Musica
Passata la tempesta Taylor Swift, Milano torna alla noia di sempre
Taylor Swift non mi ha mai convinto, oggi più che mai. Ma – perchè se sei curioso ed attento il “ma” lo devi necessariamente contemplare – il ciclone Switf ha rappresentato per Milano un evento comunque memorabile. Soprattutto per una città come questa, “livida e sprofondata per sua stassa mano” (come cantava Ivano Fossati). Una città letteralmente bloccata dai fan, braccialetti dell’amicizia ovunque, le code per il merchandising ufficiale e tanto altro. Una macchina americana da guerra che non permette sbavature: quasi 50 canzoni per più di tre ore di concerto, con così tanta roba – bella o brutta è un’altra questione – che non ci si crede che la ragazzone abbia solo 35 anni.
Un anno di tour
L’Eras Tour va avanti da un anno, se ne è parlato così tanto che tutti abbiamo l’impressione di conoscerlo, anche se non l’abbiamo visto. L’aria che si è respirata in città è proprio quella dell’evento epocale, unico ed irripetibile, anche se diviso in due sere. Già due giorni prima la città era stata invasa dai fan, riconoscibili dai glitteri e dai sopracitati braccialetti. Al Carrefour di via Torino – furbacchione il direttore – in sottofondo ci sono le sue canzoni mentre fai la spesa, gli stranieri chiedono info su come raggiungere facilmente San Siro. Come si dice… the place to be, almeno per qualche giorno… e per chi ci crede.
Niente è lasciato al caso
Tre ore e passa di show, lei ha solo 35 anni e fa già i concerti come Springsteen. Perché l’Eras Tour è già un celebration tour in piena regola, con così tanta roba che non ci si crede che Taylor sia nata nel 1989. Il concerto è un susseguirsi di cambi di ambientazioni con un ritmo che non lascia spazio a nessuna improvvisazione. Una grande macchina, direbbero alla finale di X Factor. Una grande macchina americana, maestosa, a volte quasi plastica. Non c’è spazio per nulla che non sia stato scritto, provato e riprovato.
Quei furbacchuoni degli americani
Ad un certo punto dello show la Swift si side al pianoforte. La gente inizia a urlare «Taylor, Taylor!», lei si toglie le cuffie e dice «What is that?». Sembra davvero emozionata, stupita. «Grazie. You are just the best, you know that». Gli americani restano sempre dei professionisti delle buone maniere. A un certo punto aggiunge: «Evermore nasce durante il lockdown. Non sapevo quando avremmo potuto cantare questi pezzi dal vivo. Scrivevo e dicevo “chissà se le canterò in uno stadio a Milano». Una captatio benevolentiae in piena regola… e l’audience osannante si pella le mani.
Una dedica specialissima
Il pubblico, ad un certo punto, le dedica un coro sulle note di Sei bellissima di Loredana Bertè: chissà se in questo caso scattano le royalties per gli autori…
Counque sia coi decibel che producono 70.000 persone l’avranno sentito in tutta la città. Lei ferma tutto, toglie gli auricolari: «Grazie. Wow! Nessuno è mai stato così tanto buono con me in tutta la mia vita!». A concero finito centinaia di persone senza biglietto ballano e cantano vicino ai bus dei panini: un fenomeno mediatico che, in tutta franchezza, non si vedeva da un bel po’ in città…