Televisione
Il mondo degli chef è una “mafia”: c’è chi vuota il sacco
“Gli chef non sono artisti. Pensate ai conti, non a fare le star”: questa la dura accusa del direttore della Cucina Italiana di Firenze. Invocando una riappropriazione corretta del ruolo, svincolandosi finalmente dalle logiche di like social e ascolti tv.
Una volta il cibo era espressione della cultura popolare e soprattutto degli affetti. Anche quando la penuria di materie prime metteva a dura prova la gestione della dispensa e l’elaborazione di quello che si sarebbe poi servito a tavola. Oggi i problemi di appetito si possono risolvere anche guardando la tv, grazie alla moltitudine di programmi di cucina in onda sui diversi canali e condotti da volti cari agli utenti. Senza contare le varie competizioni e i talent culinari in cui cuochi blasonati danno sfoggio della loro arte con piatti sempre più scenografici. Rischiando che il senso vero delle cose venga smarrito.
Un settore definito “omertoso”
A prendere la parola su questo spinoso argomento è un cuoco famoso e pure docente di cucina che, con forza, si leva qualche scomodo sassolino dalla scarpa, denunciando il suo settore come “omertoso”. Il mondo degli chef non è certo idilliaco come alcuni programmi si sforzano di farlo apparire. E’ omertoso e determinati cheffarebbero meglio a tacere, anziché diffondere idee culinarie errate e potenzialmente dannose. A sostenerlo è il direttore dell’Università della Cucina Italiana di Firenze, Guido Mori.
Cosa non si farebbe per qualche like in più
Durante un’intervista a Gambero Rosso, ha ammesso che attualmente i social sono popolati da star e influencer che, per una manciata di like, sono disposti a diffondere contenuti food fuorvianti e in alcuni casi perfino dannosi. Facendo anche alcuni esempi limite: “Uno dei più importanti influencer italiani usa dell’olio esausto; ci sono delle tracce presenti nelle sue salse. È strano che grandi player dell’editoria non associno a questi ‘cuochi’ che non hanno alcuna conoscenza della cucina dei veri tecnici del settore, in grado di correggere gli errori e costruire un messaggio che abbia senso“.
I like sui social valgono più della salute di chi si siede a tavola
Chi sta ai fornelli sa benissimo 8o dovrebbe sapere…) i danni che alcune ricette possono creare. Eppure, i like spesso mostrano la loro nefasta supremazia anche su ciò che abbiamo di più caro: la salute. Perché nessuno dice niente? La risposta di Mori è chiara: “Quello che mi stupisce di più è che nessuno chef si esprima mai su niente. Vivono tutti in un mondo omertoso. Serve il confronto, anche aspro“.
Chef Barbieri severamente redarguito
Sempre Mori, parlando dell’omertà che si respita nel mondo degli chef, non risparmia un’aspra critica anche nei confronti di specifici colleghi, come Bruno Barbieri. Senza peli sulla lingua, ha dichiarato: “Era un cuoco che passava da uno stellato all’altro. Poi ha smesso di fare ristorazione per buttarsi in tv. Adesso approccia tematiche estere senza aggiornarsi. Ha la conoscenza degli anni Novanta. Su MasterChef presumeva che l’umami fosse il risultato di tanti sapori messi insieme. Bastava che uno dei produttori del programma facesse una ricerca su Google. In realtà, l’umami è una classe speciale di peptidi. Sono proteine che si ritrovano anche nel parmigiano o nel glutammato monosodico. Non è possibile che un programma che fa divulgazione non abbia neanche le conoscenze di base, sfruttando solamente l’ignoranza delle persone e l’ipse dixit. Bisogna essere invece dissacranti: le cose giuste vanno dimostrate altrimenti non hanno valore“.
Una strigliata anche per l’imprenditore Briatore
Critiche anche nei confronti di Flavio Briatore, che di professione non fa il cuoco ma che comunque riveste un ruolo imprenditoriale di peso nell’ambito della ristorazione, aprendo e chiudendo le sue iniziative secondo una strategia che non ha nulla a che fare con la buona cucina, materia in cui risulterebbe completamente ignorante.: “Lui lavora nella fascia truce della ristorazione e gioca sull’effetto delle ragazze scosciate o i fuochi d’artificio, sull’immaginario tipico degli anni Novanta che potrebbe funzionare ormai solo a Dubai“.
‘Gli chef non sono artisti. Pensate ai conti, non a fare le star’:
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Televisione
Pippo Baudo smentisce l’incidente domestico: “Sto benissimo, notizie false ma portano bene”
Dopo le voci di un ricovero per una caduta, il celebre presentatore rassicura: nessun infortunio durante le vacanze di Natale. Baudo ironizza sulle fake news, confermando di essere in ottima salute.
“Ma quando mai, sto benissimo!”: con queste parole Pippo Baudo ha smentito categoricamente la notizia, circolata il 7 gennaio, secondo cui avrebbe subito un incidente domestico prima delle feste natalizie. Intervistato dall’Ansa, il celebre conduttore ha rassicurato il pubblico sul suo stato di salute, definendo false le indiscrezioni che lo davano ricoverato al Policlinico Gemelli.
La notizia era stata diffusa dall’Agenzia Nova, che aveva riportato di una presunta caduta nella camera da letto della sua abitazione a Roma, nei pressi di Piazza di Spagna. Secondo il racconto, Baudo avrebbe riportato un trauma alla spalla, trascorrendo alcuni giorni in ospedale sotto osservazione.
Le parole di Pippo Baudo
“False notizie, ma portano bene,” ha scherzato Baudo, cogliendo l’occasione per ribadire di aver trascorso le festività in serenità. “Sto bene, benissimo. Ho trascorso vacanze tranquille,” ha raccontato, smontando qualsiasi allarme sulle sue condizioni di salute.
L’ultima apparizione pubblica
L’ultima volta che Pippo Baudo è stato visto in pubblico risale allo scorso settembre, in occasione del 90° compleanno di Pier Francesco Pingitore. In quell’occasione, il conduttore era comparso in sedia a rotelle, destando qualche preoccupazione tra i fan.
A maggio scorso, altre voci avevano alimentato timori riguardo a problemi cardiaci che Baudo avrebbe preferito non commentare. Anche allora, il conduttore era intervenuto per smentire qualsiasi aggravamento delle sue condizioni.
Un simbolo della televisione italiana
Pippo Baudo, storico volto della televisione italiana, continua a essere un’icona per milioni di spettatori. Nonostante i rumors sul suo stato di salute, la sua ironia e il suo carattere restano intatti. Anche questa volta, il conduttore ha dimostrato di saper affrontare con leggerezza e serenità le voci infondate, ricordando al pubblico che, a 87 anni, il suo spirito resta quello di sempre.
Televisione
La storia (vera?) di Squid Game: l’orribile realtà alle origini della serie Netfilix più vista nel mondo
Dalle difficoltà economiche alle disuguaglianze sociali, fino agli orrori di Brothers Home: Squid Game, la serie di Hwang Dong-hyuk, trova radici nella storia sudcoreana. La seconda stagione già infrange record globali, promettendo un finale epico nel 2025.
Squid Game non è solo una serie TV: è uno specchio delle disuguaglianze sociali, un racconto crudo delle difficoltà economiche e una critica al potere. Scritta e diretta da Hwang Dong-hyuk, la serie sudcoreana targata Netflix ha conquistato il mondo, ma pochi sanno che dietro la sua trama avvincente si celano fatti storici che ne hanno ispirato l’ideazione.
Radici storiche: dalla crisi economica agli orrori di Brothers Home
Sebbene non tratto da una storia vera, Squid Game si ispira a eventi reali. L’idea della serie è nata durante la crisi finanziaria globale del 2008, quando la Corea del Sud, come il resto del mondo, attraversava gravi difficoltà economiche. Persone oppresse dai debiti e alla ricerca disperata di una via d’uscita sono al centro della trama, e il loro dramma riflette una realtà che Hwang conosceva da vicino.
Ma le influenze della serie risalgono anche a decenni prima. Negli anni ’80, la Corea del Sud stava vivendo una fase di crescita economica senza precedenti, spinta dai Giochi Asiatici del 1986 e dalle Olimpiadi del 1988. Tuttavia, dietro questa facciata di modernità, si celavano profonde ferite sociali. Tra queste, gli orrori di Brothers Home, una struttura che, sotto il pretesto della riabilitazione sociale, operava come un vero e proprio campo di concentramento.
Nel 1981, il presidente Chun Doo-hwan ordinò la creazione di centri di assistenza sociale per reprimere il vagabondaggio. Brothers Home, il più grande di questi, contava fino a 4000 detenuti, tra cui senzatetto, dissidenti politici e disabili. Qui si verificavano violenze e soprusi indicibili, con oltre 657 morti ufficiali. Park In-keun, direttore della struttura, fu condannato a soli due anni e mezzo di carcere, senza mai rispondere delle violazioni dei diritti umani.
L’influenza dei giochi d’infanzia
Il titolo stesso, Squid Game, si riferisce a un tradizionale gioco coreano per bambini. Questo elemento, apparentemente innocente, si trasforma in un simbolo di come la competizione e l’innocenza possano essere distorte, diventando violente e crudeli.
La serie esplora temi universali come la povertà, la corruzione e la disuguaglianza sociale. I partecipanti al gioco sono persone economicamente disperate, disposte a rischiare la vita per una possibilità di redenzione.
Record e successo globale
La seconda stagione di Squid Game, rilasciata il 26 dicembre, ha già infranto ogni record. In soli quattro giorni, ha superato i 68 milioni di visualizzazioni, posizionandosi al numero 1 in 92 paesi e superando il precedente primato di Mercoledì con 50,1 milioni. Netflix prevede che raggiungerà il successo straordinario della prima stagione, che totalizzò 256 milioni di visualizzazioni nei primi tre mesi.
La nuova stagione si svolge due anni dopo gli eventi della prima, seguendo Seong Gi-hun (Lee Jung-jae) mentre rientra nel gioco con l’obiettivo di distruggere chi lo ha creato. L’ultima scena annuncia un terzo e ultimo capitolo, previsto per il 2025.
Una critica sociale travestita da thriller
Nonostante i contenuti violenti, Squid Game ha conquistato il pubblico grazie alla sua narrazione avvincente e alla critica sociale sottostante. Con suspense e colpi di scena, la serie mette in luce il contrasto tra la lotta per il denaro e la ricerca di un significato più profondo nella vita.
Televisione
I Simpson: nostradamus di Springfield o semplici indovini fortunati?
Le nuove inquietanti previsioni per il 2025 stanno facendo il giro del web. Ma sono solo coincidenze o i creatori hanno davvero un dono speciale?
Da sempre i Simpson sono considerati dei veri e propri veggenti, anticipando eventi e tendenze culturali con una precisione sorprendente. Le ultime previsioni della serie animata più longeva di sempre riguardanti il 2025 hanno scatenato un nuovo dibattito tra i fan.
Il 2025 secondo i Simpson: un futuro inquietante?
Le nuove puntate sembrano dipingere un quadro del 2025 piuttosto fosco del futuro. Tra le previsioni più allarmanti. Ecco le principali:
Scoppio della Terza Guerra Mondiale. Seppur accennata in più occasioni, questa volta l’ipotesi di un nuovo conflitto mondiale sembra più concreta che mai.
La fine del mondo. In un episodio, Homer, dopo aver visto un film apocalittico, diventa convinto che la fine dei tempi sia imminente. Sebbene si renda conto del suo errore, la data prevista per l’apocalisse sembra essere proprio il 2025.
Un’epidemia globale. Anche se non specificatamente legata al COVID-19, la trama di un’epidemia che mette a dura prova la società è già stata esplorata in passato, e potrebbe essere un’allusione a future pandemie. Ma ormai a queste previsioni siamo…vaccinati, o no?
Eppure come te le spieghi certe coincidenze?
Ma come mai i Simpson sembrano così bravi a prevedere il futuro? Nel corso degli anni, la serie animata ha anticipato numerosi eventi reali. E’ probabile che alcuni degli autori abbiano le antenne bene sintonizzate su fatti, avvenimenti e scelte che interessano la società e da cui ricavano trame e soggetti plausibili. Ma cosa hanno previsto che poi si è avverato?
L’elezione controversa di un presidente degli Stati Uniti. La serie aveva già previsto l’arrivo di un presidente con un passato imprenditoriale e un’acconciatura particolare, molto prima che ciò accadesse.
La popolarità dei reality show. Non possiamo dargli torto ma era facilmente prevedibile che avrebbero spopolato. In molti episodi i Simpson hanno spesso parodizzato i reality show, anticipandone l’ascesa e l’impatto sulla cultura popolare.
L’avvento degli smartphone e dei tablet. I personaggi dei Simpson sono stati visti utilizzare dispositivi simili a smartphone e tablet molto prima che questi diventassero di uso comune.
La pandemia di COVID-19. Sebbene non in modo esplicito, alcuni episodi hanno anticipato temi legati alle pandemie, come l’isolamento sociale e la diffusione di malattie infettive. E sembra che questo sia un loro cavallo di battaglia anche per il futuro.
E quindi come te le spieghi queste coincidenze?
La capacità dei Simpson di prevedere il futuro ha dato vita a numerose teorie che spaziano dalla semplice fortuna e fortunate coincidenze, dovute al fatto che la serie tocca una vasta gamma di temi e situazioni; alla satira sociale. Sono in molti a ritenere che i creatori dei Simpson siano dei grandi osservatori della società, in grado di cogliere i trend emergenti e di tradurli in storie divertenti. Ma ce lo vogliamo mettere anche un pizzico di veggenza. Ma sì dai. C’è chi crede che i creatori dei Simpson abbiano una sorta di dono profetico, che gli permette di anticipare gli eventi futuri. Qual quale potrebbe essere la verità? Probabilmente una combinazione di tutti questi fattori. I Simpson è una serie animata che ha saputo conquistare il pubblico grazie alla sua capacità di riflettere la società in cui viviamo. E a volte, le loro profezie si sono rivelate molto accurate e precise.
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