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    Può sembrare una banalità ma è una verità sacrosanta. A dimostrarlo è Giuseppe Taliercio – Il delitto perduto, il nuovo film di Mario Chiavalin ch,e senza bisogno di clamore mediatico o grandi nomi in locandina, ha conquistato il pubblico, riempiendo le sale dove è stato presentato.

    Il pubblico commosso applaude

    Accolto da applausi commossi, il film racconta il rapimento e l’uccisione di Giuseppe Taliercio per mano delle Brigate Rosse, con una potenza visiva che commuove e indigna. La ricostruzione storica, affidata ai talentuosi scenografi Matteo Perico e Domenico Colella, immerge gli spettatori negli anni di piombo, offrendo un viaggio indietro nel tempo carico di emozioni. Un’opera che chi ama la storia e il cinema d’autore non può perdere.

    La trama: una storia di dolore e memoria

    Siamo nel 1981, in uno dei periodi più bui della storia italiana, segnato dal terrorismo delle Brigate Rosse. Giuseppe Taliercio, direttore del petrolchimico Montedison di Porto Marghera, viene rapito dalla “colonna veneta” delle Brigate Rosse. Dopo 46 giorni di prigionia in condizioni disumane, il suo corpo viene ritrovato in un’auto abbandonata vicino alla fabbrica. Il film ripercorre questa tragica vicenda, mettendo in luce le dinamiche politiche e sociali del tempo. Al contempo, invita a riflettere sull’importanza della memoria storica. Senza dimenticare la necessità di non dimenticare mai, perché ricordare significa imparare dal passato per costruire un futuro migliore.

    Un successo che parla di qualità

    La prima del film, diretto da Mario Chiavalin, ha registrato un grande successo in due serate memorabili. La prima il 13 novembre 2024 al Cinema Candiani di Mestre e successivamente il 19 novembre 2024. Con oltre 400 posti esauriti e una lista d’attesa, l’evento ha dimostrato come il pubblico sia profondamente coinvolto da un’opera che affronta temi tanto delicati quanto attuali.

    La figura di Giuseppe Taliercio

    Giuseppe Taliercio fu vittima del terrorismo brigatista in uno dei momenti più drammatici degli anni di piombo. Il suo rapimento, avvenuto il 20 maggio 1981, e la sua tragica morte il 5 luglio dello stesso anno, rappresentano il simbolo di una dignità e di un sacrificio che per troppo tempo sono stati confinati in una memoria di nicchia.

    Una riflessione sulla società del tempo

    Con Giuseppe Taliercio – Il delitto perduto, il regista Mario Chiavalin riporta alla luce questa storia. Intrecciando fatti storici e umanità per offrire una riflessione profonda sulla società del tempo. La coesione sociale creata dai lavoratori, che portarono a una frattura interna nelle Brigate Rosse, è un tema centrale del film, culminando nella fine del terrorismo con il rapimento Dozier.

    Film di grande impatto emotivo

    La pellicola si distingue per la capacità di alternare momenti di tensione a intensi spunti di riflessione, senza mai cadere nel sensazionalismo. La regia di Chiavalin, unita a una sceneggiatura impeccabile e a una fotografia suggestiva, immerge lo spettatore nel clima di quegli anni difficili. Particolarmente apprezzata la scelta di raccontare il rapimento e la prigionia di Taliercio con immagini potenti e dialoghi essenziali, che conferiscono al film un’intensità unica, capace di lasciare senza fiato.

    Le parole che toccano il cuore

    Un momento particolarmente emozionante è stato quello della lettura della lettera della vedova del Questore Alfredo Albanese, vittima del terrorismo. La lettera, letta dal giornalista Adriano Favaro, ha sottolineato l’importanza di raccontare con verità e dignità gli anni di piombo:

    “Questo film ricorda non solo la vittima, ma anche la persona, con la sua vita e i suoi affetti. È un’occasione per dare voce a chi ha subito la violenza terroristica, affinché la memoria possa generare giustizia.”

    Le parole della vedova hanno toccato profondamente il pubblico, richiamando la necessità di preservare la memoria storica per le generazioni future.

    Un’eredità di dignità e coraggio

    Durante la serata, il figlio di Giuseppe Taliercio, Cesare, ha condiviso il messaggio centrale lasciato da suo padre:

    “Non ci si deve fermare alla commozione, ma riflettere su come l’abbracciare un’ideologia senza giudizio critico possa portare a negare l’umanità del prossimo. Questa è la lezione di mio padre: mettere sempre al centro l’uomo e la sua dignità.”

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      Cinema

      Valerio Mastandrea e il legame con Paola Cortellesi: un’amicizia sincera dopo l’amore

      Attore, regista e doppiatore, Valerio Mastrandrea si racconta in una nuova intervista, parlando della sua carriera, della sensibilità crescente che lo porta a commuoversi facilmente e del rapporto speciale con la sua ex Paola Cortellesi. Tra aneddoti divertenti e riflessioni personali, svela anche il retroscena di un episodio controverso avvenuto ai David di Donatello.

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        Valerio Mastandrea è uno dei volti più amati del cinema italiano. Con un talento poliedrico che spazia dalla recitazione alla regia, ha costruito una carriera solida e apprezzata. Ospite di Stories su Sky Tg24, l’attore si è aperto su aspetti personali e professionali, raccontando aneddoti e momenti significativi della sua vita.

        “Oggi piango per ogni cosa”: la sensibilità di Mastandrea

        Durante l’intervista, Mastandrea ha confessato di essere diventato molto più sensibile con il passare degli anni:

        “Ultimamente piango un po’ per qualsiasi cosa, e penso anche che quell’esperienza del pianto e della commozione sia sempre una porta che si chiude e una porta che si apre, non relativamente alla cosa che ha innescato il pianto, ma proprio per aver cominciato ad aprire il portone.”

        Una riflessione profonda che mette in luce il lato più emotivo dell’attore, mostrando come le esperienze della vita possano influenzare la percezione delle emozioni.

        Il rapporto con Paola dopo la fine della loro relazione d’amore

        Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi sono stati una coppia per diversi anni, condividendo non solo la vita privata ma anche una profonda sintonia artistica. Nonostante la fine della loro relazione sentimentale, il legame tra i due è rimasto solido. L’attore ha dichiarato:

        “Paola è un atomo impazzito con le sembianze da essere umano. È una persona a cui voglio un bene dell’anima e con cui mi diverto sempre tantissimo.”

        Parole che non fanno altro che confermare come la loro amicizia sia ancora oggi fonte di affetto e stima reciproca.

        L’ironia su Zerocalcare e il successo di Strappare lungo i bordi

        Oltre a parlare di temi più personali, Mastandrea ha anche lanciato una simpatica frecciata a Zerocalcare. L’attore, che ha doppiato l’Armadillo nella serie Strappare lungo i bordi, ha scherzato sul successo ottenuto grazie a questa collaborazione:

        “Quello non ce l’ha la coscienza, è evidente. È la persona di cui parlo peggio in pubblico, dato che grazie a lui la gente mi saluta dicendo ‘buon doppiaggio’. Quindi 33 anni di carriera buttati per il grande successo ottenuto da questo impostore, con cui però, purtroppo, mi diverto davvero tanto.”

        Un’uscita ironica che dimostra il suo spirito sarcastico e l’affetto per il fumettista romano.

        Il caso Paolo Ruffini ai David di Donatello: “Era ironia, non mi capirono”

        Tra gli episodi più discussi della carriera di Mastandrea c’è il momento ai David di Donatello 2014, quando sul palco si rese protagonista di uno scambio pungente con Paolo Ruffini. Nel podcast Supernova di Alessandro Cattelan, Mastandrea ha finalmente chiarito l’episodio:

        “Sono contento che mi dai la possibilità di spiegare. Avevo lavorato con Paolo nel 2010. Paolo è uno che sta allo scherzo. Io dovevo consegnare un premio. Arrivo dentro e inizio a giocare come gioco io e lui ci sta subito. Non è scemo. Iniziamo a giocare e evidentemente io dico quello che la gente voleva dirgli. La gente in sala si è messa a ridere con una violenza, con una rabbia. Io non mi sono accorto di niente. Il giorno dopo leggo quella roba, proseguita negli anni. Ogni volta che lo incontro, non dico che gli chiedo scusa ma quasi. Noi giocavamo.”

        Questa spiegazione mette fine alle polemiche, dimostrando come tutto fosse nato da un semplice gioco tra colleghi.

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          Cinema

          Preparatevi a vedere Matt Damon nei panni dell’omerico Ulisse: appuntamento al 2026

          L’attesissimo adattamento cinematografico dell’Odissea di Omero, diretto da Christopher Nolan, ha ufficialmente iniziato le riprese in Sicilia. Il cast stellare include Matt Damon nel ruolo di Ulisse, affiancato da Zendaya, Tom Holland, Anne Hathaway e Charlize Theron. Le prime immagini dal set a Favignana mostrano la straordinaria trasformazione fisica di Damon, suscitando grande curiosità tra fan e appassionati di cinema.

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            Christopher Nolan torna dietro la macchina da presa con The Odyssey, un progetto ambizioso dal cast stellare che porterà sul grande schermo il celebre poema epico di Omero. Tra i protagonisti spicca Matt Damon, scelto per interpretare Ulisse, l’eroe astuto e coraggioso del mito greco. Accanto a lui, un cast d’eccezione: Anne Hathaway nel ruolo di Penelope; Tom Holland nei panni di Telemaco; Zendaya che interpreterà Calipso; Lupita Nyong’o nei panni di Circe, Charlize Theron e Robert Pattinson. L’attesa per il film è già alle stelle, grazie anche alla reputazione di Nolan per la sua capacità di reinventare grandi storie con uno stile visivo unico.

            Le prime immagini di Matt Damon nei panni di Ulisse

            La prima foto dal set, che ha iniziato a circolare sui social, mostra un Matt Damon irriconoscibile: muscoli scolpiti, lunga barba e un look decisamente epico. L’attore, noto per il suo impegno nelle trasformazioni fisiche per i ruoli cinematografici, appare in perfetta forma per vestire i panni dell’eroe omerico. L’immagine di Damon a petto nudo ha immediatamente catturato l’attenzione dei fan, aumentando l’hype intorno alla pellicola. La sua interpretazione di Ulisse si preannuncia intensa e carismatica, in linea con il carattere complesso del personaggio.

            Le riprese a Favignana: un set naturale mozzafiato

            Nolan ha scelto l’isola di Favignana, in Sicilia, come location principale del film. Alcuni dei luoghi più suggestivi dell’arcipelago delle Egadi fanno da sfondo alla storia epica, tra cui: Cala Rossa, Cala Azzurra, Cala del Bue Marino e il Castello di Santa Caterina. Tutte location naturali che contribuiranno a ricreare la magia e il fascino dell’Odissea, rendendo il film ancora più coinvolgente e visivamente straordinario.

            Quando lo vedremo

            Secondo fonti ufficiali, tra cui RaiNews.it, l’uscita di The Odyssey è prevista per luglio 2026. Con un regista del calibro di Nolan e un cast di star internazionali, il film potrebbe diventare uno dei più grandi successi cinematografici degli ultimi anni. L’adattamento dell’Odissea rappresenta una sfida ambiziosa, ma con il talento di Nolan, le spettacolari ambientazioni siciliane e una produzione di altissimo livello, il film di Nolan promette di essere un capolavoro epico destinato a lasciare il segno nella storia del cinema. Preparati a vivere l’epico viaggio di Ulisse come mai prima d’ora!

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              Cinema

              Adriano Celentano e Spike Lee: quando il nonsense diventa cinema

              Adriano Celentano e Spike Lee, due icone di mondi apparentemente lontani, si sono incontrati per discutere di una collaborazione sorprendente: l’inclusione di Prisencolinensinainciusol nella colonna sonora del nuovo film del regista americano, Highest 2 Lowest.

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                Il bizzarro incontro fra i due sarebbe avvenuto lo scorso martedì in gran segreto, almeno stando a quanto ripoirtato dall’agenzia di stampa Adnkronos. Il film, atteso per la primavera e destinato a debuttare in anteprima al Festival di Cannes, è un remake in lingua inglese di High and Low (1963), il celebre thriller poliziesco di Akira Kurosawa.

                Il ritorno del primo rap della storia

                Per chi non lo sapesse, Prisencolinensinainciusol è un pezzo unico nel panorama musicale mondiale. Pubblicato nel 1972, rappresenta un esperimento linguistico e sonoro senza precedenti: un brano cantato in un inglese “inventato”, un finto linguaggio dal groove irresistibile che anticipava di anni il rap e l’hip-hop. Celentano lo scrisse con l’intento di rappresentare l’incomunicabilità della società moderna, eppure la canzone è riuscita a comunicare come poche altre, scalando le classifiche europee e raggiungendo perfino la hit parade americana, dove si piazzò al 70° posto.

                Dal Molleggiato a spike lee: una nuova versione in arrivo

                La notizia più interessante per i fan è che nel film di Spike Lee il brano potrebbe avere una nuova veste. Secondo le prime indiscrezioni, Prisencolinensinainciusol verrà reinterpretato con un nuovo testo in inglese, mantenendo il suo ritmo inconfondibile ma adattandosi alla trama del film. Un’operazione che si preannuncia ambiziosa, considerando che l’essenza stessa del pezzo risiede proprio nel suo nonsense volutamente criptico.

                Un melting pot di culture ed idiomi nel cinema di Lee

                Non sorprende, però, che Spike Lee abbia scelto proprio questo brano. Il regista americano ha sempre amato mescolare culture e linguaggi, rompere gli schemi e utilizzare la musica come veicolo narrativo potente. Prisencolinensinainciusol incarna perfettamente questa filosofia: è un brano che supera i confini linguistici e culturali, proprio come il cinema di Lee.

                L’ennesima conferma della genialità di Celentano

                A distanza di oltre 50 anni dalla sua uscita, Prisencolinensinainciusol dimostra di essere ancora attuale e in grado di stupire. Celentano, con la sua innata capacità di anticipare i tempi, aveva creato un pezzo che oggi trova nuova vita grazie al cinema. Il mondo cambia, il linguaggio evolve, ma la musica – quella vera – rimane senza tempo. Ora resta solo da vedere come Spike Lee riuscirà a far dialogare il suo cinema con la follia geniale di Celentano. Ma se c’è una cosa certa, è che questa collaborazione farà rumore. Anche se, alla fine, non dovesse dire nulla… o forse proprio per questo.

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