Speciale Festival di Sanremo 2025

Sanremo Story: i comici concorrenti che non ti saresti mai immaginato (video)

Comici a Sanremo in gara: a parte le belle prove di Francesco Nuti, Sabrina Guzzanti e Giorgio Faletti, eccovi qualcosa che fortunatamente il tempo ha nascosto con il suo velo pietoso…

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    Il Festival di Sanremo è come Carnevale: ogni canzone vale! Una manifestazione che ha sempre rappresentato uno straordinario fenomeno di costume dall’immenso impatto mediatico. Per questo nel corso degli anni sul suo palco si sono susseguiti personaggi che poco o nulla avevano a che fare con la musica. Momenti di divertissement puro, assolutamente perfetti per spezzare la liturgia classica e presentare al pubblico personaggi di grande popolarità. Eccovene alcuni, con canzoni che quasi sempre – per fortuna – si sono perse nell’oblio…

    Gino Bramieri è stato il primo comico della storia del Festival a partecipare in gara. La canzone, in gara nel lontano 1962, si intitolava Lui andava a cavallo. L’attore, con un colpo di teatro che oggi sarebbe perfetto per il Fantasanremo, si presentò al Casinò della cittadina ligure in sella ad un cavallo. Alla fine non andò neanche male: si classificò sesto.

    Christian De Sica voleva diventare un cantante ancor prima di voler fare l’attore, nel 1972 faceva anche parte di una band dall’improbabile nome La pattuglia azzurra. Il batterista era Massimo Boldi. Nel 1973 partecipò alla kermesse con Mondo mio e la tragicità di quel brano (davvero orrendo) ci permise in seguito di apprezzarlo come attore: per fortuna venne eliminato senza nemmeno la possibilità di entrare in graduatoria.

    Negli anni ’80 Enrico Beruschi è stato uno dei comici più seguiti in assoluto. Quella voce impastata in quella folta barba, con quegli occhi spiritati, nel 1979, prima del suo successo a Drive In, lo troviamo in gara al Festival. Fino a quel momento aveva lavorato soprattutto nel cabaret di Milano, lo storico Derby, in tv in programmi cult come Non stop e Luna Park e nel cinema con registi del calibro di Ettore Scola e Mario Monicelli. Lui decide di gareggiare con una canzoncina – Sarà un fiore – che sa di stornello milanese, un delizioso calembour sulla vita di coppia, su un marito che si vergogna del proprio corpo e una moglie che, annoiata, se la spassa col postino «birichino birichino che bussava ogni mattino». La Rai dell’epoca, azienda dalla censura facilissima, non coglie il doppio senso della canzone di Beruschi che diventa un piccolo tormentone estivo, terminando il Festival al quinto posto.

    Francesco Salvi, comico dai contenuti surreali, per un periodo ha inchiodato gli italiani sul divano, davanti alla tv. Irriverente, sopra le righe, anche lui rappresentava un personaggio perfetto. Capitò anche lui a Sanremo, per vivacizzare un pò la manifestazione, nell’anno della conduzione dei figli d’arte Rosita Celentano, Paola Dominguín, Danny Quinn e Gianmarco Tognazzi, che sarebbero dovuti essere valletti di Renato Pozzetto che però abbandonò la barca poco tempo prima dell’apertura del sipario, Salvi, reduce da tre anni a Drive In, programma comico cult di enorme successo, si presentò con Esatto!, vestito con un impermeabile di un giallo talmente fluo che avrà fatto esplodere chissà quante tv e quattro ballerini che indossavano maschere animalesche. Alla fine si classificherà settimo, non male considerando che al nono posto quell’anno si posiziona Mia Martini con Almeno tu nell’universo, forse la più bella canzone mai cantata sul palco dell’Ariston in assoluto…

    Il famigerato trio

    Infine parliamo di un trio, non formato da comici di professione ma responsabile della più improbabile delle partecipazioni che Sanremo ricordi,Il brano, scritto da Emanuele Filiberto e Pupo – più il tenore Luca Canonici – è di una bruttezza inarrivabile, col testo trasudante di luoghi comuni spudoratamente populisti, con Pupo e il Savoia stonati che nemmeno ad un karaoke estivo a mezzanotte dopo qualche Cuba Libre di troppo. Il brano viene eliminato senza indugi al primo giro, salvo poi essere ripescato grazie al famigerato televoto, che lo fa salire così tanto da guadagnarsi prima un posto in finale e poi una clamorosa seconda posizione, cosa che fa indiavolare gli orchestrali a tal punto da costringerli ad una plateale protesta lanciando gli spartiti per aria.

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    1973 – Christian De Sica – Mondo mio

    Quella che poi si è sviluppata come una passione laterale alla carriera di attore di straordinario successo, fino a diventare una delle più amate maschere comiche della commedia italiana, in realtà era il piano A. Christian De Sica voleva diventare un cantante ancor prima di voler diventare un attore, nel 1972 faceva anche parte di una band dall’improbabile nome La pattuglia azzurra. Il batterista era Massimo Boldi, un nome che troveremo spesso accanto a quello di De Sica nel corso del tempo. Forse se Mondo mio fosse stata una canzone vagamente più sostanziosa, tanto da portarlo a fare una figura migliore al Festival di Sanremo del 1973, oggi non avremmo tanti classici della commedia. Per fortuna venne eliminato senza nemmeno la possibilità di entrare in graduatoria. Giustizia divina.

    1979 – Enrico Beruschi – Sarà un fiore

    Enrico Beruschi negli anni ’80 è stato uno dei comici più seguiti in assoluto. Quella voce impastata in quella folta barba, con quegli occhi spiritati, nel 1979, prima di inchiodare sui divani milioni di persone con Drive In, la troviamo in gara al Festival di Sanremo. Fino a quel momento aveva lavorato soprattutto nel cabaret di Milano, lo storico Derby, in tv in programmi cult come Non stop e Luna Park e nel cinema con registi del calibro di Ettore Scola e Mario Monicelli. La musica non era in programma, ma Sanremo chiama e Beruschi, memore delle serate al Derby, decide di gareggiare con una canzoncina che sa di stornello milanese, un delizioso calembour sulla vita di coppia, su un marito che si vergogna del proprio corpo e una moglie che, annoiata, se la spassa col postino «birichino birichino che bussava ogni mattino». La Rai dell’epoca, azienda dalla censura facilissima, quell’anno cala la sua mannaia su Franco Fanigliulo che nella sua A me mi piace vivere alla grande citava le «foglie di cocaina» che diventeranno «bagni di candeggina», ma non capisce il doppio senso della canzone di Beruschi, che però viene colto da tutta Italia tanto da diventare un piccolo tormentone estivo e chiudendo il Festival al quinto posto.

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