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Max Giusti: non è un problema di “politicamente corretto”, fare ridere è una cosa seria

Il comico smonta le lamentele sul politicamente corretto, rispondendo a tono a chi continua a lamentarsi che “non si può più dire niente”. Ospite del podcast Bsmt di Gianluca Gazzoli, il comico ha espresso senza mezzi termini la sua opinione su chi pretende di fare satira con gli stessi schemi di 40 anni fa: “Se il tuo unico modo di far ridere è offendere, forse il problema non è il politicamente corretto, ma la tua creatività.”

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    Inutile rimpiangere i bei tempi passati, quando gag e battute su genere, etnia o orientamento sessuale erano all’ordine del giorno: “Se nel 2025 vuoi ancora far ridere prendendo in giro il colore della pelle o il gusto sessuale di qualcuno, forse è ora di aggiornare il repertorio.” Per lui, la comicità può e deve evolversi, trovando modi intelligenti per divertire senza cadere nella banalità delle offese gratuite.

    Si può dire tutto, basta saperlo fare

    Secondo Giusti, il politicamente corretto non è un limite, ma una sfida per chi vuole davvero far ridere: “Il mondo cambia e con esso il modo di comunicare. Io faccio spettacoli di due ore senza censure e senza che nessuno si offenda. Il segreto? Lavorare di più sui testi e capire il contesto.” Insomma, non è vero che non si può più dire nulla, ma bisogna avere la capacità di trovare modi più intelligenti e contemporanei di raccontare la realtà.

    Al passo coi tempi, senza essere volgare

    Giusti incarna una comicità diretta, intelligente e fortemente radicata nella realtà quotidiana. Il suo stile mescola satira e imitazione, puntando su un’ironia arguta che evita le offese gratuite. Con una grande capacità di adattarsi ai tempi, rifugge dalle battute anacronistiche e abbraccia un umorismo che necessariamente si evolve con la società in costante mutamento. Il suo approccio comico è inclusivo, capace di far ridere senza colpire, dimostrando che la comicità può essere brillante senza essere volgare.

    Il mondo va avanti, la comicità pure

    Il comico conclude con una riflessione su chi si ostina a rifiutare il cambiamento: “Se prima per scrivere un pezzo bastavano tre ore e ora ce ne vogliono dieci, pazienza: è il nostro lavoro. Se non ti evolvi, sei fuori dal mondo. E se sei fuori dal mondo, come fai a raccontarlo con ironia?” Una stoccata chiara e decisa a chi si rifugia nella nostalgia invece di accettare la sfida di un umorismo più intelligente e inclusivo.

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