Personaggi e interviste

Mughini: «Sgarbi? Gli auguri più fraterni. Le nostre liti? Solo sciocchezze»

Liti in tv, spintoni, sedie volanti e diverbi memorabili: tra Mughini e Sgarbi è stato un duello durato decenni. Ma ora che il critico d’arte è ricoverato al Gemelli, è proprio l’amico-nemico Giampiero a tendere la mano

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    «Epiche? Sciocchezze, erano sciocchezze». Giampiero Mughini liquida così, con una punta di tenerezza inattesa, le famose liti in tv con Vittorio Sgarbi. Sedie alzate in diretta, urla, risse verbali e persino uno spintone in pieno Costanzo Show che ancora oggi alimenta le clip sui social. Ma ora che Sgarbi è ricoverato al Gemelli per una crisi depressiva, che rifiuta di mangiare e si è chiuso nel silenzio, Mughini lascia da parte i vecchi duelli e parla da amico.

    «Voglio fargli gli auguri più fraterni», dice. «Tutto sommato, lo considero un amico e tutta la famiglia Sgarbi è a me cara. Ho conosciuto benissimo sua madre, squisita, e sua sorella Elisabetta ha pubblicato un mio libro su Trieste che non voleva nessuno, poiché tutti sono analfabeti e non sanno cos’è stata Trieste».

    A spiegare il momento buio di Vittorio è difficile, ma Mughini ha un’idea: «La trovo possibile, perché Vittorio gioca pesante con la sua vita, così come con la cultura, con l’intelligenza, con la sua energia. Ricordo una volta che andai a cena da lui a Ro Ferrarese: la cena era finita alle undici di sera, lui mi propose di uscire. Io ero stanco morto, ma per lui iniziava, di notte, un’altra giornata».

    Il carattere esplosivo di Sgarbi ha inevitabilmente alimentato le famose scaramucce televisive tra i due. «Io gli scatti d’ira non li ho mai avuti, lui sì. Per forza ci ho discusso, non ne potevo fare a meno, ma parlare di liti è troppo. Abbiamo avuto diverbi. Per me, finiti in quell’istante preciso, perché di Vittorio ho stima assoluta».

    Sgarbi, in una puntata di Stasera Italia, tentò addirittura di colpirlo con una sedia. «Una sedia? Non me lo ricordo», taglia corto Mughini. E lo storico spintone? «Non lo spinsi. Mi stava venendo addosso, mi alzai e lui cadde per il mio solo spostamento d’aria», dice con l’ironia di chi ha fatto pace con il passato.

    E aggiunge: «Le cose che contano quando pensi a qualcuno sono altre. Pensi alle scelte di Vittorio: quando, in Italia, gli intellettuali potevano essere solo di sinistra, e lui non lo era, stava fra gli abietti, i puzzolenti. Ha avuto coraggio. Però, Vittorio non ha la misura delle cose. Pensa che far chiasso lo renda noto, ma non lo rende noto per i suoi libri, che sono pregevoli. Io avrei voluto leggerne di più, ma l’arte non è l’argomento in cui sono più ferrato e non si può leggere tutto».

    Fuori dagli studi televisivi, il loro rapporto è sempre stato normale. «Quando Federico Zeri lo accusò di avergli rubato un libro, scrissi un articolo per dire che non ci credevo».

    Cosa gli servirebbe ora per uscire dalla crisi? Mughini sospira: «Non è facile dirlo, perché Vittorio si nutre dell’eccesso. Io ho avuto una crisi depressiva, non è piacevole. Ne sono uscito un po’ con le pillole e un po’ mettendoci del mio. Ma come posso consigliare a uno come lui di abituarsi al fatto che le cose hanno una misura?».

    E poi c’è quella storia dei falsi quadri, che – secondo Mughini – non deve averlo aiutato affatto. Ma in fondo, quello che resta oggi è un augurio sincero. Da nemico-amico. O meglio, da avversario di pensiero, ma mai di cuore.

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