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Si ritira il Beatle che (non) ce l’ha fatta: la sfiga leggendaria di Pete Best

Da primo batterista dei Beatles a leggenda mancata: la storia di Pete Best, l’uomo che ha sfiorato la gloria e l’ha vista scivolare via. Ma alla fine, forse, ha vinto lo stesso.

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    Passato alla storia come “il quinto Beatle” ma non per meriti artistici: Best è il batterista che fu estromesso dai Beatles prima che diventassero davvero i Beatles. Nato a Madras, in India, nel 1941, Best entrò nella band nell’agosto del 1960, suonando con Lennon, McCartney, Harrison e Sutcliffe durante i famigerati concerti ad Amburgo. Era il figlio della proprietaria del Casbah Coffee Club, uno dei primi palcoscenici della band, e sembrava avere il posto assicurato. Ma qualcosa non funzionava.

    Non fece mai spogliatoio con gli altri

    A differenza dei suoi compagni, Pete Best era taciturno, si vestiva in modo più classico e si rifiutò di adottare il look da “Beatle”. Non legò mai davvero con gli altri membri. Secondo alcune fonti, la sua popolarità tra le fan a Liverpool dava fastidio a Lennon e soci. Ma il colpo di grazia arrivò il 6 giugno 1962, quando George Martin, storico produttore, lo giudicò tecnicamente inadeguato. Fu così che il gruppo, con l’approvazione del manager Brian Epstein, scelse Ringo Starr. Il resto è leggenda.

    “Grazie lo stesso”: il ritiro con dignità

    A 82 anni suonati, Pete Best ha annunciato il ritiro dalle scene, salutando con affetto i fan che lo hanno seguito nella sua carriera solista e nella Pete Best Band, fondata con il fratello Roag nel 1988. “Mi sono divertito un mondo”, ha scritto sui social, chiudendo con eleganza una parabola iniziata nell’ombra e terminata con una luce diversa, fatta di stima e rispetto.

    Ombre, riscatto e serenità

    Best ha vissuto anni difficili dopo l’addio ai Beatles: fece causa per diffamazione nel 1969, patteggiando poi privatamente. Lontano dalla musica per due decenni, tornò sul palco nel 1988. Ha sempre ammesso che l’esclusione fu dolorosa, ma ha imparato a farsene una ragione: “Ancora oggi non ne conosco il motivo, ma non mi preoccupa minimamente”. La sua è diventata una figura cult per i fan, simbolo di ciò che poteva essere, ma che, in fondo, è diventato comunque leggenda.

    L’ironia del destino: l’uomo che fece grande Ringo

    Paradossalmente, senza Pete Best non ci sarebbe stato Ringo Starr nei Beatles, e senza Ringo… chissà. Il “batterista mancato” ha ispirato biografie, documentari e riflessioni sul destino e sulla fortuna. La sua vita, pur vissuta nell’ombra del mito, è la dimostrazione che anche le storie tristi possono avere un lieto fine. Con dignità, ironia e un bel po’ di ritmo.

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