Teatro
Chi è di scena? Al Teatro Belli di Roma la commedia grottesca “Contagio” di Andrea Goracci
La notte trasteverina accoglie al Teatro Belli di Piazza Sant’Apollonia “Contagio”, uno spettacolo teatrale dall’eccellente regia di Andrea Goracci che, anche se dalla sua scrittura sono passati 15 anni, è incredibile e fa rabbrividire il come le parole, gli argomenti e i personaggi sembrino più attuali che mai.

Una critica provocatoria sotto forma di commedia, che mette sullo stesso piano la democrazia (intesa come forma di governo) e un virus. in entrambi i casi l’obiettivo è quello di coinvolgere sempre più persone.
La trama
Tre personaggi dalle idee politiche differenti che vengono rinchiusi in una stanza a causa di un’epidemia, come cavie o come pazienti. Sono costretti a convivere in maniera forzata affrontando dentro quattro mura, le loro diversità ideologiche sotto il controllo di un infermiere incaricato di tenerli in osservazione. I personaggi, con tutte le loro convinzioni politiche, saranno sopraffatti proprio da questi sentimenti fino a fargli cambiare idea relativamente alle proprie convinzioni. Tante domande riecheggiano all’interno della scena: riusciranno tutti e tre a contagiarsi l’un l’altro? Ma sarà stato davvero un virus?
Parola al regista
A raccontarci di più sulla scelta del testo, il regista Andrea Goracci dichiara: “La scelta del testo nasce dalla volontà di portare in scena uno spettacolo poco rappresentato o comunque sconosciuto. L’incontro con il testo è stato abbastanza casuale. Si trattava di un titolo che spiccava su una lista di tanti spettacoli che stavo cercando sapendo di avere determinati attori a disposizione, che sono quelli in scena, quindi cercavo un testo che si potesse adattare anche agli attori oltre che ad essere interessante. La volontà dell’autore, Enzo Ferrara, è quella di raccontare un contagio non fisico ma immateriale (come, ad esempio, il contagio che avviene nel romanzo “Cecità” di Josè Saramago, dove le persone diventano piano piano cieche).

Il cast
A dare vita ai personaggi della commedia grottesca – gli attori Francesca Blasutig nei panni di una liberal, donna concreta e ambiziosa; Pietro Bovi nei panni di un comunista allucinato e categorico; Andrea Barbati nelle spoglie di un infermiere pericoloso ma bonaccione e infine un Luca Vergoni alle prese con un intellettuale e popolare anarchico.

Personaggi estremamente caratterizzati
Per LaCityMag ho fatto due chiacchiere con loro, raccogliendo qualche chicca in più sullo spettacolo e sulla preparazione dei loro personaggi. Partendo dall’eclettica Francesca Blasutig: “Daniela Santacroce – è una donna in carriera, molto diretta e spietata che la rende un po’ ‘schiava del sistema’. Lei come tutti gli altri personaggi è sola e si identifica nella sua ideologia politica perdendo la sua identità, incarna la parte buona e la parte cattiva del mondo legato alla ‘produttività’. Sotto la direzione del nostro regista Andrea Goracci abbiamo cercato di caratterizzare molto i nostri personaggi. Ci tenevamo ad averli ben inquadrati, ben
disegnati, proprio perché la nostra idea è quella di fare una critica generale. Speriamo che questo spettacolo abbia una lunga vita e siamo contenti delle risposte che stiamo ricevendo dal pubblico”.
L’ideologia come fuga dalla realtà
Pietro Bovi, interpreta Aldo Rizzotti e afferma: “Il mio Aldo Rizzotti, è un comunista allucinato, categorico, propositivo, solo e fragile. Un uomo che si rifugia nella sua ideologia per sfuggire alle problematiche personali. Per la preparazione, oltre alle indicazioni molto chiare del regista, mi sono concentrato sulla mia comicità. Cercando di attribuirgli uno stampo personale, partendo da alcuni tratti caratteriali oppure estremizzando punti in comune con il personaggio per farne scaturire la dimensione comica controbilanciata alla componente drammatica che entra a gamba tesa e stravolge il personaggio”.
Ispirandosi a film celebri
A dirci la sua anche Luca Vergoni, che interpreta l’anarchico Stefano Grandini: “Il personaggio
dell’anarchico è un misto fra un’intellettuale e un popolare. Possiede un parlato pulito che a volte scivola in uno slang romano. Non parla per sentito dire ma per aver “studiato” o letto i vari manifesti, quindi è passami il termine – un’intellettualoide e il suo impegno politico lo ha sempre allontanato poi da quello che in realtà ha bisogno: curare il suo senso di solitudine. Dentro il laboratorio si accorgerà che nella vita ha sempre combattuto, urlato ai diritti e alle utopie difficili e di aver represso le cose che lo potevano effettivamente rendere felice: l’amore e i sentimenti umani – non ideologici.
Prosegue Vergoni: “L’ho preparato documentandomi sugli avvenimenti tipo ‘Sacco e Vanzetti’, vari documenti anarchici. Rubando anche un po’ dal personaggio di Vittorio Gassman ne “La grande guerra” di Mario Monicelli. Nella creazione siamo partiti da un’idea più macchiettistica per poi andare sempre più a fondo per cercare l’umanità del personaggio e capire la sua solitudine”.
Ritmo, pulizia nelle battute e gag
A concludere la bella chiacchierata Andrea Barbati, che interpreta l’infermiere Giovanni Quagliarulo, l’uomo medio. Afferma Barbati: “Il mio personaggio è un bonaccione, ha le sue fissazioni. Al pubblico risulta subito simpatico, nonostante il ruolo di infermiere/carceriere che ricopre. Le sue azioni possono essere frutto di ordini dall’alto o dell’iniziativa personale, ma mostreranno una doppiezza spietata. Il lavoro che abbiamo svolto sul personaggio, assieme al regista Andrea Goracci, è stato improntato soprattutto sul ritmo, sulla pulizia delle battute e delle gag, unita ad una resa naturalistica. Un grazie agli amici, vecchi e nuovi, con i quali ho condiviso il palco durante queste sere, specialmente a Luca Vergoni, amico fraterno e compagno di classe d’Accademia – Teatro Azione, che hanno reso l’esperienza esaltante. Non lo dimenticherò mai.”
Chiara Alviano
Foto di Anita Martorana
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Teatro
Teo Mammucari sospende il tour: al centro della polemica l’ex compagna Thais e dettagli troppo privati
Mentre il pubblico attendeva il suo ritorno sul palco con “Appuntamento al buio”, il tour teatrale di Teo Mammucari è stato sospeso. Secondo il settimanale Gente, dietro la scelta ci sarebbe il malcontento della sua ex compagna Thais, offesa dai dettagli personali condivisi durante lo spettacolo. Una controversia che potrebbe averlo portato a giustificare lo stop con la polemica seguita alla sua apparizione a Belve.

Dopo due settimane dall’annuncio del suo ritiro dalle scene, Teo Mammucari torna al centro dell’attenzione mediatica. Ma questa volta, il conduttore e comico è protagonista di un nuovo capitolo della sua turbolenta vita pubblica, che coinvolge direttamente la sua ex compagna, Thais. Stando a quanto riportato dal settimanale Gente, dietro la decisione di sospendere il tour teatrale “Appuntamento al buio” ci sarebbero motivazioni ben diverse rispetto alla sua tanto discussa partecipazione al programma Belve.
La vicenda inizia lo scorso novembre, quando Mammucari abbandona improvvisamente la registrazione dell’intervista con Francesca Fagnani, scatenando una bufera mediatica per il suo atteggiamento. Poco dopo, il comico annuncia il ritiro temporaneo dalla scena, dichiarando di voler prendersi una pausa. Tuttavia, le pagine di Gente svelano ora un retroscena che getta una nuova luce sull’intera faccenda: sembra che il vero motivo del suo ritiro sia legato a tensioni con la sua ex compagna Thais.
Secondo il settimanale, lo spettacolo teatrale “Appuntamento al buio”, che Mammucari avrebbe dovuto portare in giro per l’Italia fino alla fine di marzo, conteneva riferimenti diretti alla sua vita sentimentale. In particolare, il comico avrebbe descritto con dovizia di particolari il rapporto con Thais, condividendo sul palco dettagli privati e intimi. Una scelta artistica che, a quanto pare, non è stata accolta di buon grado dalla diretta interessata.
«Thais non ha gradito il modo in cui Teo parlava del loro passato di coppia durante lo spettacolo», raccontano fonti vicine all’ex compagna. «Descrivere dinamiche personali in pubblico può risultare offensivo, e sfido qualunque donna a non sentirsi toccata da una situazione del genere».
L’articolo ipotizza che la decisione di interrompere il tour potrebbe essere stata influenzata da una richiesta esplicita della donna, che avrebbe chiesto a Mammucari di mettere fine alla narrazione pubblica della loro relazione. Una mossa che il conduttore avrebbe poi mascherato dietro la scusa della controversia seguita alla sua ospitata a Belve.
La sospensione del tour, spiega Gente, si intreccia quindi tra due filoni narrativi: da un lato, l’immagine di Mammucari in crisi per la figuraccia televisiva; dall’altro, una possibile pressione esterna dovuta a tensioni personali.
«Per il suo personaggio», commenta la rivista, «è sicuramente meno problematico apparire come un artista che si ritira per rimettersi in carreggiata, piuttosto che come un uomo costretto al silenzio dalla sua ex».
Le ipotesi, ovviamente, restano tali. Mammucari non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito alla sospensione del tour né ha risposto alle speculazioni. Nel frattempo, i fan dello spettacolo teatrale si chiedono se il comico tornerà mai a calcare le scene con “Appuntamento al buio” o se il sipario sia definitivamente calato su questa produzione.
Tra polemiche televisive e tensioni personali, la vicenda lascia un gusto amaro e alimenta ulteriormente l’aura di mistero che circonda l’allontanamento temporaneo di Mammucari dalle luci della ribalta. Ma una cosa è certa: il confine tra vita privata e pubblica, soprattutto quando si tratta di personaggi di spicco, resta sempre più sottile e difficile da gestire.
Teatro
Un grande ritorno a teatro per Samuela Sardo: tra passato e presente, un viaggio nel mito del tenente Colombo
Samuela Sardo, icona di fiction italiane come “Un posto al sole” e “Orgoglio”, ha incantato il pubblico con un’interpretazione magistrale. Lo spettacolo, adattato dal testo teatrale “Prescription Murder”, esplora un duello psicologico tra astuzia e colpa. Sul palco anche Gianluca Ramazzotti, Pietro Bontempo, Sara Ricci e Nini Salerno, sotto la regia di Marcello Cotugno.

Samuela Sardo, volto amato della televisione italiana e attrice di grande esperienza, ha fatto il suo attesissimo ritorno sul palcoscenico con “Il tenente Colombo”, portando in scena una rivisitazione teatrale del celebre personaggio televisivo. Lo spettacolo, in programma al Teatro Gioiello dal 26 dicembre al 1° gennaio, è stato accolto con entusiasmo dal pubblico, confermando ancora una volta la versatilità e il talento della Sardo.

Un testo teatrale dalle radici profonde
Non tutti sanno che il tenente Colombo, iconico detective televisivo interpretato da Peter Falk, è nato dalla mente di William Link e Richard Levinson per il teatro. Il loro testo, intitolato “Prescription Murder” (in italiano “Prescrizione: assassinio”), debuttò nel 1962 a San Francisco, molto prima che il personaggio diventasse una leggenda televisiva.

Il duello tra Colombo e un brillante psichiatra, che tenta di nascondere un omicidio dietro un alibi apparentemente perfetto, ha mantenuto tutta la sua potenza drammatica anche in questa nuova versione teatrale, resa attuale dalla regia attenta e moderna di Marcello Cotugno.
Samuela Sardo: una carriera che attraversa generazioni
Con i suoi 47 anni, Samuela Sardo ha attraversato con successo decenni di spettacolo, passando con naturalezza dal teatro alla televisione. Bambina prodigio, la sua passione per il palcoscenico nasce nei primi anni ’80, quando, appena cinque anni, si lasciava incantare dalle scenografie finte ma magiche dei set teatrali televisivi.

“Ricordo che restavo sul set anche nelle pause, completamente rapita da quel mondo. Era un gioco, certo, ma anche una scuola di vita. A soli cinque anni, avevo già un senso di responsabilità enorme”, ha raccontato l’attrice, ripensando agli inizi della sua carriera.
Dalla soap opera al grande teatro
Per molti, il nome di Samuela Sardo è legato a “Un posto al sole”, dove la sua interpretazione, a soli diciotto anni, conquistò il pubblico. “Quella esperienza è stata una vera scuola di vita”, racconta l’attrice. “Trasferirmi a Napoli così giovane, lontano dalla famiglia, è stata una prova importante sia sul piano professionale che personale.”
Ma il suo talento l’ha portata ben oltre il piccolo schermo: “Orgoglio”, “Incantesimo” e altre fiction di successo hanno consolidato la sua carriera, fino al ritorno alle origini teatrali con “Il tenente Colombo”.

Una tournée che celebra il mito del detective trasandato
Dopo il successo al Teatro Gioiello, la tournée continuerà in altre città italiane, tra cui Milano, portando il pubblico in un’atmosfera anni ’60 che mescola sapientemente noir e ironia. Accanto alla Sardo, un cast d’eccezione: Gianluca Ramazzotti, Pietro Bontempo, Sara Ricci e Nini Salerno, che hanno dato vita a una storia che esplora i meandri della mente umana e il sottile confine tra il bene e il male.
Teatro
Paolo Ruffini e il nuovo spettacolo «Din Don Down»: ironia, diversità e ricerca di sé
Con «Din Don Down – Alla ricerca di (D)Io», Paolo Ruffini porta agli Arcimboldi di Milano uno spettacolo inclusivo e provocatorio. Una riflessione sulla diversità e la ricerca personale, accompagnata dagli attori della compagnia Mayor Von Frinzius, tra cui persone con disabilità.

Paolo Ruffini non è solo un attore o un comico: è un narratore di storie che attraversano l’umanità. Con Din Don Down – Alla ricerca di (D)Io, torna a teatro per offrire al pubblico un’esperienza che unisce leggerezza e profondità, irriverenza e sensibilità. Lo spettacolo, in scena agli Arcimboldi di Milano il 7 gennaio, rappresenta l’evoluzione di un progetto nato nel 2018 dalla collaborazione con la compagnia Mayor Von Frinzius.
Composta da attori normodotati e con disabilità, la compagnia è un laboratorio teatrale di inclusione, capace di trasformare il palco in un luogo di incontro e riflessione. Ruffini, che da anni lavora con la Mayor Von Frinzius, definisce il teatro come «uno strumento potente per raccontare la diversità e abbattere i pregiudizi».
Din Don Down si propone come una sfida al politicamente corretto, parlando della ricerca del divino e di sé stessi con il sorriso. «Il rapporto con Dio non dipende dall’abilità o dalla disabilità», afferma Ruffini, «e le cose più serie meritano di essere trattate con leggerezza, perché nella leggerezza c’è la meraviglia».
Lo spettacolo affronta temi universali attraverso il filtro dell’ironia, mostrando come la diversità possa diventare una forza creativa. Le battute pungenti, i momenti di emozione e l’energia travolgente degli attori offrono una riflessione su cosa significhi essere umani.
Per Ruffini, la diversità non è un limite, ma una risorsa: «Quello che facciamo sul palco non è solo teatro, è vita. È un modo per dire al pubblico che la felicità non è un obiettivo irraggiungibile, ma un viaggio che tutti possiamo intraprendere».
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