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Sport

Ciao Ciao cinesi: la nuova Inter sarà a stelle & strisce?

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    Neanche il tempo di gioire per la doppia stella conquistata in campionato e per l’Inter si profila un passaggio di proprietà. Il presidente dell’Internerazzutto, attraverso la controllante Grand Tower, che detiene il 67% del capitale sociale del team, aveva sottoscritto un prestito da 275 milioni (più interessi) con il fondo americano. Entro oggi alle 18:30 i soldi vanno restituiti, se ciò non dovesse succedere si profila un passaggio di proprietà.

    Ci sono 380 milioni da restituire: chi paga?

    Ore piuttosto convulse, queste, per Steven Zhang: il club milanese appare sempre più vicino ad una svolta societaria. Domani bisogna necessariamente restituire al fondo americano Oaktree il prestito da oltre 380 milioni di euro. Ss questo non fosse possibile, il cinese dovrebbe cedere la proprietà. Anche in virtù del fatto che 3 anni fa aveva messo come garanzia le quote della sua squadra.

    Nessuna proroga dagli americani

    Negli scorsi giorni si era parlato di un rifinanziamento con l’utilizzo di un altro fondo americano, Pimco: alla fine però tutto è svanito. Oaktree resta in attesa: gli americani chiedono – come dovuto – il rispetto degli accordi e non sono disponibili a ulteriori proroghe o modifiche di termini in corsa. Nel caso Zhang non dovesse ripianare, il fondo Usa diventerebbe l’azionista di maggioranza della società nerazzurra.

    Tempus fugit

    Zhang vorrebbe una dilazione, spiegando di voler cercare “una soluzione pacifica” per poter “difendere la stabilità della società”. Ma – tic, toc – il tempo sta per scadere. Oaktree, anche se diventasse il nuovo proprietario, non sembra per ora intenzionata a sconvolgere l’attuale assetto societario. Ma in futuro… chi può saperlo?

      Gossip

      Gelato e risse: Di Francisca e Vezzali si sfidano ancora, il botta e risposta è infuocato!

      Il confronto tra le due ex campionesse non si placa! Dalla polemica a distanza alla dura risposta di Vezzali. E il “Vezzalicidio” torna a far parlare. Una domanda innocente si trasforma in una nuova accesa polemica tra le ex compagne di scherma, con tanto di battute al vetriolo. Il retroscena
      della rivalità che divide il mondo dello sport.

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        Alla domanda: “Ora che sei uscita dal mondo della scherma, ti senti più scrittrice o opinionista?”, la Di Francisca, criptica e decisamente pungente risponde: “Nessuna delle due, come parlo faccio danni… Meglio se sto zitta, ma oggi vorrei approfittare dell’occasione per mandare un messaggio di pace alla mia collega Valentina Vezzali”.

        Ma quella che sembrava essere una mano tesa è diventata, inaspettatamente, il detonatore di una nuova polemica. La risposta della Vezzali è stata diretta e senza mezzi termini, mettendo in imbarazzo sia i conduttori che il pubblico presente: “Guarda Elisa, dal punto di vista sportivo ti stimo, sei stata una grandissima campionessa, ma per quanto riguarda il livello umano… diciamo che non sei proprio il massimo. Quando imparerai a rispettare le persone…”.

        Il botta e risposta infuocato tra le due ex campionesse
        Ma la Vezzali ha rincarato la dose: “Lo sport ci accomuna perché è fatto di valori trasversali e universali, ma la prima cosa che mi ha insegnato è il rispetto verso se stessi e gli altri, e questo dovrebbe portarci a riflettere. Non ho in sospeso niente con nessuno, non ho nulla da chiarire con Elisa. Abbiamo semplicemente visioni di vita diverse, ognuna vive la propria come crede”.

        Di Francisca, pur apparendo amareggiata, ha risposto con la sua solita ironia: “Non dobbiamo uscire a cena, pensavo fosse una cosa giusta da fare. Il mio stato d’animo? Davvero triste, non so se pranzerò o cenerò”. Ma dietro la risata amara, è chiaro che la frattura tra le due è ancora molto profonda.

        Ma com’è nata questa rivalità che ancora oggi fa parlare?
        Tutto ha avuto inizio nel 2009, quando Elisa Di Francisca, più giovane di dieci anni rispetto a Valentina, cresceva nella stessa palestra, imparando dai suoi insegnamenti. Tuttavia, nel 2009, durante i Mondiali di Antalya, Di Francisca batté la sua “maestra”, Vezzali, ai quarti di finale. Da quel momento la rivalità sportiva ha preso il sopravvento,

        La “provocazione” della gelateria
        Nel corso degli anni, le frecciate tra le due non sono mancate. Di Francisca, con la sua solita verve provocatoria, aveva ironizzato sulla possibilità di aprire una gelateria, mettendo in scena un ipotetico incontro con la rivale. “Mi ci vedo bene un domani nel mio locale, che faccio il gelato e mi siedo a chiacchierare con i clienti. Se entra la Vezzali? Magari chiede la crema e io le rispondo: ‘La crema è finita’. E così con tutti i gusti”, aveva detto, gettando benzina sul fuoco.

        La risposta di Vezzali non tardò ad arrivare: “Prima di tutto, voglio dire a Elisa che il gelato mi piace ancora, e parecchio. Se proprio vorrà privarmene, non dovrà farlo da dietro un bancone, ma in pedana. E lì, di gelati, ne ha da mangiare, se vuole arrivare dove sono io”.

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          Calcio

          Jimenez shock: «Partite truccate in Italia, Atalanta-Ternana 2003 doveva finire in pari»

          Luis Jimenez accusa: «Giocavo in partite sistemate, era pesante per un giovane come me. In Atalanta-Ternana del 2003-2004 doveva esserci un pareggio per accordi presi. Segnai un gol e scatenai il caos».

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            Dichiarazioni esplosive quelle di Luis Jimenez, ex calciatore di Ternana, Lazio, Inter e Fiorentina, che in un podcast sul canale YouTube Vamo A Calmarno ha rivelato di aver partecipato inconsapevolmente a partite combinate durante la sua esperienza in Italia. L’ex fantasista cileno, soprannominato Il Mago, non ha risparmiato dettagli su un calcio che, secondo lui, all’epoca era pesantemente influenzato dalla corruzione.

            «C’era molta mafia, partite sistemate»

            «In Italia ho giocato almeno tre partite truccate», ha confessato Jimenez. «Non posso dirvi con quale squadra, ma è successo. Era un sistema pesante per un giovane che voleva arrivare al top. Oggi le cose sono migliorate, molti ex calciatori e dirigenti coinvolti sono stati puniti, ma allora c’era molta mafia».

            Il caso Atalanta-Ternana 2003-2004

            Tra gli episodi raccontati, Jimenez ha fatto riferimento a una partita specifica: Atalanta-Ternana, turno prenatalizio del campionato di Serie B 2003-2004, conclusasi 1-1. «Eravamo prima e seconda in classifica, c’era il gemellaggio tra tifosi e doveva essere una festa. Mi procurai un rigore e lo segnammo, ma nessuno esultò: il mio compagno si mise le mani sul volto. Solo dopo il dottore mi spiegò che era tutto combinato e di non entrare più in area di rigore. Avvisatemi almeno, mi sono sentito preso in giro».

            La partita si concluse con i gol di Zampagna su rigore all’87’ e di Budan all’89’, rispettando l’accordo del pareggio. La Ternana, che chiuse settima in campionato, non riuscì a raggiungere la promozione in Serie A, diversamente dall’Atalanta.

            Le pressioni nello spogliatoio

            Jimenez ha raccontato di aver segnato in un’altra partita combinata, provocando la reazione furiosa del portiere della sua squadra: «Volevano un pari senza reti, ma io non lo sapevo. Segnai un gol e scatenai il caos: mi dissero tutto solo dopo. Fu devastante per me».

            L’ombra sul calcio italiano

            Le dichiarazioni di Jimenez gettano nuova luce su un’epoca oscura del calcio italiano, già segnata da scandali come Calciopoli. Nonostante le accuse, l’ex calciatore ha sottolineato che oggi la situazione è cambiata, grazie a interventi mirati che hanno colpito dirigenti e giocatori coinvolti in episodi di corruzione.

            Ora resta da vedere se le autorità calcistiche italiane decideranno di approfondire queste rivelazioni o se si tratterà di un nuovo capitolo che alimenterà le polemiche sul passato del calcio italiano.

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              Sport

              Dino Zoff contro Lele Adani, uno che nelle telecronache ci mette… l’urlo

              L’attuale commentatore delle partite dei nostri Azzurri non piace a tutti. Anzi, a dirla tutta… ha parecchi detrattori, che non gradiscono il suo tono eccessivamente da “tifoso”.

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                Lele Adani può essere assolutamente annoverato fra le figure più complesse nel panorama delle telecronache calcistiche targate Rai. Caratterizzato da una passione quantomeno contagiosa per il pallone, il suo approccio può essere descritto in un mix di entusiasmo eccessivo e narrazione tecnica.

                L’enfatico narratore delle italiche giocate

                Avendo ricevuto da un po’ di tempo l’incarico di commentare le partite della Nazionale, Adani vi ha profuso il medesimo stile che lo ha reso noto durante le sue precedenti telecronache. Tuttavia, il suo approccio ai commeti delle giocate azzurre, pur mantenendo la sua autenticità, ha sollevato una ridda di interrogativi sul giusto equilibrio da mantenere tra celebrazione popolare e analisi calcistica.

                Una carriera non da antologia

                Ex calciatore alla Lazio, Fiorentina e Inter (tra i club più importanti dove ha militato), ha ricevuto qualche convocazione per la maglia Azzurra, scendendo in campo in 5 amichevoli. Nel 2011, dopo il suo ritiro dal calcio giocato, viene chiamato da Silvio Baldini come allenatore in seconda alla guida del Vicenza, carica che mantiene fino all’esonero di Baldini, avvenuto il 4 ottobre dello stesso anno. Nel novembre 2014 rifiuta la proposta di Roberto Mancini di diventare suo vice sulla panchina dell’Inter, preferendo proseguire la già avviata carriera di opinionista televisivo.

                Stile esasperato

                Un ruolo che però in molti gli contestano, in termini di stile. A capo di questa “crociata” l’ex portierono della Juventus e della Nazionale Dino Zoff, che boccia senza appello le sue quantomeno pittoresche telecronache. L’ex “saracinesca” dell’Italia campione del Mondo nel 1982, infatti, interpellato sull’argomento ha risposto cosa pensa dell’opinionista, promosso commentatore delle partite della Nazionale sulla Rai al fianco di Antonio Di Gennaro.

                Ma cosa urla a fare?!?

                Zoff non va per il sottile: “L’urlo lo dovrebbe fare un tifoso allo stadio e non chi racconta le partite in Tv. Io provengo da un’altra era geologica e le mie partite sono state raccontate dapprima da Niccolò Carosio, poi da Martellini e infine dal mio amico Bruno Pizzul. Diciamo che erano altri stili di narrazione e fermiamoci qui”.

                Educazione e serietà, “merce” molto rara

                “Non posso essere in linea con quello che ascolto in certi momenti. Ma, ripeto, io sono anziano per tutte le novità che vengono proposte oggi, è la legge della vita. Questo è il mondo dei giovani ma certi valori restano sacri, per me. Il primo è quello dell’educazione e della serietà. Siamo negli anni dell’adanismo? Siamo nelle stagioni di quella che definirei un’inflazione eccessiva delle parole che trova conferma anche nei racconti calcistici televisivi”.

                Toni accesi per partite da… coppa del Nonno

                La conclusione di Zoff contiene quel genere di saggezza pacata alla quale il Nostro di ha abituato in tutta la sua lunga carriera, sia da giocatore che da allenatore: “Certe telecronache di oggi sono la vetrina dell’esasperazione mediatica e di un certo tipo di linguaggio. Certe espressioni tenorili possono sembrare esagerate, ma quello che non capisco sono i toni accesi in partite che non sono certo finali mondiali o europee per le quali la posta in palio è altissima”.

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