Speciale Festival di Sanremo 2025
Shablo dal rap alla golden age del gospel: un manifesto urbano tra rivalsa e speranza
Insieme a Guè, Tormento e Joshua, Shablo racconta la città e la rivalsa personale con La mia parola. Tra citazioni rap old school, rimandi al blues e strofe che vibrano di autenticità, il brano diventa un manifesto urbano.
Sanremo 2025 segna per Shablo un momento di svolta, portandolo dalla cabina di regia al centro del palco più prestigioso d’Italia. In un progetto collettivo che mescola generazioni e stili, Shablo ha scelto di affiancarsi a tre pesi massimi dell’hip-hop e della musica urban: Guè, pilastro del rap italiano, Tormento, pioniere con i Sottotono e simbolo dell’R&B nostrano, e Joshua, giovane promessa con un’impronta innovativa.
“La mia parola”, il brano che Shablo presenta sul palco di Sanremo 2025 insieme a Guè, Tormento e Joshua, è una dichiarazione d’intenti che punta dritto al cuore degli amanti dell’hip-hop old school. Il pezzo si presenta con un beat che mescola sapientemente atmosfere retrò e sonorità contemporanee, unendo linee di basso profonde e sample taglienti che strizzano l’occhio alla golden age del rap (ma anche al gospel!).
Una città tossica, tra cemento e smog
Un elemento centrale del testo è senza dubbio la città, descritta con dettagli crudi e vividi, che diventa metafora della solitudine e della complessità dei rapporti umani. Shablo attinge a piene mani nel gergo dell’hip-hop, raccontando di un universo fatto di smog e di sbattimenti, senza soldi per pagare le spese o amici su cui contare:
«Siamo in sbatti sbatti per arrivare al top /
Tu fai chatty chatty io faccio parlare il mio flow /
Non ti danno abbracci qua sei da solo nel block /
Io le mando baci lei che per me è la più hot /
Mi dicevi taci, ora però sono il goat»
L’immagine di «sei da solo nel block» suggerisce un contesto urbano spietato, dove l’affermazione è un gioco solitario e gli abbracci, simbolo di supporto e solidarietà, scarseggiano. Eppure, Shablo non si lascia intimidire: «Mando baci» a chi ama, come segno di resistenza. Il vero punto forte arriva nel verso finale: «Mi dicevi taci, ora però sono il goat». Qui c’è una rivalsa personale: chi un tempo lo criticava ora si trova davanti a un GOAT (Greatest of All Time), un’affermazione potente che racconta la parabola del successo.
Il gospel come simbolo di speranza
Shablo, con pochi versi, crea un quadro struggente e realistico di chi vive in condizioni di disagio, ma riesce comunque a trovare uno spiraglio di luce attraverso la musica e la forza interiore:
«Qui la gente muore e vive /
Senza soldi e alternative /
L’unica cosa che so /
Suona dal basso questo gospel /
È la voce di chi raccoglie le forze»
Con «Senza soldi e alternative», Shablo fotografa una condizione di immobilità, dove le possibilità di riscatto sono poche o inesistenti. È una denuncia sottile, ma efficace, delle disuguaglianze economiche e sociali. Ma c’è anche un messaggio di speranza: «Suona dal basso questo gospel» introduce una potente immagine sonora e simbolica. Il gospel, tradizionalmente legato alle comunità afroamericane e alla loro lotta per la libertà, diventa qui un elemento universale di redenzione.
Blues, bullshit e Beetlejuice
In completo crossover, il rap e il blues rappresentano due anime della stessa canzone: da un lato, la narrazione cruda e diretta del rap; dall’altro, il blues come espressione di malinconia e radici profonde.
«È rap è blues e gin & juice /
Fai il mio nome tre volte Beetlejuice /
Suona ancora più forte bad and boujee /
Rock’n’roll lo sai party & bullshit»
In questa strofa ci sono parecchi omaggi al background musicale di Shablo, Guè, Tormento e Joshua. «Gin & juice» richiama il celebre brano di Snoop Dogg, aggiungendo un tocco di classicità old-school, evocando scene di spensieratezza in pieno stile West Coast. Il verso «Suona ancora più forte bad and boujee» rimanda al successo planetario del trio Migos, mentre «Rock’n’roll lo sai party & bullshit» è un chiaro riferimento al brano Party & Bullshit di Notorious B.I.G.
C’è spazio anche per un tocco cinematografico: «Fai il mio nome tre volte Beetlejuice» è un omaggio al personaggio dell’omonimo film di Tim Burton, dove ripetere il suo nome per tre volte lo fa comparire, un’immagine potente che richiama l’evocazione di forze ribelli e imprevedibili.
L’omaggio al rap anni ’90 per la serata delle cover
Per la serata delle cover, Shablo, Guè, Tormento e Joshua si uniranno a Neffa per un mashup eccezionale: Amor de Mi Vida dei Sottotono e Aspettando il Sole di Neffa. Un omaggio al rap e all’R&B che hanno segnato gli anni ’90 e 2000, mescolando passato e presente in un viaggio musicale che promette di essere uno dei momenti più emozionanti di questo Sanremo 2025.