Speciale Festival di Sanremo 2025
Bresh: «Sanremo o lo scudetto del Genoa? Scelgo il Grifone, ma all’Ariston porto un pezzo di Genova»
Il rapper debutta a Sanremo con La tana del granchio e omaggia la sua città duettando con Cristiano De André nella serata delle cover.
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Bresh non è uno di quei rapper che sbandierano successo e lusso. No, Andrea Brasi, nato a Lavagna nel 1996, ha un’anima più profonda, radicata nella sua terra e nei vicoli di Genova. Porta la città dentro ogni rima, ogni nota, e al Festival di Sanremo 2025 porterà La tana del granchio, un brano che racconta le emozioni forti e sfuggenti, quelle che si fatica a spiegare a parole. «È una canzone ubriaca, un po’ come certe serate in cui ti perdi nei ricordi e non sai nemmeno come ci sei arrivato», dice lui con il suo sorriso aperto e disarmante.
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Non è la prima volta che Bresh calca il palco dell’Ariston: nel 2023 è stato ospite nella serata delle cover insieme a Emma. Ma quest’anno la storia è diversa. Adesso è uno dei protagonisti della gara, uno di quei nomi che, partiti dal mondo del rap, hanno saputo contaminarsi con sonorità diverse, rompendo i confini di genere. Ligure fino al midollo, tifosissimo del Genoa («Il Genoa non è calcio, è un rito che condivido con gli altri»), Bresh canta l’amicizia, l’amore e le piccole cose, alternando riferimenti pop e citazioni poetiche, come solo lui sa fare. E a Sanremo porterà anche un pezzo di Genova nella serata delle cover, duettando con Cristiano De André sulle note di Crêuza de mä. «Cantare quel pezzo con lui è un sogno. È un omaggio a Faber e alla nostra terra, al nostro mare e ai muri di Genova.»
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Mentre racconta di Sanremo, del Genoa e del suo percorso musicale, Bresh ci regala uno spaccato autentico della sua vita: un viaggio tra musica, ricordi e desideri ancora da inseguire.
Sanremo o lo scudetto del Genoa: cosa preferiresti?
«Domanda complicata, ma direi lo scudetto del Genoa. Io sono genoano nel midollo, è una fede che va oltre il calcio. Ma ammetto che essere in gara a Sanremo è un sogno che si avvera. Vedremo se riuscirò a portare fortuna a entrambe le cose!»
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Cosa significa per te il Genoa?
«È qualcosa che va oltre il calcio, esiste a livello metafisico. Non sono un grande esperto di schemi e tattiche, ma il Genoa per me è un rito, un momento da condividere con gli altri. È una passione che mi riporta all’infanzia, quando andavo allo stadio con mio padre e facevo anche le trasferte. Era il nostro momento, qualcosa che sentivamo nostro, nonostante le sconfitte fuori casa fossero un po’ troppe!»
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In Guasto d’amore, parli del Genoa senza nominarlo mai. Come mai questa scelta?
«Volevo raccontare il sentimento, non la squadra di calcio in sé. Guasto d’amore è una canzone d’amore vera, e sarebbe stato troppo banale inserire “Genoa” nel testo. Chi la canta allo stadio sa benissimo di cosa parla, non servono spiegazioni. È un pezzo che appartiene ai tifosi, più che a me. Io voglio viverlo come uno di loro, non come il cantante che l’ha scritta.»
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Parlando di Sanremo, come suona La tana del granchio con l’orchestra?
«È un pezzo molto particolare, ma l’orchestra gli dà un’anima ancora più forte. Ci sono tanti archi, è un brano che si presta perfettamente a un’esecuzione orchestrale. Durante le prove l’ho sentito crescere, prendere forma. Credo che funzionerà anche sul palco. Speriamo, almeno!»
Nella serata delle cover canterai Crêuza de mä con Cristiano De André. Come nasce questa scelta?
«È un omaggio a Genova e a Faber. Crêuza de mä è un capolavoro senza tempo, e cantarla con Cristiano è un onore enorme. È un modo per celebrare la nostra terra e far conoscere la sua bellezza anche a chi non la conosce così bene.»
Hai detto che i tuoi amici Tedua e Izi credevano nel tuo talento più di quanto lo facessi tu. Pensi che il tuo momento sia arrivato grazie a Guasto d’amore?
«Sì, credo che Guasto d’amore sia stata una svolta importante. Senza quella canzone, magari ci sarebbe voluto più tempo, ma non avrei mai smesso di fare musica. È stata una magia, qualcosa di più grande di me. Non voglio pensare di essere arrivato. Mi piace l’idea di essere sempre in cammino, con ancora tanta strada davanti.»
Sei religioso?
«Sì, credo, anche se non mi riconosco completamente nella tradizione cattolica. Ho fatto la comunione e la cresima, ma negli anni ho sentito il bisogno di qualcosa di più personale e intimo, che sia più in sintonia con il mio modo di vedere la spiritualità.»
E con la politica?
«Diciamo che il mio rapporto con la politica è cambiato nel tempo. Ho avuto una fase in cui la seguivo con grande interesse, anche se non sono mai stato militante. Col passare degli anni, il mio lavoro mi ha portato a distaccarmi un po’. Ora mi informo, ma con meno costanza, perché in parte credo di aver sostituito quell’attenzione con la ricerca artistica.»
C’è un artista con cui ti piacerebbe duettare in futuro?
«Marracash o Fabri Fibra, senza dubbio. Sono due artisti che rispetto tantissimo. Sarebbe un sogno poter collaborare con loro.»
Per concludere, che messaggio vuoi lasciare al pubblico di Sanremo?
«Di vivere il momento. Ogni esperienza, anche la più grande, va goduta a pieno. Spero di trasmettere un po’ di quello che provo attraverso la mia musica. E magari di portare un po’ di Genova sul palco dell’Ariston.»
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Speciale Festival di Sanremo 2025
Sanremo 2025, i cachet di Carlo Conti, co-conduttori e cantanti: chi è il più pagato?
Carlo Conti, direttore artistico e conduttore, è il più pagato con un cachet da 500.000 euro. I co-conduttori riceveranno circa 25.000 euro a testa, mentre ai cantanti spetta un rimborso spese di 53.000 euro per l’intero progetto artistico.
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Curiosità e cifre da capogiro si intrecciano dietro le quinte del Festival di Sanremo 2025. Con il cast ormai definito, l’attenzione si sposta sui compensi dei protagonisti della kermesse musicale più seguita d’Italia. Il più pagato, ovviamente, sarà Carlo Conti, che torna sul palco dell’Ariston non solo come conduttore, ma anche come direttore artistico. Il suo cachet si aggira intorno ai 500.000 euro, una cifra che comprende il lavoro svolto nei mesi precedenti al Festival. Un compenso in linea con quelli percepiti nelle edizioni da lui condotte tra il 2015 e il 2017, quando i suoi guadagni variarono dai 500.000 ai 650.000 euro, con una parte donata in beneficenza.
Più contenuti i compensi dei co-conduttori, scelti per affiancarlo nelle cinque serate. Secondo indiscrezioni, ognuno riceverà circa 25.000 euro, anche se alcuni nomi potrebbero incassare cifre più alte. Tra loro spiccano Gerry Scotti e Antonella Clerici, scelti per la serata inaugurale, seguiti da volti noti dello spettacolo come Bianca Balti, Nino Frassica, Cristiano Malgioglio, Miriam Leone, Elettra Lamborghini, Katia Follesa, Mahmood e Geppi Cucciari. L’ultima serata vedrà invece protagonisti Alessandro Cattelan e Alessia Marcuzzi.
Per i cantanti in gara, il Festival prevede il solito indennizzo, fissato a 53.000 euro, una cifra che copre l’intero progetto artistico e non il singolo artista. Il cantante riceve infatti un compenso fisso di 3.000 euro, mentre una parte dei fondi è destinata alla serata dei duetti. Non è previsto un premio in denaro per il vincitore, ma la visibilità offerta dalla competizione si traduce spesso in un successo immediato, con un incremento nelle vendite, negli streaming e nei concerti.
Sanremo, oltre a essere il più importante evento musicale italiano, resta anche un incredibile motore economico. L’indotto pubblicitario di questa edizione potrebbe superare i 50 milioni di euro, con spot da 30 secondi venduti a cifre che toccano i 300.000 euro. Un giro d’affari che, anno dopo anno, conferma il Festival come una macchina perfetta, capace di generare numeri impressionanti tanto nel mondo della musica quanto in quello della pubblicità.
In primo piano
Sanremo 2025, serata duetti: Giorgia e Annalisa favorite, ma occhio alle sorprese
Venerdì 14 febbraio il Festival di Sanremo celebra le cover con la serata dei duetti. Giorgia e Annalisa dominano le quote, ma nella lunga lista di esibizioni ci sono outsider da non sottovalutare. E qualcuno sembra già fuori dai giochi.
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Manca sempre meno alla serata delle cover, appuntamento fisso del venerdì al Festival di Sanremo, e i bookmaker hanno già stilato la classifica dei favoriti. Giorgia e Annalisa, con la loro interpretazione di Skyfall di Adele, partono da una quota schiacciante: 2,25, la più bassa della lista, segno che il duo tutto al femminile potrebbe portarsi a casa il titolo.
Quest’anno, con Carlo Conti alla direzione artistica, la serata cover non inciderà sulla classifica generale della gara, ma avrà un premio a sé. E proprio per questo il duello sarà ancora più acceso.
Le esibizioni da tenere d’occhio
Se la vetta sembra già occupata, subito dietro troviamo un quintetto di duetti quotati 7,50, tutti con un grande potenziale:
- Massimo Ranieri e i Neri per Caso con Quando di Pino Daniele
- Rocco Hunt e Clementino con Yes, I Know My Way di Pino Daniele
- Irama e Arisa con Say Something di A Great Big World & Christina Aguilera
- Elodie e Achille Lauro con un medley tra A mano a mano di Rino Gaetano e Folle città di Loredana Bertè
- Emis Killa, Lazza e Laura Marzadori con 100 Messaggi di Lazza (prima del ritiro di quest’ultimo a causa delle vicende giudiziarie)
Un mix di nostalgia e sperimentazione, tra evergreen della musica italiana e successi internazionali, che potrebbero mettere in difficoltà la coppia di Giorgia e Annalisa.
Le scommesse azzardate: chi può stupire e chi no
Più si scende nella lista, più le quote si alzano, segnale che i bookmaker danno meno fiducia a certe esibizioni. Tra i duetti considerati meno probabili per la vittoria ci sono:
- Fedez e Marco Masini con Bella stronza (16,00)
- Olly con Goran Bregovic e la Wedding and Funeral Band (Il pescatore di Fabrizio De André, 16,00)
- Brunori SaS con Riccardo Senigallia e Dimartino (L’anno che verrà di Lucio Dalla, 20,00)
- The Kolors e Sal Da Vinci con Rossetto e caffè (25,00)
- Bresh e Cristiano De André con Crêuza de mä (25,00)
Una sorpresa potrebbe arrivare da Fedez e Masini, la cui esibizione su Bella stronza promette di essere esplosiva, sia per il pezzo iconico sia per la curiosità intorno alla partecipazione del rapper.
I “non pervenuti”: le esibizioni con meno chance di vittoria
Per alcuni duetti, invece, la situazione è tutt’altro che promettente. Tra gli artisti dati quasi per spacciati troviamo:
- Clara e Il Volo (The Sound of Silence, 50,00)
- Willie Peyote, Federico Zampaglione e Ditonellapiaga (Un tempo piccolo, 50,00)
- Modà con Francesco Renga (Angelo, 66,00)
- Gaia e Toquinho (La voglia, la pazzia, 66,00)
- Francesco Gabbani e Tricarico (Io sono Francesco, 66,00)
- Marcella Bella con i Twin Violins, ultima in classifica con una quota 100,00, per la sua versione de L’emozione non ha voce di Adriano Celentano
Se il mondo delle scommesse raramente sbaglia, Sanremo ci ha abituati ai colpi di scena, e potrebbe esserci una sorpresa anche nella serata delle cover. Giorgia e Annalisa restano le favorite, ma la gara è aperta: basterà una performance straordinaria per ribaltare i pronostici?
Speciale Festival di Sanremo 2025
Fedez tra rime e citazioni discutibili, Brunori SAS poeta: l’Accademia della Crusca analizza i testi di Sanremo e boccia la banalità del Festival
Mentre la maggior parte dei testi di Sanremo 2024 si perde in strutture ripetitive che mancano di originalità, solo pochi artisti emergono con un linguaggio ricercato e autentico. Il cantautore calabrese domina con un testo raffinato e poetico, tra figure retoriche eleganti e immagini evocative, mentre l’Accademia della Crusca boccia senza appello le liriche più piatte e prevedibili del Festival.
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C’è un testo che si distingue su tutti, è quello di Brunori SAS. Senza discussioni. Parola di Accademia della Crusca, la maggiore autorità nazionale nel campo della lingua italiana. Il professor Lorenzo Coveri, ex docente di linguistica italiana all’Università di Genova, negli anni si è specializzato proprio nel festival e nell’esame dei testi e delle parole della canzoni in gara. E non ha dubbi: il cantautore calabrese – a pari merito con Lucio Corsi – almeno per quest’anno è il top di gamma. Il livello della scrittura, l’intensità delle immagini, la profondità del messaggio: siamo davanti a un vero capolavoro d’autore. Poi, ovviamente, ci sono tutti gli altri.
“Non mi piace distribuire numeri. Intendo voti, non cifre a caso.” Il professore conferma il trend degli ultimi anni. Il Festival non lo ascolta: lo legge. “Valutiamo solo i testi, senza musica” spiega. “Una volta cantati, certe parole assumono un altro significato, a volte migliorano, altre peggiorano. Ma noi li prendiamo nudi e crudi.”
A che punto siamo con questa edizione? “Brani piatti, giudizi piatti. Mi adeguo. Probabilmente il problema è la solita stretta cerchia di autori: una manciata di nomi firma due terzi delle canzoni. Questo porta inevitabilmente a un’omogeneità che rende il tutto monocorde.”
Un’impressione generale? “Un Festival a bassissima gradazione rock. E con pochissimi cantautori: Brunori e Lucio Corsi si salvano. I rapper? Si adattano al mainstream, senza provocazioni. Persino Tony Effe si cimenta in uno stornello innocuo. E il resto – l’80% delle canzoni – è intriso di un linguaggio popolare, colloquiale, senza guizzi particolari. Qualche rara eccezione si distingue.”
Che voto diamo a Conti per le canzoni scelte? “Si colloca nel solco dei cinque anni di Amadeus, cercando di dare spazio a tutti i generi: a ben guardare, però, la quota cantautori è ristretta… Insomma siamo nel pieno del pop: di tutto un pop, potremmo dire. E c’è ben poco da scandalizzarsi. Voto? Dal punto di vista dei testi arriviamo a 6. Ma stiracchiato…”.
Chi emerge? “Brunori SAS, senza dubbi. Gli ho dato 9. Il suo è un testo letterario, ricco di immagini evocative, pieno di figure retoriche raffinate. Nel suo L’Albero delle Noci Brunori, da cantautore classico, celebra, con un testo nettamente autobiografico, l’arrivo della figlia Fiammetta, con invenzioni e immagini molto belle, a parte qualche tratto del passato come rime baciate. Racconta la paternità con sensibilità e profondità.”
Otto anni fa cantava: “In fondo va tutto bene mi basta solo non fare figli”. Contraddizione? “Forse. Ma lo fa con immagini potenti, mai banali: ‘io come sempre canguro tra passato e futuro’, ‘la neve mescolata al miele’. Ha una lingua sontuosa, anche se a tratti scivola nel sentimentalismo.”
E Lucio Corsi? “Una ventata d’aria fresca. Anche lui 9. Ha una scrittura brillante, un uso intelligente del linguaggio giovanile, giochi di parole riusciti. Spiazza e diverte.” Un rapper che ha sorpreso? “Shablo. Gli ho dato un voto alto, tra il 7 e l’8. Originale, fuori dagli schemi, “è interessante soprattutto per i linguisti perché pesca a piene mani nel gergo dell’hip hop: è una street song, tu fai chatty chatty io faccio parlare il mio flow, è rap e blues e gin e juice, si gioca anche con le rime in funzione ironica.”
Simone Cristicchi? “Il tema del figlio che si prende cura dei genitori anziani non è particolarmente nuovo. Funzionerà in gara, come lo scorso anno Mr Rain. Commovente, ma non eccezionale. Quasi un 7.”
E Gabbani? “Due volte vincitore, sa stupire. O meglio, sapeva. Stavolta si è rifugiato nell’ottimismo alla Jovanotti, con un testo piatto: la vita, il battito, la routine. Peccato.” Chi invece affonda? “I Modà. Testo pesante, ridondante, più simile a una predica che a una canzone. Versi interminabili e complicati: ‘convivere con il senso di che sarebbe stato’. Risultato? Si fa fatica ad ascoltare. E Marcella Bella non migliora la situazione.”
Marcella Bella? Ma è un’istituzione! “Sì, però quando scrivi: ‘Dici che come me non ne trovi nessuna, sì vabbè poi però lo ripeti ad ognuna’… ecco, se questo è un testo di valore. Voto? 4.” Però la sua è una canzone politica, femminista. “Sì, ma di quel femminismo di facciata, costruito a tavolino.” Elodie? “Voto 5. Testo poverissimo, sembra la trascrizione di una telefonata. Non c’è ritmo, non c’è melodia nelle parole. Speriamo nella musica.”
I favoriti secondo i bookmakers? “Giorgia ha la voce più bella, ma il testo è scolastico. Metafore trite e ritrite, immagini prevedibili. Sufficiente solo per rispetto alla sua carriera. Massimo Ranieri, invece, ha autori illustri, Tiziano Ferro e Nek, eppure il risultato è fiacco. Metafore da dimenticare. 5 politico.” E Olly? “Un 6 stiracchiato. Linguaggio troppo comune, nessun colpo di scena.”
Fedez? “Sei anche a lui, ma per demerito generale. Testo cupo, sulla depressione, con qualche gioco di parole riuscito, ma rime discutibili: ‘carne viva – mente schiva’. Cita Mary Poppins con il cianuro al posto dello zucchero. Boh.” Il duetto con Masini su “Bella stronza” sarà tra i momenti più attesi. “Vedremo se riuscirà a schivare le polemiche. Intanto nella copertina di Tv Sorrisi e Canzoni l’hanno piazzato tra Tony Effe e Achille Lauro. Una coincidenza?”
Una citazione merita Willie Peyote, che in Grazie Ma No Grazie “affronta tempi più impegnati, a sfondo sociale. In genere le canzoni di Sanremo, come i critici hanno notato, quest’anno parlano soprattutto di amore, preferibilmente sfortunato, e di disagio, a anche di depressione, come nel testo di Battito di Fedez. Evidentemente la misura del nostro tempo è proprio questa”.
E Tony Effe? “Serve una nota sul dialetto: sarebbe vietato al Festival, eppure lui col romano, Rocco Hunt col napoletano e Serena Brancale ne fanno ampio uso. Lei dice di omaggiare Pino Daniele, ma dell’omaggio non c’è traccia. Quanto a Tony Effe, niente volgarità, niente provocazioni. Solo una cartolina di Roma per turisti. Voto? 5.”
E Bresh, con La Tana del Granchio: “Con l’aiuto della banca dati Le parole di Sanremo (a cura di Massimo Arcangeli e Luca Pirodda, ndr) possiamo rilevare che tana è apparso una sola volta al festival, in un testo del 1996, e granchio è un hapax, ossia una novità assoluta”. Inedito è anche il titolo Cuoricini dei Coma_cose, “mai usato prima a Sanremo, che sembra anche alludere a un certo understatement rispetto all’inflazionatissimo cuore”.
Una chiusa obbligata: a Sanremo le parolacce sono off-limits. “Eppure ‘fottere’ l’ho trovata in quattro testi. Alla faccia della censura.”
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