Piastra, insieme ai suoi collaboratori, ha deciso di abbandonare i superalcolici a favore di cocktail rivisitati con vini, prosecchi e liquori dealcolati. «Non posso fare del male a me e agli altri. Dare dell’alcol significa danneggiare l’altro e chi gli sta intorno», spiega Piastra, che nel 2019 si è convertito all’Islam. Da qui è iniziato il suo percorso verso un locale completamente alcohol-free, una rarità in Italia.

            Un progetto di innovazione

            Il percorso di Davide nel mondo della ristorazione inizia oltre vent’anni fa. Dopo anni di lavoro con cocktail ad alta gradazione, ha deciso di fare un cambio radicale. «Quando oggi propongo questo prodotto so cosa bevevi prima e cosa ti sto dando adesso», dice con sicurezza. I cocktail di Atipico, fatti con prodotti dealcolati, offrono un’esplosione di sapori che l’alcol solitamente copre. La ricerca continua di ingredienti e lo studio per migliorare le bevande sono alla base del successo del bar.

            L’importanza della fede

            Per Davide, la scelta di non servire alcol è anche una questione di fede. Dopo la sua conversione all’Islam, ha sentito il bisogno di allineare il suo lavoro ai suoi principi. «Non c’è un obbligo religioso in tal senso, ma se si ha la possibilità economica di farlo, i musulmani che vendono alcol dovrebbero togliersi da questo sistema», spiega.

            Un target nuovo e fedele

            Atipico ha già conquistato una clientela fissa, composta principalmente da donne dai 35 anni in su, donne incinte e persone della terza età. «Il nostro target sono le signore dai 35 anni in su, donne incinte e amiche che fanno parte di quella cerchia», racconta Piastra. Il locale offre un luogo dove si può fare aperitivo senza il rischio di eccessi alcolici.

            Una nuova visione dell’aperitivo

            La filosofia di Atipico è chiara: offrire qualcosa di diverso senza obbligare nessuno. «Noi, in ogni caso, non avvisiamo prima i clienti della nostra eccezionalità, siamo qui per proporre, non vogliamo costringere nessuno», conclude Davide. E così, tra cocktail senza alcol e un’atmosfera accogliente, Atipico sta lentamente rivoluzionando il concetto di aperitivo a Settimo Torinese.

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              Vuoi diventare sommelier? Aperte le iscrizioni al corso FISAR di Catanzaro

              Dal 24 marzo 2025, presso il Riva Restaurant di Falerna Marina, parte il corso di primo livello FISAR per sommelier. Un’opportunità per appassionati e futuri esperti del settore, con lezioni su viticoltura, enologia, tecniche di servizio e degustazione. Al termine del percorso, un test finale permetterà di ottenere la certificazione riconosciuta a livello nazionale.

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                Se il vino è la tua passione e vuoi trasformarla in una competenza certificata, ecco l’occasione giusta: sono aperte le iscrizioni al corso di primo livello per sommelier organizzato dalla sede FISAR Catanzaro.

                Le lezioni si terranno nella splendida cornice di Falerna Marina, presso il Riva Restaurant, e prenderanno il via il 24 marzo 2025. Il corso, a numero chiuso, è pensato per chi desidera avvicinarsi in modo serio e strutturato al mondo della sommellerie, acquisendo competenze teoriche e pratiche fondamentali per riconoscere, degustare e servire il vino con professionalità.

                Il percorso prevede 14 moduli di formazione, studiati per offrire una panoramica completa: dalle tecniche di servizio alla viticoltura, dall’enologia alla legislazione di settore, fino a un focus su distillati e birre. Ogni lezione sarà tenuta da esperti del settore, pronti a guidare i partecipanti in un viaggio alla scoperta del vino e della sua cultura, con approfondimenti pratici e degustazioni guidate.

                Al termine del corso, è previsto un test finale per ottenere la certificazione ufficiale FISAR, riconosciuta a livello nazionale. Ma il percorso non si esaurisce qui: il primo livello è solo l’inizio di una formazione più ampia, che permetterà ai partecipanti di accedere ai livelli successivi e perfezionare le proprie competenze, fino a ottenere il titolo di sommelier certificato.

                Che tu voglia farne una carriera o semplicemente accrescere la tua conoscenza del vino, questa è l’occasione perfetta per approfondire la tua passione. Per iscriversi o ricevere maggiori informazioni, basta contattare il Riva Restaurant & Lounge Bar, dove un referente sarà a disposizione per rispondere a ogni domanda e guidarti nel processo di iscrizione.

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