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Televisione

Bruno Vespa: «Il Duce mio papà? I conti non tornano»

Bruno Vespa affronta con ironia la diceria secondo cui sarebbe figlio di Benito Mussolini. La leggenda nasce dalla coincidenza che la madre di Vespa insegnasse vicino a Campo Imperatore, dove Mussolini fu detenuto. Tuttavia, Vespa chiarisce che sua madre iniziò a insegnare lì solo nel 1949, anni dopo la morte di Mussolini. Il giornalista racconta inoltre episodi della sua carriera e la nascita di “Porta a Porta”.

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    La diceria secondo cui Bruno Vespa sarebbe figlio di Benito Mussolini è una delle leggende più persistenti che circolano sul noto giornalista. Ma Vespa stesso si diverte a smentirla con precisione cronologica e un pizzico di ironia in una lunga intervista al Corriere della Sera.

    «Non tornano i conti. Mia madre andò a insegnare ad Assergi, ultimo paese prima della funivia per Campo Imperatore, dove avevano mandato Mussolini, solo nel 1949. Quando “papà” (sorride, ndr) era già morto da qualche anno». Non sembra infastidito dalla diceria: «Non lo sono. Anzi, mi fa sorridere. A mio fratello Stefano, invece, questa cosa lo faceva imbestialire».

    Quanto alla sua somiglianza con il Duce, Vespa commenta: «Forse perché somiglio un po’ a Mussolini».

    Bruno Vespa, lunedì saranno ottant’anni. Qualcuno si starà chiedendo: quando si ritira? «Il giornalismo si fa con la testa, che ancora funziona bene. Il ritiro lo deciderà il mio editore di riferimento: il Padreterno».

    Riguardo alle sue origini familiari e alla sua infanzia, Vespa racconta: «I miei genitori votavano per la Dc. Papà era rappresentante di medicinali, mamma maestra elementare. Si sposarono il 24 luglio 1943. Con gran tempismo, direi. Il viaggio di nozze durò un giorno, il tempo di andare e tornare da Rivisondoli. L’albergo era stato bombardato». E della sua infanzia aggiunge: «Mai andato all’asilo o alla scuola materna. Direttamente alle elementari, a 5 anni».

    La sua carriera giornalistica iniziò presto: «L’anzianità di servizio Rai risale al primo settembre 1962, facevo servizi per la Radio regionale. L’Aquila credo abbia il tasso di consumo di musica classica più alto al mondo per numero di abitanti, da lì passavano tutti i più grandi, che ho intervistato: Rubinstein, Benedetti Michelangeli, Rostropovic… Quando venne Svjatoslav Richter, era la sua prima volta in Occidente, scomparve poco prima del concerto. Iniziarono a urlare che l’aveva preso la Cia; lo trovammo incantato di fronte alla facciata rinascimentale della Basilica di San Bernardino. Prima ancora, a sedici anni, avevo iniziato a fare corrispondenze dall’Aquila per il Tempo».

    Poi arrivò il mitico concorsone Rai del 1968: «Ero talmente spaesato che a Piazzale Clodio chiesi a un passante dove fosse viale Mazzini. Mi classificai primo. Tra i concorrenti c’erano Paolo Frajese, Angela Buttiglione, Bruno Pizzul, Nuccio Fava. Mi assegnarono al telegiornale. Alla prima telecronaca, alla regata delle Repubbliche marinare di Pisa, Tito Stagno mi accompagnò perché non si fidavano a mandare da solo uno così giovane. Mi insegnò due cose: quando sei seduto metti la giacca sotto il sedere; e poi, dai mance laute ai camerieri perché da te se lo aspettano».

    Porta a Porta come nasce? «Ero a Palermo per seguire il processo Andreotti. Una sera, in albergo, vidi per caso uno spot della Rai che diceva “la seconda serata è… Carmen Lasorella!”. A quel punto vado dalla presidente Moratti e le dico: la Rai mi ha tolto dal Tg, dalla prima serata, da tutto. A questo punto, fate fare qualche seconda serata anche al sottoscritto. Ne diedero tre a Carmen e due a me. Sono passati ventotto anni. Porta a Porta sta ancora là».

      Televisione

      Il mortorio della tv afgana: il ministero talebano banna tutte le immagini di esseri viventi

      Niente più volti o esseri viventi sui media afghani, accusati di violare la legge islamica secondo il Ministero per la Propagazione della virtù e la prevenzione del vizio. L’Afghanistan scivola ancora più in basso nella repressione della libertà di espressione.

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        Il ministero della morale talebano annuncia la legge che vieta ai media di pubblicare immagini di tutti gli esseri viventi, perché contrarie alla legge islamica – Il mese scorso i talebani hanno chiuso la TV di stato, colpevole di aver diffuso delle immagini di persone e di animali…

        L’Afghanistan dei talebani sembra voler rispolverare il Medioevo e farlo suo. L’ultima trovata del Ministero per la Propagazione della Virtù e la Prevenzione del Vizio è un ordine bello e buono: nessun media, sia esso una testata giornalistica, una tv o una radio, potrà pubblicare immagini di esseri viventi. Non importa se siano umani, animali o, chissà, forse persino piante troppo animate: l’importante è non mostrarli, punto.

        Lo ha annunciato – e con grande convinzione – Saiful Islam Khyber, il portavoce di un dicastero che sembra uscito direttamente da un incubo distopico: “La legge si applica a tutto l’Afghanistan… e sarà applicata gradualmente”. Gradualmente, però: non sia mai che tutto il popolo afghano, già stremato da due anni di oppressione talebana, venga traumatizzato troppo in fretta dalla scomparsa di volti e animali dai media.

        Immagini proibite, ma perché?
        La spiegazione fornita è, ovviamente, che queste immagini sarebbero “contrarie alla legge islamica”. Quale passaggio del Corano vieti specificamente di guardare un animale su uno schermo resta ancora da chiarire, ma poco importa. Con i talebani le spiegazioni non sono poi così rilevanti: quello che conta è l’obbedienza, cieca e assoluta.

        Il mese scorso, i talebani avevano già fatto parlare di sé per aver spento il segnale della TV di stato afgana. La colpa? Aver trasmesso immagini di esseri viventi. Eh sì, anche le TV non sono immuni dalla censura, e, se non si adeguano, rischiano la chiusura. Ma che ci aspettiamo da chi già dal 2021 ha cancellato i volti delle presentatrici dagli schermi, obbligando le poche donne rimaste a parlare solo a patto che fossero velate fino agli occhi?

        Il tramonto dei media in Afghanistan
        Questa nuova legge rischia di segnare un altro passo verso il baratro per il mondo dell’informazione in Afghanistan. La paura è che, privati anche solo dell’immagine di un volto, i media locali diventino solo l’eco di una propaganda talebana sempre più opprimente. Un vero “mortorio”, se mai ce n’è stato uno, e questa volta nel senso più letterale del termine: niente volti, niente vita.

        Del resto, i talebani non sono nuovi a queste uscite. L’Afghanistan sotto il loro regime sembra destinato a tornare a essere un Paese senza immagini, senza voci libere, e – ormai è chiaro – senza neanche più esseri viventi sugli schermi.

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          Televisione

          Tutti pazzi per Alberto Angela! Fra i tanti anche il collega Alberto Matano

          Del figlio dell’indimenticabile Piero, il conduttore de La vita in diretta apprezza competenza ed educazione. Con il raro dono di riuscire ad unire davanti alla tv generazioni diverse.

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            Alberto Matano è un giornalista e conduttore molto apprezzato. Anche se in Viale Mazzini non è l’unico Alberto ad essere stimato per le sue qualità. Il padrone di casa de La vita in diretta si spartisce onori e gloria con il figlio di Piero Angela, entrambi due colonne della Rai negli ultimi anni.

            Lui riesce ad unire più generazioni

            Matano, attraverso una intervista rilasciata allo storico settimanale TV Sorrisi e Canzoni, non ha certo fatto mistero della sua speciale stima nei confronti di Alberto Angela: “Mi piacciono la sua competenza ed estrema educazione, ogni anno viene da noi a lanciare le prime serate” ha confidato. Ammirando di lui la capacità naturale di unire davanti alla tv generazioni diverse, complice un linguaggio dal forte potere divulgativo ma che non riuslta mai noioso e formale.

            Matano presenza affettuosa per molti telespettatori

            Intanto Matano continua a tenere compagnia a milioni di telespettatori ogni pomeriggio con La vita in diretta, capace sempre di mietere ascolti di primo livello. Tantissimi italiani, infatti, seguono con passione il format pomeridiano del primo canale: “Una signora mi ha confidato che le ho fatto compagnia in un momento in cui non usciva più di casa, un’altra ha detto che guardare la mia camminata iniziale le porta fortuna” ha raccontato.

            Raccontando il nostro Paese dal vivo

            Nella fascia pomeridiana a lui affidata, ogni giorno Matano racconta una fetta di Italia, in tempo reale con la sua squadra di inviati sparsi sul territorio: “Il lavoro che ho fatto prima è il mio salvagente, al telegiornale ho imparato ad avere il distacco necessario, ma se c’è un servizio con una madre disperata che ha perso il figlio sono totalmente me stesso”.

            All’inizio fu motivo di crisi

            Matano ricorda: “Andai in crisi quando mi proposero la conduzione”. Per anni nel ruolo di mezzobusto del TG1, ricorda così il passaggio ad un’esperienza differente come La vita in diretta: “Andai in crisi quando me lo proposero, ero il giornalista del TG delle 20! Al telegiornale hai una visione parziale del tuo potenziale”. In seguito il conduttore e giornalista calabrese, – nativo di catanzaro – accettò, trovando la dimensione più giusta per trasformare il suo nuovo incarico in una dimensione di grande successo.

            Il suo esordio come romanziere

            Segnaliamo l’uscita del suo primo romanzo in libreria, che ha deciso di tuffarsi anche nell’avventura di scrittore. La sua fatica letteraria si intitola Vitamia. Il libro sarà disponibile dal 26 novembre, una storia che si svolge tra la Roma dei primi anni Novanta e le bellezze naturali e architettoniche della Magna Grecia. Nel libro si racconta di un amore unico e travolgente, come sanno esserlo soltanto i primi amori. In questo suo esordio letterario, Alberto Matano racconta una storia d’amore al tempo stesso semplice ed epica, coinvolgente e profonda, una celebrazione del vero amore che sfugge ad ogni etichetta e definizione.

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              Simona Ventura e Paola Perego tornano in prima serata: Rai 2 prepara due programmi bomba!

              Dopo il successo di “Citofonare Rai2”, le due conduttrici più amate della TV italiana tornano alla guida di due show in solitaria: avventura e amore in prima serata. Simona Ventura e Paola Perego divise tra un adventure show e un dating show innovativo. Rai 2 punta forte su di loro.

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                Un ritorno che promette di far parlare e, soprattutto, di conquistare il pubblico: Simona Ventura e Paola Perego, sono pronte a tornare in scena su Rai 2, questa volta però separatamente, con due programmi a dir poco promettenti. Pare che le due conduttrici abbiano ricevuto l’incarico di guidare due show molto diversi tra loro, ma che, sulla carta, potrebbero essere un grande successo.

                Al momento, il programma che vedrà protagonista Simona Ventura è ancora avvolto nel mistero. Non si conosce il titolo ufficiale, né i dettagli più precisi, ma il formato sembra ispirarsi a grandi successi come Pechino Express.

                Inizialmente previsto per l’estate, il programma di Ventura è stato posticipato a breve, insieme al programma di Paola Perego, un’altra grande aspettativa per la rete.  Paola Perego torna alla conduzione con “My Mum, Your Dad”: il dating show che farà parlare ed è pronta a rientrare con una proposta fresca e innovativa. Il suo show, My Mum, Your Dad (letteralmente “Mia mamma, tuo papà”), sarà un dating show del tutto particolare. I protagonisti non saranno, infatti, i partecipanti diretti, ma i figli di genitori single, che si metteranno alla ricerca dell’anima gemella per i propri genitori.

                Il formato prevede che i figli organizzino appuntamenti alla cieca per i loro genitori, nel tentativo di aiutarli a trovare un nuovo compagno o compagna. L’idea richiama un po’ il format di Primo Appuntamento, ma con una dinamica completamente diversa e una forte componente emotiva legata ai legami familiari. Secondo le prime indiscrezioni, il programma sarà uno dei pilastri della prima serata di Rai 2, con Paola Perego che tornerà così a calcare il palcoscenico della televisione generalista, dove non era più apparsa da tempo.

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