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Calcio

A 58 anni Romario riprende i parastinchi

58 anni ancora in perfetta – quasi – forma il mitico Romario, soprannominato il ‘Baixinho’ dalle favelas, torna in campo accanto a suo figlio, nella squadra di cui oggi è anche presidente l’America Rio de Janeiro.

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    58 anni ancora in perfetta – quasi – forma il mitico Romario, soprannominato il ‘Baixinho’ dalle favelas, torna in campo accanto a suo figlio, nella squadra di cui oggi è anche presidente lAmerica Rio de Janeiro. Campione del mondo nel 1994 con il Brasile, Romario, al secolo Romário de Souza Faria, oltre a essere un dirigente sportivo oggi è impegnato anche in politica.

    Sul campo era attaccante

    E che attacco. Con oltre 1000 goal in carriera è considerato uno dei migliori giocatori della storia del calcio e ricopre la 26ª posizione nella classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dalla Bibbia del footbal World Soccer. Anche il mitico Pelè si è inchinato alla sua bravura. Nel 2004 lo ha inserito nella FIFA 100, la lista dei 125 migliori calciatori viventi. La notizia di ritornare in campo accanto al figlio Romarinho, anche lui attaccante l’ha condivisa attraverso Instagram. Il suo intento è quello di realizzare un ultimo sogno: giocare al fianco di suo figlio. E così sarà.

    Romario e il fiuto del gol

    Con la maglia dell’América de Rio de Janeiro ha giocato qualche partita nel 2009. Oggi il club milita in seconda divisione dello Stato di Rio de Janeiro (Campeonato Carioca Serie A2) impegnato dal prossimo mese di maggio con le prime giornate di campionato. Un campionato che terminerà in agosto e decreterà chi dal 2025 potrà giocare accanto a squadre più blasonate come il Flamengo, Fluminense, Vasco de Gama e Botafogo. Romario ha avuto una splendida carriera che l’ha portato in giro per il mondo giocando con squadre brasiliane (Vasco de Gama, Fluminense, Flamengo) ed Europee come PSV Eindhoven, FC Barcelona e Valencia.

      Calcio

      Zlatan Ibrahimovic senza filtri: “Il sesso è meglio dei gol? Chi dice il contrario ha un problema!”

      Al “First We Feast” l’ex campione torna a provocare con la sua consueta ironia: dall’attacco a Guardiola al ricordo commovente di Mino Raiola.

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        Ibrahimovic non delude mai quando si tratta di dichiarazioni spiazzanti. Durante l’intervista con Piers Morgan nel format ‘Uncensured’, il campione svedese ha confermato alcune delle sue frasi più celebri e ne ha smentite altre. Sul noto paragone tra il fare gol e il sesso, è stato chiarissimo: “Chiunque dica che segnare è meglio del sesso, ha dei seri problemi. Deve farsi aiutare”. E sul suo celebre ego: “Quando dico che sono Dio, non sto scherzando. Vuoi giocare con il fuoco? Sarò il tuo fuoco, ma ti brucerai”.

        “Annienterei James Bond, ma sono troppo costoso”
        Sempre senza peli sulla lingua, Ibra ha scherzato anche su un suo possibile ruolo da cattivo in un film di James Bond: “Annienterei Bond, ma non lavoro gratis, sono troppo costoso”. Un’uscita che riflette perfettamente il mix di arroganza e autoironia che lo contraddistingue.

        Ferrari e Pep Guardiola: l’incontro che fece scintille
        Tra aneddoti e provocazioni, Zlatan ha raccontato anche del suo turbolento rapporto con Pep Guardiola al Barcellona. “Al primo incontro mi disse che lì i giocatori non arrivano in Ferrari. Io, ovviamente, mi sono presentato con la mia fottuta Ferrari”. Un retroscena che conferma quanto lo spirito ribelle e indipendente di Ibra abbia sempre faticato a piegarsi a qualsiasi regola.

        Un pensiero per Mino Raiola: “Mi manca ancora”
        Non sono mancate parole più intime e sincere, come quelle dedicate a Mino Raiola, il suo storico agente scomparso nel 2022: “Non era solo un agente, era tutto per me. Mi manca ancora, manca a tutti”. Un ricordo che mostra un lato più umano e vulnerabile del gigante svedese.

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          Calcio

          INCHIESTA SUL CALCIO (2° parte) rischio commissariamento per Inter e Milan: controlli e pressioni sottovalutate

          Le due società non sono formalmente indagate, ma un procedimento di prevenzione avviato dalla Procura di Milano punta a evitare che il controllo delle curve ultras, che gestiscono biglietti e merchandising, sfoci in infiltrazioni criminali. Le pressioni su calciatori e allenatori sono al centro delle preoccupazioni.

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            L’inchiesta sulle società calcistiche milanesi, Inter e Milan, parte da quella sulle curve ultras delle due squadre, svelando un fitto intreccio tra la criminalità organizzata e il tifo violento. Secondo quanto emerso dalle indagini della Procura di Milano, le curve non rappresentano più solo un luogo di aggregazione e passione sportiva, ma sono diventate un terreno fertile per attività illecite gestite dalla malavita, in particolare dalla ‘ndrangheta. L’inchiesta ha portato ieri all’arresto di 19 esponenti di spicco delle tifoserie di entrambe le squadre.

            Le accuse contro le società: la nascita del “procedimento di prevenzione”

            Ma come era prevedibile, ora l’inchiesta non si ferma solo agli ultras, ma coinvolge indirettamente anche le società calcistiche. Il dubbio sollevato dagli inquirenti è che Inter e Milan abbiano tollerato o, in alcuni casi, assecondato le pressioni provenienti dalle curve, finendo per diventare in qualche modo complici o quantomeno facilitatori delle attività illecite. Le due squadre non risultano indagate sul piano penale, ma è stato avviato un “procedimento di prevenzione” per monitorare e verificare la gestione dei rapporti con il tifo organizzato.

            Questo istituto giuridico non ha scopo punitivo, ma preventivo, spingendo le società a bonificare internamente le loro strutture organizzative e a mettere in atto contromisure efficaci per recidere ogni legame con gruppi di tifosi violenti o con possibili infiltrazioni mafiose. In mancanza di un’azione convincente, la Procura potrebbe decidere di commissariare una parte delle attività delle due società, seguendo l’articolo 34 del decreto legislativo 159/2011, che consente l’amministrazione giudiziaria delle aziende coinvolte, anche in modo colposo, nell’agevolazione di reati.

            Il ruolo delle curve ultras: un sistema di potere consolidato

            L’indagine ha svelato un sistema ben radicato che coinvolge le tifoserie organizzate delle due squadre milanesi. Le curve sono diventate un centro nevralgico di affari illeciti, con gli ultras che gestiscono la vendita illegale di biglietti, il merchandising non ufficiale e persino il controllo di attività legate alla ristorazione e al parcheggio nei pressi dello stadio. Gli introiti di queste operazioni illecite finiscono spesso nelle casse della criminalità organizzata, in particolare della ‘ndrangheta, che ha piantato solide radici nelle curve della città.

            Un esempio lampante è quello della Curva Nord dell’Inter, dove alcuni esponenti della tifoseria, legati alla famiglia Bellocco di Rosarno, gestivano il commercio illegale dei biglietti e utilizzavano la violenza e le minacce per mantenere il controllo della curva. L’ordinanza del Gip ha evidenziato come questi gruppi fossero in grado di esercitare pressioni anche su calciatori e allenatori, come nel caso dell’incontro “quasi intimidatorio” con Milan Skriniar e dei messaggi minacciosi inviati a Simone Inzaghi.

            Dall’altra parte, la Curva Sud del Milan è stata dominata per anni da Luca Lucci, personaggio di spicco non solo per i suoi legami con la tifoseria, ma anche per le sue connessioni con esponenti della politica e del mondo dello spettacolo. Lucci è stato più volte arrestato per vicende legate al narcotraffico e alle attività illecite condotte dalla curva milanista.

            Le conseguenze per Inter e Milan

            L’inchiesta ha acceso i riflettori sulle carenze organizzative dei due club nella gestione delle tifoserie, portando alla luce una serie di relazioni ambigue che, se non risolte, potrebbero avere gravi conseguenze. Il rischio principale per le due società è il commissariamento, un provvedimento che, seppur temporaneo, metterebbe in discussione l’autonomia delle due squadre nella gestione delle proprie attività.

            Il “procedimento di prevenzione” avviato dalla Procura mira a far sì che Inter e Milan adottino misure stringenti per recidere qualsiasi legame con il mondo del tifo violento e della criminalità organizzata, evitando di diventare complici, anche solo indiretti, di queste attività.

            La minaccia del commissariamento

            Inter e Milan non sono al momento accusate di alcun crimine, ma la situazione è particolarmente delicata. Il “procedimento di prevenzione” non prevede sanzioni penali immediate, ma punta piuttosto a spingere le società a sanare eventuali falle organizzative che potrebbero favorire, anche solo indirettamente, attività illecite portate avanti dalle curve. Questa procedura, già applicata in settori come la logistica e la moda (con i casi Dhl ed Esselunga o Armani e Dior), prevede che, in caso di inerzia o carenze nella gestione interna, l’autorità giudiziaria possa disporre la messa in amministrazione giudiziaria di settori specifici delle aziende.

            In altre parole, se Inter e Milan non riusciranno a convincere la Procura di aver intrapreso azioni concrete per contrastare i fenomeni di infiltrazione, parte delle loro attività potrebbero essere sottoposte a controllo giudiziario. In particolare, i settori maggiormente sotto esame sono quelli legati alla gestione dei biglietti, una risorsa economica importante per gli ultras, che ne traggono profitti illeciti rivendendoli a prezzi maggiorati, oltre a ottenere una sorta di legittimazione agli occhi delle stesse società calcistiche.

            La gestione delle curve e il ruolo degli ultras

            La gestione delle curve rappresenta il vero nodo dell’inchiesta. I gruppi ultras, soprattutto quelli legati alla Curva Nord dell’Inter e alla Curva Sud del Milan, da anni esercitano un controllo significativo non solo sulle tifoserie ma anche su alcune attività economiche collegate al mondo del calcio, come il bagarinaggio e la vendita di merchandising non ufficiale. Queste attività, svolte spesso con la connivenza o la tolleranza delle società calcistiche, sono diventate un terreno fertile per le infiltrazioni della criminalità organizzata, in particolare della ‘ndrangheta.

            Un episodio emblematico riguarda l’incontro tra alcuni esponenti della Curva Nord interista e il calciatore Milan Skriniar, descritto come “quasi intimidatorio” dall’ordinanza del Gip Domenico Santoro. Il gruppo ultras, infatti, avrebbe cercato di esercitare pressioni sul difensore slovacco per ottenere favori, oltre a tentare di entrare in contatto con l’allenatore Simone Inzaghi tramite messaggi vocali aggressivi. Questi episodi evidenziano come il rapporto tra tifoseria organizzata e società sportiva possa sfociare in dinamiche pericolose, che vanno ben oltre il semplice sostegno alla squadra.

            Le accuse della Procura e i possibili scenari futuri

            Secondo la Procura, la gestione dei biglietti da parte degli ultras non rappresenta solo una fonte di guadagno illecito, ma anche uno strumento di legittimazione per mantenere il controllo sulle curve e continuare a esercitare il proprio potere all’interno degli stadi. L’inchiesta sottolinea come le due società abbiano sottovalutato la portata di questi fenomeni, cercando di mediare con i gruppi ultras per evitare tensioni e garantire il supporto dei tifosi nelle partite.

            La finalità del “procedimento di prevenzione” non è quella di punire le società, ma di evitare che diventino strumenti inconsapevoli nelle mani di gruppi criminali. Tuttavia, se Inter e Milan non prenderanno misure più rigorose per contrastare queste dinamiche, il rischio di commissariamento si farà concreto. A quel punto, un amministratore giudiziario potrebbe prendere il controllo di alcune attività, con l’obiettivo di bonificare le società da eventuali legami con la criminalità organizzata e restituirle al libero mercato in condizioni di legalità.

            Il quadro legale e sportivo

            Oltre agli aspetti legati alla giustizia ordinaria, c’è anche il fronte sportivo che rischia di complicare ulteriormente la situazione. Il procuratore federale della Figc, Giuseppe Chinè, ha infatti chiesto di acquisire gli atti dell’inchiesta per valutare eventuali violazioni del Codice di Giustizia Sportiva. Se venissero accertate responsabilità da parte delle società o dei loro tesserati, si potrebbe andare incontro a sanzioni disciplinari che includono multe, squalifiche o inibizioni temporanee.

            In particolare, l’articolo 25 del Codice di Giustizia Sportiva vieta ai tesserati di avere rapporti con esponenti di gruppi ultras non facenti parte di associazioni convenzionate con le società e validate dalla Federazione. Le società calcistiche sono dunque chiamate a dimostrare di aver rispettato queste regole e di aver evitato qualsiasi contatto anomalo con i gruppi di tifosi organizzati.

            Le curve come territorio di conquista per la criminalità

            Il caso di Inter e Milan non è isolato, ma rappresenta una tendenza preoccupante che riguarda molte altre società calcistiche in Italia. Le curve degli stadi, da semplici luoghi di passione sportiva, sono diventate veri e propri territori di conquista per la criminalità organizzata. I gruppi ultras, con la loro capacità di mobilitare migliaia di tifosi, sono riusciti a costruire una rete di relazioni che va ben oltre il calcio, entrando in contatto con esponenti del mondo della politica e dell’economia e sfruttando queste connessioni per ottenere vantaggi economici e potere.

            La gestione dei biglietti e del merchandising non ufficiale rappresenta solo la punta dell’iceberg: dietro le curve si nasconde un sistema ben più complesso di interessi criminali, che spaziano dal traffico di droga al riciclaggio di denaro, passando per attività illecite come il bagarinaggio e le scommesse clandestine. Le società calcistiche, spesso incapaci o non disposte a contrastare questi fenomeni, finiscono per tollerare situazioni che mettono a rischio non solo la loro reputazione, ma anche la loro stessa sopravvivenza.

            L’inchiesta milanese potrebbe rappresentare un punto di svolta: se le società non agiranno in modo deciso per rompere i legami con le frange più violente e criminali del tifo organizzato, il commissariamento diventerà una realtà concreta, con conseguenze non solo legali ma anche economiche e sportive.

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              Calcio

              Wanda Nara lascia Istanbul e torna in Argentina con i figli: addio a Mauro Icardi

              Dopo la separazione da Mauro Icardi, l’imprenditrice ha scelto di ricominciare nella sua terra natale, portando con sé i quattro figli nati dalla relazione con il calciatore argentino.

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                Dopo l’annuncio della separazione da Mauro Icardi, Wanda Nara ha deciso di fare un passo importante per la sua vita e quella dei suoi figli: tornare stabilmente nel suo Paese natale, l’Argentina. L’imprenditrice e showgirl ha lasciato Istanbul, portando con sé i quattro figli nati dalla relazione con il calciatore argentino, segnando così un netto distacco dall’ex marito, che prosegue la sua carriera calcistica in Turchia con il Galatasaray.

                La crisi matrimoniale tra Wanda e Mauro era ormai nota da tempo, e a luglio la stessa Wanda aveva confermato la rottura definitiva attraverso una storia su Instagram: “Ho deciso di separarmi, ma con Mauro non smetteremo di essere una famiglia. Anche provarci mille volte di più quando c’è amore non è stato un errore. Non mi pento di nulla, ho regalato a quella coppia gli anni più belli della mia vita, ma oggi devo restare sola”. Parole che hanno lasciato poco spazio ai dubbi, indicando la volontà di chiudere un capitolo della sua vita e ripartire da zero.

                E così ha fatto. Wanda Nara, con la determinazione che l’ha sempre contraddistinta, ha preso i figli Constantino, Benedicto, Isabella e Francesca e li ha portati con sé in Argentina, lontano dall’ex marito e dalla vita che avevano costruito insieme a Istanbul. Una scelta dettata non solo dal desiderio di allontanarsi fisicamente da Icardi, ma anche dalla volontà di creare una nuova stabilità per i suoi figli, proprio nel suo Paese d’origine.

                La decisione di tornare in Argentina, però, non è solo una questione personale. Wanda è infatti impegnata con nuovi progetti lavorativi, tra cui la conduzione del programma televisivo “Bake Off Famosos”. Attualmente risiede con i suoi figli nell’appartamento di famiglia situato nel lussuoso edificio “Chateau Libertador”, nel quartiere di Núñez, uno dei più prestigiosi di Buenos Aires. Qui, la showgirl sta costruendo una nuova quotidianità, con ritmi e abitudini diverse da quelle a cui era abituata in Europa.

                Nonostante i tentativi di riconciliazione da parte di Icardi, che ha provato a ricucire il rapporto con la sua ex moglie, Wanda sembra decisa a guardare avanti e a costruire una nuova vita per sé e per i suoi figli. “La mia priorità sono sempre stati i miei figli e oggi più che mai”, ha dichiarato, confermando la sua intenzione di mettere la famiglia al primo posto e di affrontare questa nuova fase con serenità e determinazione.

                Per Icardi, la lontananza dai figli rappresenta una sfida non da poco. Il calciatore continua la sua carriera a Istanbul, ma la distanza con Wanda e i bambini è destinata a pesare sempre di più. Se fino a qualche mese fa la famiglia sembrava destinata a ricomporsi, ora appare chiaro che le loro strade sono ormai separate. E mentre Icardi si dedica agli impegni sportivi, Wanda costruisce il suo futuro in Argentina, cercando di dare ai suoi figli la stabilità e la serenità di cui hanno bisogno.

                Insomma, quella che sembrava una separazione temporanea si è trasformata in una vera e propria svolta nella vita della coppia. Wanda Nara ha scelto di tornare alle sue radici, portando con sé i figli e lasciandosi alle spalle un matrimonio ormai concluso. E mentre Mauro Icardi prosegue la sua carriera sul campo, lei si dedica ai nuovi progetti professionali, decisa a scrivere un nuovo capitolo della sua vita.

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