Connect with us

Speciale Festival di Sanremo 2025

Il video del Papa a Sanremo e l’ira di Conti: «Non sapeva della messa in onda? Siamo oltre la fantascienza»

Dal Vaticano nessuna dichiarazione ufficiale. Conti smentisce le indiscrezioni, ma le polemiche impazzano. Possibile che Papa Francesco sia apparso al Festival a sua insaputa?

Avatar photo

Pubblicato

il

    Papa Francesco a Sanremo senza saperlo? Il dubbio è legittimo, almeno stando alle voci che circolano sul web. Secondo un noto sito online, il video di Bergoglio trasmesso durante la prima serata del Festival sarebbe stato registrato a maggio dello scorso anno in occasione della Giornata Mondiale dei Bambini e «riciclato» per l’occasione. Sempre secondo queste indiscrezioni, il Pontefice avrebbe scoperto solo martedì 12 febbraio della sua presenza «virtuale» al Festival, e – si dice – non avrebbe preso la notizia con entusiasmo.

    Carlo Conti replica: «Siamo oltre la fantascienza»

    Il conduttore e direttore artistico del Festival non ci sta e risponde secco alle illazioni: «Siamo oltre la fantascienza», ha dichiarato, spiegando nel dettaglio come si è svolta la vicenda. Conti racconta di aver scritto una lettera a Papa Francesco il 12 gennaio, dopo aver ricevuto la conferma della partecipazione delle cantanti Noa e Mira Awad, rivolgendosi a padre Enzo Fortunato per recapitarla al Santo Padre.

    Il video, dice Conti, è stato registrato a Santa Marta il 1° febbraio, alla vigilia del Summit sui diritti dei bambini, tenutosi il 3 febbraio in Vaticano, che ha riunito personalità di spicco come Mario Draghi e la regina Rania di Giordania. Padre Fortunato conferma questa versione, sottolineando che il messaggio è stato preparato appositamente per l’occasione.

    C’è però chi si sofferma su alcuni dettagli sospetti. Il Papa non nomina mai né Sanremo né il Festival, e il suo messaggio ha toni molto generici, con un riferimento esplicito alla Giornata Mondiale dei Bambini dello scorso maggio. Il Santo Padre ringrazia Carlo Conti per la sua presenza «lo scorso maggio», rievocando l’incontro allo stadio Olimpico con settantamila bambini. Eppure, verso la fine, il discorso sembra alludere a più serate: «Cercate di vivere delle belle serate», dice Francesco, facendo un augurio che potrebbe adattarsi anche al contesto sanremese.

    Polemiche sulla tempistica e il ruolo di padre Fortunato

    Il nodo della questione sembra ruotare attorno alla figura di padre Enzo Fortunato. L’ex responsabile della comunicazione della basilica di San Pietro, oggi presidente del Pontificio Comitato per la Giornata Mondiale dei Bambini, ha un ruolo centrale nella vicenda. È stato lui a fare da tramite tra Carlo Conti e il Vaticano, confermando che il video è stato registrato il 1° febbraio, pochi giorni prima dell’inizio del Festival.

    Va detto che la sua recente nomina a una carica più strutturata e impegnativa potrebbe spiegare il suo cambio di ruolo, ma non manca chi insinua che dietro queste dinamiche ci siano equilibri interni più complessi.

    Il testo integrale del messaggio del Papa

    Durante la prima serata del Festival, il messaggio del Papa è stato trasmesso con grande sorpresa del pubblico. Ecco alcuni passaggi chiave:

    «Carissimo Carlo, ho ancora nel cuore il ricordo della Giornata Mondiale dei Bambini, lo scorso maggio, tu eri con noi con il calore umano che ti contraddistingue… La musica è bellezza, strumento di pace, una lingua che tutti parlano e raggiunge il cuore di tutti. Pensando al tuo invito, penso ai tanti bambini che non possono cantare la vita, che soffrono per guerre e ingiustizie. Questo è quello che desidero di più: vedere chi si è odiato stringersi la mano e dire, attraverso la musica e il canto, che la pace è possibile. Cercate di vivere delle belle serate».

    Un messaggio carico di emozione, certo, ma che lascia aperta più di una domanda. Sapeva davvero Papa Francesco che quel video sarebbe finito in diretta al Festival di Sanremo? Per ora, dal Vaticano nessuna risposta ufficiale. Conti conferma la correttezza della sua versione. Noi prendiamo atto, ma le polemiche non sembrano destinate a placarsi.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Speciale Festival di Sanremo 2025

      Duran Duran a Sanremo: “Amiamo suonare, amiamo questa vita e adoriamo i Maneskin!”

      I Wild Boys tornano a Sanremo più carichi che mai e si preparano a un’esibizione epocale. L’esibizione è dedicata al chitarrista Andy Taylor alle prese con un tumore al quarto stadio: “Lotta come un leone, ma non può essere qui”

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

        I Duran Duran, band storica degli anni ottanta, torna in Italia. Durante la conferenza stampa al Festival di Sanremo 2025 hanno espresso grande entusiasmo per il loro ritorno sul palco dell’Ariston dopo 40 anni dalla loro esibizione dell’85. innamorati del nostro paese, hanno un’altra passione nascosta: «Sono un fan perso dei Maneskin e dovreste esserlo anche voi», ha detto Simon Le Bon,  «dovreste essre orgogliosi di avere un gruppo come quello, in Italia».

        E ancora: «È un onore essere qui dopo tanto tempo. L’Italia ha sempre avuto un posto speciale nei nostri cuori e Sanremo rappresenta un momento iconico nella nostra carriera». La band ha anche annunciato che, oltre all’esibizione a Sanremo, tornerà in Italia per una serie di concerti estivi. Si esibiranno al Circo Massimo di Roma il 15 e 16 giugno, alla Fiera del Levante di Bari il 18 giugno e agli I-DAYS Milano all’Ippodromo Snai San Siro il 20 giugno. Poi hanno condiviso la loro emozione per l’accoglienza ricevuta dal pubblico italiano nel corso degli anni e hanno sottolineato l’importanza di eventi come Sanremo nel promuovere la musica internazionale. Nick Rhodes ha aggiunto: «Il festival è una piattaforma straordinaria che unisce artisti di diverse generazioni e culture. Siamo entusiasti di farne parte ancora una volta». La loro partecipazione al Festival non solo celebra il passato, ma rafforza anche il legame continuo tra la band e i fan italiani, promettendo nuove emozioni sia sul palco dell’Ariston che nei prossimi concerti estivi. Si esibiranno giovedì 13 febbraio 2025, proponendo un medley dei loro più grandi successi e riceveranno un riconoscimento speciale per la loro carriera. Il ritorno dei Duran Duran a Sanremo rappresenta un momento significativo, che sottolinea l’influenza duratura della band sulla scena musicale internazionale e il loro apprezzamento per le nuove generazioni di artisti come i Måneskin.

        «Sanremo è interessante come negli anni Ottanta e questo non può che farci felici. Quanto a noi, quando lavoriamo insieme, siamo imbattibili. Noi ridiamo tantissimo. Quando c’è un momento di stress troviamo sempre un modo per divertirci e ci dividiamo i soldi in modo equanime. Oggi non c’è alcun gruppo che abbia avuto l’impatto che abbiamo avuto noi». E ancora: «Adesso il pubblico italiano è più incline ad ascoltare la musica che viene dall’America, per via dell’influenza che ha avuto l’hip hop, che ha cambiato anche ritmo e stile. Gli Stati Uniti  ci hanno inculcato i loro generi musicali e la loro musica. Noi in quell’epoca eravamo davvero unici e cool». Non ci resta che attendere le date italiane: «È la prima volta che facciamo un tour di questo genere siamo molto felici di cantare a Roma, di esibirci al Circo Massimo, una sede meravigliosa e poi a Milano. E abbiamo organizzato sorprese solo per voi».

          Continua a leggere

          Speciale Festival di Sanremo 2025

          Sardenaira, il gusto autentico di Sanremo: quando la tradizione incontra il sapore del mare

          La sardenaira è molto più di una semplice focaccia. È il simbolo gastronomico della città dei fiori, un piatto povero ma ricco di sapore, che racconta il legame profondo tra terra, mare e tradizione ligure.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            A Sanremo, celebre per il Festival della Canzone Italiana, c’è un’altra regina che ogni giorno conquista palati e cuori: la sardenaira. Una focaccia rustica, profumata e irresistibile, che affonda le sue radici nella storia marinara della città, celebrando il connubio perfetto tra i sapori della terra e del mare.

            La sardenaira non è una pizza, e chiunque la confonda rischia di offendersi i sanremesi! Nata come piatto povero, era la soluzione ideale per sfamare pescatori e contadini, sfruttando ingredienti semplici e facilmente reperibili. Pomodoro, aglio, olive taggiasche, capperi e acciughe (o sarde, come suggerisce il nome) si uniscono alla base di pasta lievitata, creando una sinfonia di sapori dal gusto unico e deciso.

            Un po’ di storia

            Si racconta che la sardenaira esistesse già nel XVI secolo, quando la sua ricetta si limitava a pochi ingredienti e non prevedeva nemmeno il pomodoro, introdotto in Liguria solo più tardi. Il nome deriva proprio dall’abitudine di arricchirla con filetti di sarda salata, pescata in abbondanza lungo le coste liguri.


            Con il tempo, la sardenaira si è evoluta, trasformandosi in una delle pietanze più amate dai sanremesi e dai turisti che visitano la città. Nonostante le varianti, la ricetta originale è rimasta un baluardo della tradizione locale, tanto da essere riconosciuta come prodotto tipico della Riviera di Ponente.

            Come si prepara?

            La sardenaira richiede una preparazione paziente. La base è una pasta lievitata soffice, più spessa rispetto alla classica focaccia genovese, ma meno croccante di una pizza. Il segreto del suo sapore sta nel condimento: una salsa di pomodoro ben cotta e insaporita con aglio, acciughe, capperi e olive taggiasche. Il tutto viene completato con abbondante olio extravergine d’oliva e, talvolta, un pizzico di origano.

            Si cuoce in forno fino a ottenere una focaccia morbida e profumata, da gustare calda o a temperatura ambiente. Perfetta come spuntino, aperitivo o piatto unico, la sardenaira rappresenta l’essenza della cucina ligure: semplice, saporita e legata al territorio.

            Dove assaggiarla a Sanremo?

            Ogni panificio e trattoria della città ha la propria versione di sardenaira, ma i veri intenditori sanno che i luoghi migliori per provarla si trovano nel centro storico, tra i vicoli della Pigna e i locali affacciati su Piazza Bresca.

            Che tu la gusti passeggiando per le strade di Sanremo o seduto a un tavolino sul porto, una cosa è certa: la sardenaira è un’esperienza che ti porta dritto al cuore della Riviera di Ponente.

              Continua a leggere

              Speciale Festival di Sanremo 2025

              Brunori, applausi e ironia a Sanremo: «Per chi ha fatto la gavetta nelle piazzette, Sanremo è uno scherzo»

              Dopo sedici anni di carriera, Brunori Sas debutta al Festival con L’albero delle noci. In sala stampa l’atmosfera è calorosa, tra flash e applausi. «Sanremo è un’esperienza fondamentale, anche per la mia terra. Sono fiero di portare qui una parte di me e di rappresentare il cantautorato. Certo, potrei anche andare all’Eurovision… con lo stylist di Achille Lauro!»

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                Brunori è attesissimo in sala stampa. Tutti i giornalisti italiani lo stanno aspettando e quando arriva si scatena un applauso liberatorio. Lui gigioneggia sotto i flash dei fotografi, si vede che non è abituato a tutto questo clamore. Fa una mossa, una posa, poi scherza. Ride. Si schermisce. Poi si siede al posto d’onore.

                Prima a Sanremo, com’è andata?

                «Sono molto felice di essere arrivato qui dopo sedici anni di carriera, perché credo sia giusto avere una possibilità diversa: è bello che Sanremo abbia più voci, più stili, più linguaggi musicali. È una cosa molto forte, anche il corpo ne risente e reagisce. Da domenica siamo stati qui in attesa di esibirci, ora c’è lo scarico naturale della tensione. Ho vissuto l’esperienza come se fossi in teatro, mi sono sentito a mio agio sul palco: è stato molto bello. Per uno come me che ha fatto la gavetta nelle piazzette dei piccoli paesi, dove la gente si porta la sedia e ti maledice se non fai uno spettacolo che gli piace, Sanremo è uno scherzo» 

                Si parla tanto del cantautorato e quando si nomina questo termine si parla di te e di Lucio Corsi…

                Sono contento di rappresentare i cantautori, ce ne sono tantissimi molto validi. Sono contento che questa categoria della canzone sia rappresentata. Il fatto che mi vedano e dicano ‘ma allora esiste anche quella musica lì’, mi riempie d’orgoglio. Anche perché quando parlo ai miei nipoti non è che sappiano tanto chi è De André. Ma io sono pronto a tutto, anche all’Eurovision. Ho già contattato lo stylist di Achille Lauro, cambio look e cambio stile musicale… Scherzi a parte, questa è un’esperienza fondamentale. Per me, per la Calabria.

                Proprio la Calabria è al tuo fianco in maniera compatta…

                Sento questa presenza, il tifo di una regione non in senso campanilistico me per far vedere quanto questa terra vale. Sono fiero che mi ascoltino nella mia terra, così come sono felice di arrivare a Roma, a Milano…

                La sua carriera musicale è iniziata quasi per caso. Come è stato il passaggio dalla vita di parcheggiatore a quella di cantautore?
                «A trent’anni non avevo la minima idea di dove stessi andando. Mi ero laureato a Siena in Economia, producevo musiche per cartoni animati locali e, per mantenermi, facevo il parcheggiatore. Mi piaceva l’idea di passare le notti a contatto con un’umanità varia, quasi romantica. Vivevo ogni giornata rimandando l’appuntamento con la realtà, fino alla morte di mio padre, che ha rappresentato uno choc e un motore insieme. Mi ha costretto a pormi la domanda che evitavo: “Vuoi fare davvero il cantante?” La risposta è stata un “sì” immediato e da lì non ho più perso tempo.»

                La scomparsa di suo padre ha segnato profondamente la sua vita e la sua musica. Che tipo di figura era per lei?
                «Era un uomo forte, apparentemente immortale. Fumava come un pazzo, amava la tavola e non si risparmiava mai, nonostante i medici gli avessero imposto di rallentare. Per me era un mito incrollabile. Quando è morto, ho capito quanto fosse radicata in me l’illusione della sua invincibilità. È stata una perdita enorme, ma paradossalmente anche una scossa che mi ha portato nel mondo reale. Da quel momento, mi sono sentito obbligato a non rimandare più nulla. Mi ha dato la spinta per scrivere le mie prime canzoni e prendere in mano il mio futuro.»

                La canzone “L’albero delle noci” racconta molto di lei. Parla di paternità e di Calabria. Cosa c’è di personale in questo brano?
                «Mia figlia ha cambiato gerarchia delle mie cose, ti devi occupare e preoccupare del futuro di questa creatura. Mi ha fatto anche venire dubbi e rimpianti. C’è tutta la mia vita in Calabria, più che nei brani precedenti. Vivere nella natura mi ha aiutato a riscoprire un mondo che va oltre le dinamiche umane, a riconnettermi con me stesso. C’è più serenità, più accettazione rispetto al passato. È un brano pacificato, meno amaro. In fondo, è la mia personale pace fatta con il tempo e con certe cose che prima mi infastidivano. Non è rassegnazione, ma una consapevolezza diversa.»

                Ha sempre voluto fare il musicista?
                «Da ragazzino sognavo di diventare un chitarrista. Mia madre insegnava musica, quindi le note in casa non mancavano mai, ma nella Calabria degli anni ’80 pensare di fare il musicista era una follia. Internet non c’era, per trovare i dischi dovevo fare viaggi a Cosenza o a Paola. È stato complicato far accettare ai miei questa mia passione: la carriera musicale era sinonimo di precarietà, e loro, pragmatici, mi avevano convinto a un compromesso. “Ti laurei e poi vediamo.” Così ho fatto. Però, appena ho potuto, sono tornato alla musica.»

                Quali sono stati i primi passi nel mondo della musica?
                «Ho iniziato suonando in un gruppo decisamente alternativo e scrivendo melodie per cartoni animati delle TV locali. Poi, dopo la morte di mio padre, ho cominciato a scrivere le mie prime vere canzoni. Le notti erano il mio rifugio creativo: tornando dal lavoro, mi fermavo a ripercorrere il mio passato, sfogliavo vecchie foto, rievocavo ricordi sepolti. È stato un viaggio dentro me stesso, una personale ricerca del tempo perduto.»

                Come mai ha deciso di tornare in Calabria dopo tanti anni fuori?
                «Non è stata una scelta pianificata, ma alla fine mi sono reso conto che San Fili, con le sue tremila anime, è il posto perfetto per me. Mi dà la serenità giusta per concentrarmi. Qui mi annoio, e paradossalmente è una benedizione: la noia mi ha aiutato tantissimo a creare. In un grande centro urbano, mi sarei perso tra gli stimoli infiniti. Invece, qui c’è silenzio, la montagna alle spalle, un tempo diverso, più lento. È una dimensione che mi appartiene.»

                Il rapporto con la montagna non è sempre stato sereno. Che ricordi ha di Aspromonte da bambino?
                «Per me la montagna era sinonimo di paura: Aspromonte evocava immagini di sequestri di persona, catene, prigionie nei boschi. Da bambino ero molto pauroso e la montagna, nelle cronache nere dell’epoca, era un simbolo di terrore. Oggi la vedo in modo completamente diverso. È viva, quasi respira, ed è una presenza immutabile che mi dà una prospettiva più ampia sulla vita.»

                La sua educazione è stata un mix tra Nord e Sud. Come ha influenzato il suo modo di essere?
                «A casa mia non si parlava dialetto, solo italiano. Questo mi ha sempre posto in una posizione un po’ particolare: al paese, quando non usavo il dialetto, mi prendevano in giro dicendomi “Brunori, non fare il filosofo”. Era un modo per mettermi in guardia dal prendermi troppo sul serio, per restare con i piedi per terra. In famiglia c’era una mescolanza interessante: mio nonno era di Imola e si era trasferito in Calabria per lavoro alla fine degli anni ’50. La mia storia personale è un intreccio di Nord e Sud, pragmatismo e passione.»

                La canzone popolare ha ancora un senso oggi?
                «Secondo me sì. Mi piace l’idea di giocare nel campionato del pop, soprattutto oggi, in un momento in cui la frattura tra musica “intellettuale” e popolare è più marcata che mai. In L’albero delle Noci ho voluto riprendere la mia anima nazionalpopolare senza vergogna. Avere successo con una canzone che tocca tutti, dal critico musicale all’ascoltatore casuale, è ancora il massimo a cui posso ambire.»

                La sua musica è spesso definita disincantata. Come vive questo aspetto?
                «Il disincanto è un bivio: puoi trasformarlo in lamentela o in luce. Per me, il disincanto non è mai stato cinismo. Il cinico è solo un deluso che non accetta il crollo delle sue illusioni. Il disincanto, invece, può essere un punto di partenza per trovare una nuova bellezza. Quando scrivo una canzone, nasce sempre da un momento in cui qualcosa si spezza dentro di me. È una forma di testamento personale, un modo per rimettere insieme i pezzi.»

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù