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Cinema

Sharon Stone: Tra le luci di Hollywood e i colori della pittura!

Con una carriera cinematografica illustre e una nuova vena artistica da esplorare, Sharon Stone dimostra che il suo talento non conosce limiti. La sua creatività, unita alla sua innata capacità di trasmettere emozioni, la rendono una figura iconica non solo sullo schermo, ma anche sulla tela.

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    Icona del cinema, Sharon Stone è una valida impronta nella storia dello schermo grazie a interpretazioni indimenticabili in film leggendari come “Basic Instinct” di Paul Verhoeven e “Casinò” di Martin Scorsese.

    La sua passione per la pittura
    Ma è durante il lockdown dovuti alla pandemia da Covid-19, ha scoperto una nuova passione che bruciava dentro di lei: la pittura. Iniziando a dipingere freneticamente durante quei momenti di isolamento, Sharon ha riscoperto il potere catartico dell’arte. Ma l’amore per la pittura non è nato durante la pandemia; fin dall’infanzia, ha coltivato questa passione prendendo lezioni da sua zia Vonne. Anche durante i suoi anni all’Università di Edinboro in Pennsylvania, ha approfondito la sua conoscenza artistica.

    Sharon Stones davanti a due suoi recenti dipinti

    Sharon dipingeva con passione, chiedendo 25 dollari per le sue creazioni al fine di sostenere i suoi studi. Oggi, con una carriera consolidata e una fama internazionale, il valore delle sue opere d’arte ha conosciuto un notevole aumento: una singola opera può raggiungere il prezzo di 40.000 dollari.

    Questo non è solo un segno del suo talento artistico, ma anche del suo impegno costante nel coltivare la sua passione per la pittura. Per Sharon Stone, l’arte non è solo un modo per esprimere se stessa, ma anche un’alternativa affascinante alla recitazione, un modo per esplorare nuove forme di espressione creativa e per continuare a stupire il mondo con il suo straordinario talento.

    Ma la ragione principale per cui tra lei e il mondo di Hollywood c’è stato un allontanamento è stato a causa di una emorragia cerebrale avvenuta nel 2001, “Dopo ciò Hollywood mi ha dimenticata. Non interessavo più alla gente” – ha detto Sharon, che ha capito di dover cambiare rotta. “Quando una porta si chiude, devo aprirne un’altra”. Oggi la Stone, oltre a dipingere, si dedica alla stesura del suo secondo libro, un romanzo, dopo l’uscita della sua autobiografia “Il bello di vivere due volte”.

    Credit foto in copertina – Glamour.com US

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      Cinema

      Oltraggio… alla logica: Riccardo Schicchi torna a far parlare di sé, pure da morto

      La nuova edizione di Oltraggio al Pudore, autobiografia del re del porno Riccardo Schicchi, riaccende i riflettori su trent’anni di bluff, amori ungheresi, fantasmi di Moana Pozzi e porno-verità mai svelate. Tra Eva Henger, Cicciolina e i fake su Pacciani, il porno italiano degli anni ’90 non smette di scandalizzare. Riccardo Schicchi fu un visionario? Sicuramente. Un bluffatore? Anche. Un protagonista? Sempre. Ma come ogni mito, è bene leggerlo con spirito critico… e magari con una buona dose di ironia.

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        A trent’anni dalla prima uscita, Oltraggio al Pudore di Riccardo Schicchi torna sugli scaffali in una nuova edizione, rivisitata ma non aggiornata. Prefazione della porno-segretaria Debora Attanasio, postfazione di Eva Henger e tanta nostalgia per un porno italiano che fu più trash che rivoluzionario. Niente inediti, solo la voglia di santificare un uomo che ha “inventato” l’hard italiano, ma che nella seconda parte della sua carriera ha collezionato più scivoloni che successi.

        Cicciolina, Koons e l’ultima notte con Schicchi

        Tra le pagine, Schicchi racconta di Ilona Staller, la sua musa e amante per oltre 10 anni. La loro relazione non monogama finisce quando Cicciolina si innamora dell’artista Jeff Koons e lo sposa. Ma non prima di un’ultima notte di sesso, proprio mentre lei si stava preparando per andare all’altare. Tutto documentato… da lui, ovviamente. Secondo Ilona, invece, fu Schicchi a non voler figli da lei, per paura di “rovinare la fantasia” dei fan. Una lettura inquietante e rivelatrice di quanto marketing e carne potessero fondersi nel personaggio di Cicciolina.

        L’improbabile porno-verità su Moana Pozzi: la versione di Eva

        Eva Henger, altra musa-schicchiana, sgancia la bomba: “Moana non è morta nel 1994. Il 14 settembre telefonò a Riccardo dicendo che stava meglio. È morta dopo, ma ha voluto sparire prima.” Un giallo degno di un film, con Schicchi regista occulto della “morte mediatica” dell’icona Moana Pozzi. E intanto lui, l’8 settembre, la annunciava in arrivo al Mi-Sex… quando secondo la versione ufficiale era già allettata in fin di vita a Lione. Qualcuno mente. Ma chi?

        L’illusione Mercedes Ambrus: la “porno vergine”

        Tra Ilona e Eva, spunta Mercedes Ambrus. Riccardo la promuove come “la vergine del porno”. Una trovata pubblicitaria ai limiti del comico, considerando che – parole sue – “non l’ha nemmeno mai avuta”. Eppure per anni ci ha creduto. O ha finto di crederci. O entrambe.

        Il “bluff a luci rosse” con Gessica e il mostro di Firenze

        Nel declino degli anni ’90, Schicchi tenta il colpo mediatico più assurdo: spinge la spogliarellista Gessica Massaro come amante segreta di Pietro Pacciani, il presunto Mostro di Firenze. Convoca una conferenza stampa, promette un video hard mai esistito e viene ridicolizzato da tutta la stampa. Lui voleva tornare sotto i riflettori, ma finisce nella rubrica del trash. La pornografia diventa buffonata, e Schicchi ne è il protagonista stanco.

        Schicchi e il porno che (non) voleva il futuro

        Con l’arrivo del web, Schicchi si tira indietro. Rifiuta la rivoluzione digitale, resta aggrappato al porno “di una volta” e perde il controllo del suo impero. Le sue ultime produzioni sono grottesche, pasticciate, senza né eros né visione. Un crollo lento ma inesorabile, quello del pioniere che non ha saputo evolversi.M

        ito, bluff o genio del marketing?

        La nuova edizione di Oltraggio al Pudore è il tentativo postumo di riportare Schicchi al centro del dibattito culturale sul porno italiano. Ma a leggerla oggi, la sua vita somiglia più a un romanzo tragicomico che a un’epopea rivoluzionaria.

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          Cinema

          Il prossimo James Bond berrà tequila? Con Alfonso Cuarón potrebbe succedere…

          Il regista premio Oscar Alfonso Cuarón ha confermato le trattative per dirigere il prossimo film della saga di James Bond, ora nelle mani di Amazon MGM. Cosa succede quando l’eleganza britannica incontra la passione latina e se il genio dietro Roma prenderà davvero il timone?

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            Avete letto bene. Il celebre regista messicano Alfonso Cuarón ha rivelato di essere in trattativa per dirigere il prossimo capitolo dell’iconica saga di James Bond! Una notizia che ha scatenato entusiasmo e curiosità tra i fan del franchise. Dopo anni di eleganza british, intrighi internazionali e martini “agitati, non mescolati”, 007 potrebbe finalmente parlare… spagnolo?

            Da Roma a Londra (passando per Città del Messico)

            Cuarón, che non dirige un film dal 2018 — anno in cui ha trionfato agli Oscar con Roma — ha dichiarato:

            “C’è effettivamente questo progetto in discussione e ho il desiderio, se dovesse accadere, di rivisitare questa storia a modo mio”.

            Una dichiarazione che lascia intendere non solo un ritorno alla regia, ma anche un desiderio di reinventare Bond secondo la sua sensibilità cinematografica. E se pensiamo a quanto siano stati rivoluzionari film come Gravity o I figli degli uomini, il risultato potrebbe essere esplosivo.

            Amazon MGM cambia le carte in tavola

            Con l’acquisizione dei diritti della saga da parte di Amazon MGM, l’universo di 007 è pronto per una svolta epocale. I fan si aspettano innovazione, diversità e un tono meno “vecchia scuola”. Cuarón, con la sua visione umana e profonda, potrebbe essere la scelta perfetta per questa nuova era.

            Ma chi sarà il prossimo Bond?

            Ancora nessuna conferma sul volto che interpreterà James Bond, ma con Cuarón alla regia, c’è da aspettarsi un personaggio più sfaccettato, emotivamente complesso e, chissà, magari anche con radici culturali diverse. Un Bond meno freddo e più umano? Potremmo davvero essere di fronte al 007 più rivoluzionario di sempre.

            Uno 007 latinoamericano? Sì, grazie!

            Immagina le sequenze d’azione tra i mercati di Oaxaca, inseguimenti tra le piramidi maya o dialoghi intensi sullo sfondo del Día de los Muertos. Il tocco visivo e narrativo di Cuarón potrebbe arricchire l’universo di Bond con nuove prospettive culturali e visive.

            Il ritorno di un maestro

            Dopo anni di silenzio, Alfonso Cuarón potrebbe tornare dietro la macchina da presa con una delle saghe più amate al mondo. E se il progetto andasse in porto, ci aspetta un Bond mai visto prima: più passionale, più profondo, forse persino più reale.

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              Cinema

              Mel Gibson armato e pericoloso. L’America di Trump gli restituisce pistola, immunità e pure un incarico a Hollywood

              Mel Gibson riabilitato dal Dipartimento di Giustizia Usa: può tornare a possedere armi da fuoco. E Trump lo nomina “inviato speciale” a Hollywood. La cultura della vendetta trumpiana premia chi ha insultato donne, ebrei, neri e gay. E licenzia chi prova a fermare l’assurdo. Benvenuti nel remake distopico della realtà.

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                Mel Gibson può di nuovo imbracciare un’arma. Non in un film, ma nella vita vera. E già questo, se non vi fa venire i brividi, dovrebbe almeno farvi drizzare un sopracciglio. L’attore simbolo dell’ultradestra americana, condannato nel 2011 per violenza domestica, è stato graziato – sì, proprio così – dall’amministrazione Trump, che ha deciso di restituirgli il diritto al possesso d’armi. In un Paese dove una donna su quattro ha subito violenza, e dove ogni tre giorni c’è una strage a colpi di pistola, fa quasi tenerezza pensare che il problema sia la fiction violenta. Qui è la realtà a fare paura.

                Dietro la decisione non c’è solo l’assurdo, ma il metodo. La grazia è arrivata in sordina, inserita in un elenco di “cittadini speciali” selezionati dal Dipartimento della Giustizia. Tra loro, lui: Mel “ti sei meritata i denti rotti” Gibson. Mel “gli ebrei causano tutte le guerre del mondo”. Mel “se parlo con un gay prendo l’Aids”.

                A provare a fermare questa follia ci aveva pensato Elizabeth G. Oyer, procuratrice incaricata dei “pardons”. Ha detto no. Ha detto che armare un uomo condannato per violenza domestica non è solo stupido, è pericoloso. Risultato? Licenziata. Perché l’America di Trump funziona così: se osi opporre il buonsenso alla propaganda, sei fuori.

                Non basta: Trump ha anche nominato Gibson “inviato speciale a Hollywood”, con la missione di monitorare il cinema americano e riferire direttamente alla Casa Bianca. Tradotto: un occhio vigile sulla “fabbrica dei contenuti”, in perfetto stile Sorveglianza e Punizione. Nel suo team ci sono anche Jon Voight e Sylvester Stallone. Una compagnia che sembra uscita da un casting per un cinepanettone distopico: gli ex duri del grande schermo che ora fanno i guardiani ideologici a tempo pieno.

                Facciamo mente locale. Gibson non è stato cancellato per una battuta infelice o un tweet di troppo. È stato travolto da scandali, audio shock, insulti razzisti, sessisti, omofobi, antisemiti. E non in una singola serata brava, ma in un’intera carriera. La Hollywood che oggi si proclama inclusiva e progressista lo aveva messo da parte. Giustamente. Ma si sa, il tempo fa dimenticare. O almeno anestetizza. Specie quando l’onda populista travolge tutto e Mel passa da paria a paladino, da mostro a martire.

                Il colpo di scena peggiore? La Casa Bianca ha chiesto alla Corte Suprema di riesaminare la legge che vieta le armi ai condannati per violenza domestica. Perché evidentemente non basta restituire la pistola a Gibson. Ora bisogna farne un modello. Un’icona reazionaria. Un volto per il secondo emendamento, con in mano un crocefisso, un fucile e magari un microfono per sparare l’ennesima teoria complottista.

                Questa non è Hollywood. È un incubo a occhi aperti. E se Mel Gibson è l’uomo che Trump vuole in prima linea nella sua guerra culturale, allora siamo ufficialmente al punto di non ritorno. Un Paese che arma i violenti e licenzia i giusti è un Paese che ha perso il senso della decenza.

                E no, non è il trailer di Arma Letale 5. È la realtà. E fa molto, molto più paura.

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