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Calcio

Maglie maledette, molti giocatori evitano di indossarle

Non è solo un capriccio perché alcune maglie sono proprio maledette e nessun calciatore le vuole indossare per via dei numeri che riportano.

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Gigi Buffon

    Non è solo un capriccio perché alcune maglie sono proprio maledette e nessun calciatore le vuole indossare per via dei numeri che riportano.

    44, 88, 13…quasi quasi me li gioco al Lotto

    L’ultima figuraccia l’ha fatta adidas sponsor della Nazionale di calcio Tedesca. L’azienda aveva scelto il numero 44 stilizzato apparso sulle spalle dei calciatori. Troppe le critiche al design, inopportuno per la somiglianza con il simbolo usato dalle unità naziste delle SS durante la Seconda Guerra Mondiale. Un semi scandalo tanto che adidas e Federcalcio tedesca (Dfb) hanno vietato la vendita online. Ci sono numeri che i calciatori prediligono e numeri con cui non vogliono avere a che fare.

    A caccia di un una maglia

    Tutti ricordano l’estate del 2000 quando il portierone della Nazionale italiana Gigi Buffon chiese di utilizzare una maglia numerata 00. Secondo lui simboleggiava gli attributi maschili. La Figc lo rimbalzò. Non se ne parla. Il portiere, in quegli anni del Parma, indispettito ripiegò sul numero 88 un numero che nelle sue intenzioni rappresentava le “doppie palle”. Doppio macho. Ma l’88 per i neonazisti significa “Heil Hitler”: la H è l’ottava lettera dell’alfabeto. Fu di nuovo scandalo. La comunità ebraica insorse e i detrattori del portierone tirarono fuori una vecchia maglia indossata da Buffon con la scritta “Boia chi molla”. Altro numero, altro giro. Gigi si buttò sul 77 ‘le gambe delle donne’ secondo la smorfia napoletana, dopo aver rinunciato al 66. Un numero che gli fecero notare in Vaticano non avrebbero preso benissimo.

    …ma qui diamo i numeri

    La cronaca sportiva ci ricorda che comunque il numero 88 è già stato utilizzato in Serie A. Da Pasalic all’Atalanta a Rincon alla Sampdoria, da Biabiany e Hernanes all’Inter. Alla fine il Ministro dell’Interno Piantedosi lo scorso anno ha vietato l’utilizzo del numero 88 sulle maglie, perché “viene recepito il riferimento alla definizione internazionale di antisemitismo”. Come non dimenticare il mitico Luciano Gaucci che disse di voler bruciare la maglia numero 13 di Roberto Baronio perché secondo lui non portava bene. Un caso di ‘maglie maledette’ ha coinvolto Pippo Inzaghi al Milan: la maledizione del numero 9. Una maglia che negli anni successivi nessun ha più voluto indossare da Pato a Matri, da El Nino Torres a Luiz Adriano e André Silva.

    E la maglia numero 10?

    Il mitico Gianni Rivera, che il giornalista Gianni Brera soprannominò l’Abatino – nel 1976 fu costretto dall’allenatore Pippo Marchioro a indossare la maglia numero 7. Quasi un oltraggio per un giocatore che si era sempre identificato con la maglia numero 10. Quella del regista della squadra. E sulla contestazione del numero 7 la mente ci riporta alla Nazionale del 1972, quando, prima di una partita contro il Lussemburgo, proprio Gianni Rivera e Sandro Mazzola litigarono per non indossarla. Facendo infuriare il C.T. Valcareggi che ordinò di sbrigarsela tra di loro.

    …ma le stranezze non finiscono qui

    Ci sono squadre come la nazionale di calcio Argentina che nei Campionati del Mondo del 1978 e del 1982 decise di scegliere il numero delle maglie seguendo l’ardine alfabetico della rosa dei giocatori a disposizione. E così il giocatore Osvaldo Ardiles in tutti e due i Campionati ebbe la maglia numero 1. I calciatori cinesi e giapponesi evitano di indossare maglie con il numero 4 sulla schiena perché ha lo stesso suono fonetico della parola “morte”. In molti casi, infine, l’abbinamento tra il numero e il cognome del giocatore producono delle combinazioni davvero esilaranti. Qualche esempio? Il 44 affidato a Gatti, 5 a Sensi, 7 a Nani. E indovinate un po’ che numero affidarono al giocatore Christian Maggio una volta arrivato al Milan? Ma la numero 5 naturalmente,

      Calcio

      Saudi Pro League in crisi. L’Arabia Saudita cerca investitori in Europa

      L’Arabia Saudita è di fronte a sfide cruciali: mantenere la rotta fino al Mondiale di calcio previsti nel 2034; e rendere il proprio campionato un prodotto attraente su scala globale.

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        Un anno fa il calcio europeo tremava di fronte alla potenza economica dell’Arabia Saudita che, con il suo campionato, sembrava pronta a portare via i migliori talenti del Vecchio Continente. Dopo l’arrivo di Cristiano Ronaldo a Riad nel dicembre 2022, i club della Saudi Pro League hanno speso centinaia di milioni per stelle come Karim Benzema, Neymar e N’Golo Kanté, oltre a calciatori nel pieno della carriera come Sergej Milinković-Savić. Tuttavia, oggi il panorama è cambiato drasticamente.

        Investimenti a picco o quasi

        L’ultimo mercato estivo ha segnato una svolta. Le spese dei club sauditi sono crollate del 65%, passando dai 900 milioni di euro del 2023 ai 330 milioni di quest’anno. Nonostante alcuni acquisti di rilievo, come Moussa Diaby e João Cancelo, la tendenza generale mostra una riduzione degli investimenti e una diminuzione dell’interesse generale verso il campionato. Un declino che potrebbe essere il primo segnale di una crisi più profonda per il calcio saudita, che fatica a mantenere alta l’attrattiva per tifosi, sponsor e giocatori.

        La lega saudita è poco competitiva

        Un problema centrale della Saudi Pro League è la sua scarsa competitività. Le quattro squadre di vertice, Al-Hilal, Al-Ahli, Al-Ittihad e Al-Nassr, sono controllate dal Fondo per gli investimenti pubblici saudita (PIF). Si tratta di uno dei più grandi fondi sovrani del mondo, con un patrimonio totale stimato di oltre 925 miliardi di dollari. Le tre squadre al vertice monopolizzano il campionato, rendendo la lega poco equilibrata. Nonostante i contratti faraonici offerti, diversi top player hanno iniziato a declinare le offerte saudite, come Paulo Dybala e Victor Osimhen, a causa della bassa competitività del campionato.

        Serve un campionato che generi interesse

        La priorità per il calcio saudita ora è fare crescere l’interesse verso il campionato. Gli introiti aggregati sono ancora modesti, attorno ai 450 milioni di euro, ben lontani dai ricavi di grandi club europei come la Juventus. Per stimolare l’interesse, una delle idee emerse è permettere ai giocatori di acquisire quote dei club dopo il ritiro, ma occorrerebbero strategie più solide per attirare spettatori e sponsor.

        Caccia agli investitori europei

        Per dare nuova linfa al campionato, i sauditi hanno lanciato lo “Sport Europe Roadshow“, una serie di incontri nelle principali città europee come Londra, Milano, Monaco e Stoccolma. L’obiettivo è convincere i fondi d’investimento e i dirigenti dei club europei ad acquistare i 18 club sauditi che non sono ancora controllati dal PIF. La Saudi Pro League offre incentivi fiscali importanti, come un’aliquota societaria al 20%, IVA al 15% e zero tasse sulle persone fisiche, oltre a trattati bilaterali per evitare la doppia imposizione fiscale.

        Il Mondiale 2034 come leva strategica

        Un punto di forza nella strategia saudita è l’assegnazione del Mondiale 2034, un evento che secondo i sauditi dovrebbe attrarre ulteriori investimenti. Il governo saudita ha già promesso infrastrutture d’avanguardia, come lo stadio di Al Khobar, progettato dallo studio Populous e definito da molti come uno dei più ambiziosi al mondo. L’obiettivo è che il Paese diventi un hub di riferimento per il calcio internazionale.

        Un piano a lungo termine per il regime saudita

        Nonostante i segnali di crisi, l’Arabia Saudita non abbandona il suo progetto. L’obiettivo dichiarato della Famiglia Reale e il sovrano Salman Bin ‛Abd al-‘Azīz è stabilizzare e affermare il calcio asiatico a livello globale. Non per questioni di sportwashing, ma per consolidare il Paese come una potenza economica e sportiva. Il PIF e le istituzioni saudite sono consapevoli che il successo arriverà solo a lungo termine, con investimenti mirati e una strategia ben definita che vada oltre il semplice acquisto di grandi nomi.

        … e il progetto Mancini?

        Intanto il progetto creato dall’ex Ct della Nazionale Azzurra Roberto Mancini per quel che riguarda la compagine saudita continua. Anzi raddoppia. Alla corte del re infatti arriva un nuovo uomo di fiducia del Ct. Gigi Di Biagio che allenerà l’Under 21 saudita.

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          Calcio

          Il Newcastle riabbraccia Tonali: subito in gol dopo dieci mesi di stop

          Sandro Tonali rientra in campo con il Newcastle e segna subito al suo debutto post-squalifica per il calcioscommesse

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            Sandro Tonali è tornato protagonista in campo con la maglia del Newcastle, dimostrando fin da subito quanto sia fondamentale per la squadra di Eddie Howe. Il tecnico aveva già sottolineato l’importanza dell’italiano, e le sue parole si sono concretizzate nel match di Coppa di Lega contro il Nottingham Forest.

            Dopo dieci mesi di stop forzato per la nota squalifica legata al caso scommesse, Tonali ha fatto il suo rientro in grande stile, indossando nuovamente il numero 8. Il club non ha perso l’occasione per sottolineare il suo ritorno: la formazione è stata annunciata sui social accompagnata proprio dalla sua immagine, seguita da un caloroso “Buonasera, Sandro” scritto in italiano.

            Schierato titolare al centro di un centrocampo a tre con Joelinton e Willock, Tonali ha ripagato la fiducia del mister segnando il gol del vantaggio per i Magpies. Un rientro che non poteva essere più significativo, sia per il giocatore che per i tifosi, che lo hanno accolto con entusiasmo.

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              Calcio

              Weekend nero per il “pezzotto”: gli hacker dei Caraibi pronti a spegnere di nuovo il calcio pirata

              Le interferenze pianificate dai white hacker dei Caraibi metteranno in crisi oltre 300.000 utenti, lasciando gli appassionati di calcio pirata al buio o con continui blocchi nella visione. Una doppia morsa che minaccia seriamente il business illegale del “pezzotto”

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                Sarà un fine settimana di tensione per chi si affida al “pezzotto” per guardare illegalmente le partite del campionato italiano. Gli hacker legali dei Caraibi, noti come Mutin.ee, stanno infatti preparando un nuovo attacco contro i servizi pirata, promettendo di rendere la visione del calcio illegale quasi impossibile.

                Chi tenterà di seguire i match con metodi non autorizzati si troverà di fronte a schermi neri, immagini che si bloccano e segnali disturbati. Le operazioni di disturbo, che dovrebbero colpire durante tutto il weekend, saranno particolarmente aggressive: si prevede che oltre 300.000 utenti potrebbero rimanere al buio, con interruzioni di circa dieci secondi ogni minuto.

                I white hacker dei Caraibi sono diventati l’arma segreta nella battaglia contro la pirateria digitale. Mentre la polizia postale, la Guardia di Finanza e l’AgCom continuano a contrastare la pirateria con il sistema Piracy Shield, questi specialisti agiscono direttamente nel campo avversario, interferendo con i segnali pirata o segnalando le piattaforme illegali per il loro immediato oscuramento.

                Nonostante i venditori di “pezzotto” sui canali Telegram continuino a ostentare sicurezza, rassicurando i loro clienti che i loro servizi siano infallibili, le azioni degli hacker legali stanno dimostrando il contrario. La rete illegale che permette a molti di seguire il calcio senza pagare i diritti sta infatti vacillando sotto i colpi di questi interventi mirati.

                L’impatto potrebbe essere devastante per il business del “pezzotto”, e per chi continua a usufruirne. Con l’inasprimento delle misure di contrasto, il prossimo weekend potrebbe essere solo il primo di una lunga serie di blackout per il calcio pirata in Italia.

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