Televisione
Il Genio senza tempo di Mozart in una docuserie che celebra la sua eredità
Wolfgang Amadeus Mozart, uno dei più grandi geni della storia della musica, continua a ispirare il mondo con la sua arte straordinaria. La nuova docuserie “Mozart – Genio Immortale”, in arrivo su Sky Arte il 22 febbraio alle 21:15 e in streaming su NOW, offre uno sguardo approfondito sulla vita e sull’eredità del compositore austriaco. Attraverso ricostruzioni storiche, interviste e spettacolari esecuzioni orchestrali dal vivo, la serie ripercorre i 35 anni di vita di Mozart, rivelando dettagli intimi e poco noti della sua straordinaria carriera.
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Fin dalla tenera età, Mozart dimostra un talento musicale fuori dal comune. A soli quattro anni suona il clavicembalo con una naturalezza sorprendente, e il padre, Leopold Mozart, violinista e compositore di corte a Salisburgo, intuisce immediatamente il suo potenziale. Deciso a far conoscere il talento del figlio, organizza un lungo tour nelle corti europee, portando il piccolo Wolfgang a esibirsi davanti a sovrani e aristocratici. Il giovane Mozart conquista l’Europa con la sua abilità straordinaria, componendo già da bambino opere di grande valore.
L’Indipendenza e il Successo a Vienna
Tornato a Salisburgo, Mozart accetta un incarico come musicista di corte, ma il ruolo gli sta stretto. Desideroso di esprimersi liberamente, si trasferisce a Vienna, dove incontra e sposa Constanze Weber. In questo periodo di intensa creatività, compone alcuni dei suoi più celebri concerti per pianoforte e sinfonie, affermandosi come uno dei compositori più innovativi del suo tempo. L’imperatore Giuseppe II segue con interesse il suo lavoro, contribuendo alla sua crescente notorietà.
L’Audacia de Le Nozze di Figaro
Nel pieno della sua carriera, Mozart osa con Le Nozze di Figaro, un’opera basata su un testo vietato dall’imperatore per il suo contenuto satirico contro l’aristocrazia. Nonostante i rischi, la composizione si rivela un successo straordinario, prima a Vienna e poi a Praga, consolidando la sua fama. Questo periodo segna l’apice della sua carriera, portandolo alla creazione di altre opere immortali come Don Giovanni, caratterizzata da un’intensità drammatica senza precedenti.
Il Declino e la lotta contro le avversità
Nonostante i successi, la vita di Mozart è segnata da difficoltà economiche e personali. Dopo la morte del padre, la sua musica assume toni più profondi e malinconici. La Sinfonia n. 40 in sol minore ne è un esempio, riflettendo il suo stato d’animo tormentato. Inoltre, l’accoglienza tiepida di Don Giovanni a Vienna lo mette in crisi finanziaria, spingendolo a cercare nuove opportunità.
Il trionfo de Il Flauto Magico e il mistero del Requiem
Alla fine degli anni ’80 del Settecento, Mozart torna a brillare con Il Flauto Magico, un’opera rivoluzionaria e carica di simbolismo che ottiene un enorme successo. Tuttavia, il suo stato di salute si deteriora rapidamente, mentre lavora a un’opera enigmatica: il Requiem. Commissionato in circostanze misteriose, il Requiem diventa il suo testamento musicale. Mozart muore prematuramente a soli 35 anni, lasciando l’opera incompiuta. Giorni dopo, un coro si riunisce per eseguire le sezioni completate, rendendo omaggio al genio scomparso.
La docuserie in arrivo e il film di Forman
La docuserie Mozart – Genio Immortale presto su Sky Arte si distingue dal celebre film Amadeus di Miloš Forman per svariati aspetti:
Approccio Documentaristico vs. Drammatico – Il film di Forman, basato sull’opera teatrale di Peter Shaffer, è una narrazione romanzata della vita di Mozart, con licenze artistiche e un focus sul conflitto con Antonio Salieri. La docuserie, invece, offre una ricostruzione storicamente più accurata, arricchita da interviste ad esperti, esecuzioni orchestrali dal vivo e approfondimenti sulla musica di Mozart.
Fedeltà Storica – Amadeus è un capolavoro cinematografico ma presenta una visione drammatizzata della rivalità tra Mozart e Salieri, che nella realtà non era così accesa. La docuserie punta a una rappresentazione più fedele dei fatti, esplorando la sua carriera, i successi e le difficoltà personali basandosi su documenti e studi storici.
Struttura a episodi – A differenza del film, che è un’opera unica di oltre due ore, la docuserie è suddivisa in tre episodi, permettendo un’analisi più approfondita delle diverse fasi della vita di Mozart: infanzia e formazione, ascesa al successo e maturità artistica fino alla sua prematura scomparsa.
Focus sulla Musica – Se Amadeus racconta la vita di Mozart con un forte impatto narrativo, la docuserie enfatizza la sua produzione musicale, mostrando esecuzioni dal vivo delle sue opere più celebri e analizzandole dal punto di vista tecnico e artistico.
In definitiva, mentre Amadeus è un dramma cinematografico che gioca con la leggenda dell’artista, la docuserie su Sky Arte offre un ritratto più documentato e immersivo della sua straordinaria carriera e del suo impatto culturale.
Un Genio Senza Tempo
A oltre due secoli dalla sua scomparsa, Mozart rimane un simbolo di genialità e innovazione. La docuserie di Sky Arte offre una nuova prospettiva sulla sua vita, celebrandone la musica immortale e il suo impatto indelebile sulla storia. Un appuntamento imperdibile per tutti gli amanti della grande musica e della cultura.
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Televisione
Oltre a Sandokan, posso interpretare anche Balaban Agha: Yes, I “Can”!
Il bel Can Yaman è pronto a tornare sugli schermi italiani con Il Turco, la serie storica prodotta da Mediaset che lo vede protagonista insieme a Greta Ferro. Il primo trailer italiano è stato pubblicato, anticipando un racconto avvincente che porterà il pubblico nel cuore del XVII secolo. Lo show andrà in onda su Canale 5 e sarà disponibile anche in streaming su Mediaset Infinity.
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Prima ancora dell’attesissima fiction dedicata al salgariano Sandokan, Can Yaman interpreterà Balaban Agha, un predone ottomano che diventa l’eroe di Moena. La serie, basata sul romanzo El Turco di Orhan Yeniaras, ripercorre le vicende di Yenicer Hasan Balaban, un guerriero che, dopo il secondo assedio di Vienna nel 1683, trova rifugio nel piccolo comune trentino di Moena.
Il doppiaggio
Mediaset ha rilasciato il primo trailer ufficiale della serie, svelando che, diversamente da Viola come il Mare, Can Yaman sarà doppiato da un altro attore. Questo dettaglio è legato alla produzione internazionale de Il Turco, nella quale Yaman ha recitato per la prima volta in inglese, un’esperienza nuova che lo ha preparato per la futura avventura con Sandokan su Rai 1.
Quando uscirà Il Turco in Italia?
Sebbene la data di debutto italiana non sia ancora stata ufficializzata, l’uscita internazionale è prevista per il 21 marzo. La serie sarà trasmessa in prima visione su Canale 5 e in streaming su Mediaset Infinity, ma non è ancora chiaro se gli episodi saranno rilasciati settimanalmente o in blocco.
La trama
La serie segue la storia di Balaban Agha, un guerriero ottomano che, ferito e condannato a morte, riesce a nascondersi a Moena, un piccolo villaggio tra le Alpi. Inizialmente accolto con diffidenza dagli abitanti, trova aiuto in Gloria (Greta Ferro), una giovane donna emarginata dalla comunità, considerata una strega. Gloria, una combattente determinata, cerca di proteggere il suo popolo dall’invasione dei barbari guidati dal fratellastro di Balaban. Nel corso della storia, il protagonista si trasformerà da fuorilegge a eroe, liberando la popolazione locale dallo sfruttamento dei feudatari.
Dove Vedere Il Turco
Gli episodi di Il Turco saranno trasmessi su Canale 5 in prima serata e saranno disponibili anche su Mediaset Infinity per la visione in streaming. Gli spettatori italiani potranno così immergersi in una storia di avventura, intrighi e riscatto ambientata in un periodo storico affascinante.
Un successo annunciato?
Con una trama avvincente e un cast di talento, Il Turco promette di diventare una delle serie più attese dell’anno. L’interpretazione di Can Yaman nei panni di Balaban Agha, un guerriero trasformato in leggenda, conquisterà il pubblico italiano? Non resta che attendere l’uscita ufficiale per scoprirlo.
Televisione
Debora Massari: per noi la pasticceria è un affare di famiglia
Quando a Masterchef si parla di dolci, c’è un solo uomo al comando: Iginio Massari. Ma negli anni anche sua figlia Debora si è ritagliata la sua fetta di popolarità.
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Anche per questa edizione di Masterchef è arrivata la prova più temuta dagli aspiranti chef: quella che riguarda la nobile e complessa arte della pasticceria. Nel segno della tradizione del seguitissimo cooking show in onda su Sky, a giudicare la prova è stato Iginio Massari, il Maestro dei Maestri Pasticceri Italiani. Anche stavolta in compagnia della figlia Debora, negli anni diventata altrettanto nota al pubblico di Masterchef.
Il suo contributo alla crescita del brand
La donna è apparsa per la prima volta in tv nel 2018 al fianco del padre Iginio Massari nella trasmissione The sweetman celebrities. Ha anche un fratello maggiore, Nicola, che lavora come lei per l’azienda di famiglia. Lei ci è entrata dopo uno stage in Bauli previsto dal suo corso di laurea, contribuendo in maniera concreta al successo del nome di papà, lavorando allo sviluppo del brand. Ha introdotto l’e-commerce e innovato il brand, contribuendo alla ricerca e sviluppo di nuovi prodotti. Nel 2019 è entrata nell’Accademia dei Maestri Pasticceri Italiani e oggi è membro del consiglio d’amministrazione della Iginio Massari Srl. Dello sviluppo che l’azienda ha subito: «Mio padre non aveva ancora popolarità, ma era riconosciuto come il numero uno. Ho visto in lui la possibilità di trasformarlo in una marca, una firma», ha dichiarato in un’intervista a Forbes nel 2021.
Figlia d’arte, con annessi e connessi
Lavorare con cotanto padre lo ha spiegato nella medesima sede: «Non è mai semplice, cerchiamo di tenere separate le sfere private e personali. Mio padre si aspetta il massimo e io offro il massimo». Infine, a proposito del suo cognome “pesante” ha detto: «Dalla figlia di Massari tutti si aspettano tanto: a livello personale può essere un limite portare questo cognome, per l’azienda è un vantaggio».
Qualcosa su di lei
Nata nel 1975, a partire dal 2000 ha assunto un ruolo chiave nell’azienda di famiglia. Docente alla 24Ore Business School e influencer nel settore della pasticceria, con oltre 660mila follower su Instagram, nel 2022 è stata inserita da Forbes tra le 100 donne di maggior successo in Italia. Nel 2023 ha fatto la sua prima apparizione al fianco del padre nella cucina di Masterchef, trasformandosi successivamente in una presenza costante nelle successive edizioni. Appassionata di sport (soprattutto di tennis, tifando naturalmente per Sinner), ha studiato danza per 16 anni e tutt’ora pubblica sul suo profilo Instagram i suoi allenamenti. Tanto che i follower la invocano a gran voce come prossima concorrente di Ballando con le Stelle. Potrebbe essere un buon spunto che la Carlucci farebbe bene a tenere in considerazione… se non l’ha già fatto!
Televisione
Miss Italia e la sua eterna crisi: tra nostalgia, polemiche e attese
Il documentario “Miss Italia non deve morire” riaccende il dibattito sul concorso di bellezza più famoso d’Italia. Un’istituzione in cerca di una nuova identità, tra il glorioso passato in Rai e un presente incerto.
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Da anni, Miss Italia oscilla tra la celebrazione nostalgica di un’epoca televisiva ormai lontana e il limbo di un format che fatica a trovare spazio nell’intrattenimento contemporaneo. Un tempo era il trampolino di lancio per aspiranti star, un rito annuale che teneva incollati allo schermo milioni di italiani. Oggi, invece, il concorso è diventato un oggetto fuori fuoco, sospeso tra il tentativo di restare rilevante e la difficoltà di adattarsi ai cambiamenti della società e della televisione.
È proprio su questa crisi che si concentra “Miss Italia non deve morire”, documentario diretto da Piero Daviddi e David Gallerano, prodotto da Fremantle e Ring Film e in uscita su Netflix il 26 febbraio. Un racconto che, tra archivio, testimonianze e personaggi sopra le righe, ripercorre la storia del concorso e la sua controversa relazione con la Rai, un rapporto interrotto ormai da anni ma che continua a pesare come un’assenza ingombrante.
Miss Italia e la Rai: una separazione mai davvero digerita
Per decenni, Miss Italia e la Rai sono stati un binomio inscindibile. Era il servizio pubblico a garantire al concorso quell’aura di evento istituzionale, capace di elevare la competizione sopra le derive più trash della televisione commerciale. Una consacrazione che ha portato alla ribalta nomi come Miriam Leone, Caterina Balivo, Francesca Chillemi e persino Mara Carfagna, donne che hanno trovato nel titolo di Miss Italia un primo passo verso carriere ben più ampie.
Oggi, però, il concorso si è smarrito, relegato a emittenti minori e piattaforme streaming che non riescono a restituirgli la centralità di un tempo. Il documentario non si limita a raccontare questa parabola discendente, ma solleva anche un interrogativo: può la nuova Rai, oggi più vicina a un’idea di spettacolo tradizionale, riportare in auge Miss Italia?
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Dopotutto, la televisione pubblica ha già dimostrato di voler recuperare certe narrazioni classiche: il Festival di Sanremo ne è un esempio, con una restaurazione che ha cercato di bilanciare modernità e tradizione. Perché allora non potrebbe farlo anche Miss Italia?
Un concorso in cerca di una nuova identità
Il documentario, pur essendo a tratti affannato e forse compresso nel racconto, riesce a restituire il microcosmo affascinante e strampalato che ancora oggi ruota intorno al concorso. Patrizia Mirigliani, figlia del patron Ezio, è il fulcro della narrazione: una donna determinata, ostinata nel voler riportare Miss Italia al centro del dibattito culturale.
Attorno a lei, si muove una costellazione di personaggi che sembrano usciti da un film grottesco: gli agenti regionali, da Genny Stefanelli in Toscana a Carmen Martorana in Puglia, appaiono come custodi di un mondo che sembra appartenere a un’altra epoca. Eppure, il loro lavoro continua. Le selezioni proseguono, le ragazze partecipano, l’idea di Miss Italia come porta d’ingresso nel mondo dello spettacolo resiste, seppur con meno forza di un tempo.
Il documentario non evita i contrasti: l’immagine di Miss Italia come format anacronistico, legato a una visione della bellezza e dello spettacolo superata, è una questione che resta aperta. Ma, d’altra parte, non è forse vero che anche programmi considerati più moderni flirtano con gli stessi codici del trash e del glamour sfrenato?
La nostalgia può bastare?
Il grande interrogativo che aleggia sul futuro di Miss Italia è se la nostalgia possa bastare a rilanciarlo. Il documentario sembra suggerire che la risposta sia no: la semplice evocazione del passato non è sufficiente, serve un cambio di passo, una rilettura in chiave contemporanea che vada oltre la rievocazione malinconica di ciò che è stato.
Forse, come suggerisce qualcuno nel documentario, la soluzione sarebbe un cambiamento radicale, un’apertura a nuove forme di spettacolo, un ripensamento del format. O forse, più semplicemente, l’unico modo per riportare Miss Italia sotto i riflettori è proprio quello che la Mirigliani continua a chiedere: il ritorno in Rai. Perché, nel bene o nel male, è solo il marchio della televisione pubblica che può davvero restituire al concorso il peso che ha perso.
Nel frattempo, Miss Italia resta lì, in attesa. Né viva né morta. In una limbo mediatico che forse è il vero specchio della sua attuale condizione.
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