Speciale Festival di Sanremo 2025
Fedez tra rime e citazioni discutibili, Brunori SAS poeta: l’Accademia della Crusca analizza i testi di Sanremo e boccia la banalità del Festival
Mentre la maggior parte dei testi di Sanremo 2024 si perde in strutture ripetitive che mancano di originalità, solo pochi artisti emergono con un linguaggio ricercato e autentico. Il cantautore calabrese domina con un testo raffinato e poetico, tra figure retoriche eleganti e immagini evocative, mentre l’Accademia della Crusca boccia senza appello le liriche più piatte e prevedibili del Festival.
e c’è un testo che si distingue su tutti, è quello di Brunori SAS. Senza discussioni. Parola di Accademia della Crusca, la maggiore autorità nazionale nel campo della lingua italiana. Il professor Lorenzo Coveri, ex docente di linguistica italiana all’Università di Genova, negli anni si è specializzato proprio nel festival e nell’esame dei testi e delle parole della canzoni in gara. E non ha dubbi: il cantautore calabrese – a pari merito con Lucio Corsi – almeno per quest’anno è il top di gamma. Il livello della scrittura, l’intensità delle immagini, la profondità del messaggio: siamo davanti a un vero capolavoro d’autore. Poi, ovviamente, ci sono tutti gli altri.
“Non mi piace distribuire numeri. Intendo voti, non cifre a caso.” Il professore conferma il trend degli ultimi anni. Il Festival non lo ascolta: lo legge. “Valutiamo solo i testi, senza musica” spiega. “Una volta cantati, certe parole assumono un altro significato, a volte migliorano, altre peggiorano. Ma noi li prendiamo nudi e crudi.”
A che punto siamo con questa edizione? “Brani piatti, giudizi piatti. Mi adeguo. Probabilmente il problema è la solita stretta cerchia di autori: una manciata di nomi firma due terzi delle canzoni. Questo porta inevitabilmente a un’omogeneità che rende il tutto monocorde.”
Un’impressione generale? “Un Festival a bassissima gradazione rock. E con pochissimi cantautori: Brunori e Lucio Corsi si salvano. I rapper? Si adattano al mainstream, senza provocazioni. Persino Tony Effe si cimenta in uno stornello innocuo. E il resto – l’80% delle canzoni – è intriso di un linguaggio popolare, colloquiale, senza guizzi particolari. Qualche rara eccezione si distingue.”
Che voto diamo a Conti per le canzoni scelte? “Si colloca nel solco dei cinque anni di Amadeus, cercando di dare spazio a tutti i generi: a ben guardare, però, la quota cantautori è ristretta… Insomma siamo nel pieno del pop: di tutto un pop, potremmo dire. E c’è ben poco da scandalizzarsi. Voto? Dal punto di vista dei testi arriviamo a 6. Ma stiracchiato…”.
Chi emerge? “Brunori SAS, senza dubbi. Gli ho dato 9. Il suo è un testo letterario, ricco di immagini evocative, pieno di figure retoriche raffinate. Nel suo L’Albero delle Noci Brunori, da cantautore classico, celebra, con un testo nettamente autobiografico, l’arrivo della figlia Fiammetta, con invenzioni e immagini molto belle, a parte qualche tratto del passato come rime baciate. Racconta la paternità con sensibilità e profondità.”
Otto anni fa cantava: “In fondo va tutto bene mi basta solo non fare figli”. Contraddizione? “Forse. Ma lo fa con immagini potenti, mai banali: ‘io come sempre canguro tra passato e futuro’, ‘la neve mescolata al miele’. Ha una lingua sontuosa, anche se a tratti scivola nel sentimentalismo.”
E Lucio Corsi? “Una ventata d’aria fresca. Anche lui 9. Ha una scrittura brillante, un uso intelligente del linguaggio giovanile, giochi di parole riusciti. Spiazza e diverte.” Un rapper che ha sorpreso? “Shablo. Gli ho dato un voto alto, tra il 7 e l’8. Originale, fuori dagli schemi, “è interessante soprattutto per i linguisti perché pesca a piene mani nel gergo dell’hip hop: è una street song, tu fai chatty chatty io faccio parlare il mio flow, è rap e blues e gin e juice, si gioca anche con le rime in funzione ironica.”
Simone Cristicchi? “Il tema del figlio che si prende cura dei genitori anziani non è particolarmente nuovo. Funzionerà in gara, come lo scorso anno Mr Rain. Commovente, ma non eccezionale. Quasi un 7.”
E Gabbani? “Due volte vincitore, sa stupire. O meglio, sapeva. Stavolta si è rifugiato nell’ottimismo alla Jovanotti, con un testo piatto: la vita, il battito, la routine. Peccato.” Chi invece affonda? “I Modà. Testo pesante, ridondante, più simile a una predica che a una canzone. Versi interminabili e complicati: ‘convivere con il senso di che sarebbe stato’. Risultato? Si fa fatica ad ascoltare. E Marcella Bella non migliora la situazione.”
Marcella Bella? Ma è un’istituzione! “Sì, però quando scrivi: ‘Dici che come me non ne trovi nessuna, sì vabbè poi però lo ripeti ad ognuna’… ecco, se questo è un testo di valore. Voto? 4.” Però la sua è una canzone politica, femminista. “Sì, ma di quel femminismo di facciata, costruito a tavolino.” Elodie? “Voto 5. Testo poverissimo, sembra la trascrizione di una telefonata. Non c’è ritmo, non c’è melodia nelle parole. Speriamo nella musica.”
I favoriti secondo i bookmakers? “Giorgia ha la voce più bella, ma il testo è scolastico. Metafore trite e ritrite, immagini prevedibili. Sufficiente solo per rispetto alla sua carriera. Massimo Ranieri, invece, ha autori illustri, Tiziano Ferro e Nek, eppure il risultato è fiacco. Metafore da dimenticare. 5 politico.” E Olly? “Un 6 stiracchiato. Linguaggio troppo comune, nessun colpo di scena.”
Fedez? “Sei anche a lui, ma per demerito generale. Testo cupo, sulla depressione, con qualche gioco di parole riuscito, ma rime discutibili: ‘carne viva – mente schiva’. Cita Mary Poppins con il cianuro al posto dello zucchero. Boh.” Il duetto con Masini su “Bella stronza” sarà tra i momenti più attesi. “Vedremo se riuscirà a schivare le polemiche. Intanto nella copertina di Tv Sorrisi e Canzoni l’hanno piazzato tra Tony Effe e Achille Lauro. Una coincidenza?”
Una citazione merita Willie Peyote, che in Grazie Ma No Grazie “affronta tempi più impegnati, a sfondo sociale. In genere le canzoni di Sanremo, come i critici hanno notato, quest’anno parlano soprattutto di amore, preferibilmente sfortunato, e di disagio, a anche di depressione, come nel testo di Battito di Fedez. Evidentemente la misura del nostro tempo è proprio questa”.
E Tony Effe? “Serve una nota sul dialetto: sarebbe vietato al Festival, eppure lui col romano, Rocco Hunt col napoletano e Serena Brancale ne fanno ampio uso. Lei dice di omaggiare Pino Daniele, ma dell’omaggio non c’è traccia. Quanto a Tony Effe, niente volgarità, niente provocazioni. Solo una cartolina di Roma per turisti. Voto? 5.”
E Bresh, con La Tana del Granchio: “Con l’aiuto della banca dati Le parole di Sanremo (a cura di Massimo Arcangeli e Luca Pirodda, ndr) possiamo rilevare che tana è apparso una sola volta al festival, in un testo del 1996, e granchio è un hapax, ossia una novità assoluta”. Inedito è anche il titolo Cuoricini dei Coma_cose, “mai usato prima a Sanremo, che sembra anche alludere a un certo understatement rispetto all’inflazionatissimo cuore”.
Una chiusa obbligata: a Sanremo le parolacce sono off-limits. “Eppure ‘fottere’ l’ho trovata in quattro testi. Alla faccia della censura.”