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Kelly Doualla: la nuova stella dell’atletica italiana under 18 a un soffio dal record mondiale sui 60 metri piani indoor

La giovane velocista lombarda, di soli 15 anni, ha infranto il record italiano under 18 nei 60 metri piani durante i campionati italiani allievi indoor di Ancona.

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    Kelly Doualla prende il volo! Con uno straordinario 7”19 nei 60 metri indoor, ha conquistato il quarto miglior tempo Under 18 al mondo di sempre. A soli 15 anni, la giovane sprinter lombarda è già una stella nascente dell’atletica italiana. Ma chi è Kelly Doualla?

    Un talento molto precoce

    Nata a Pavia da genitori camerunesi, entrambi operatori sanitari, Kelly vive a Sant’Angelo Lodigiano, in provincia di Lodi. Sin da giovanissima ha mostrato un talento eccezionale per la corsa, allenandosi con il Cus Pro Patria Milano sotto la guida del coach Walter Monti. Spesso partecipa a gare insieme a ragazzi di 16 e 17 anni per spingere al massimo le sue capacità. Ha iniziato a competere a livello agonistico già in età scolastica. Nel 2022 ai Giochi Studenteschi fu prima con un tempo sensazionale di 9″79 negli 80 metri, superando persino il vincitore maschile di categoria. Nel maggio 2023, ha corso i 100 metri a Brescia in 11”73, dimostrando ancora una volta la sua incredibile velocità. Ma la corsa non è l’unica specialità in cui eccelle: Kelly infatti compete anche nel salto in lungo, dove ha raggiunto un record personale di 6,24 metri. Insomma un talento naturale per l’atletica leggera italiana.

    Un risultato straordinario

    Il tempo di 7”19 registrato nei 60 metri, corsi ai Campionati Italiani Allievi Indoor di Ancona, è un risultato che la proietta nell’élite mondiale della velocità giovanile. Questo crono rappresenta un miglioramento di quattro centesimi rispetto al suo precedente record europeo Under 18 e al primato italiano Under 20. Si è fermata a un solo centesimo dal record mondiale U18 detenuto dalla statunitense Shawnti Jackson (7”18). La giornata di Ancona è stata intensa per Kelly. Dopo aver risparmiato energie nelle batterie (7”68) e nelle semifinali (7”43), l’atleta Lombarda ha sprigionato tutto il suo talento in finale, precedendo avversarie del calibro di Margherita Castellani (7”42) e Alessia Succo (7”48).

    Concorrenza mondiale sempre più agguerrita pr Kelly

    Proprio mentre Kelly sfiorava il primato mondiale, a New York la 17enne Lisa Raye di Trinidad & Tobago stabiliva il nuovo record U18 con uno straordinario 7”13, seguita dalla 13enne Melanie Doggett con 7”17. Nonostante ciò, il 7”19 della sprinter azzurra rimane un risultato eccezionale che la colloca al quarto posto delle liste mondiali di sempre per la categoria Under 18. A livello nazionale, la ragazza di Sant’Angelo Lodigiano ha raggiunto Marisa Masullo al secondo posto della lista italiana assoluta, dietro solo a Zaynab Dosso, che detiene il primato italiano con 7”02. Questo risultato le ha anche garantito il minimo per partecipare agli Europei Indoor che si terranno a marzo nei Paesi Bassi.

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      Sport

      Totti in svendita: quattro rubli e una carriera gettata alle ortiche

      Dall’eroe giallorosso al testimonial senza scrupoli: la parabola discendente di Francesco Totti tra figuracce internazionali e scivoloni d’immagine.

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        Francesco Totti, il “capitano eterno”, oggi sembra più il “capitano venduto”. La sua trasferta a Mosca, in pieno isolamento internazionale della Russia, non solo ha fatto storcere il naso a mezza Italia, ma gli è anche valsa un esposto in procura. A firmarlo è Igor Boni di Europa Radicale, che chiede alla magistratura di fare luce su quella che ormai sembra più una svendita personale che una missione di “valori sportivi”.

        Il viaggio nella “Terza Roma” – come la propaganda russa ha ribattezzato Mosca per l’occasione – ha visto Totti accolto da gigantografie degne di un nuovo zar. Ma più che l’orgoglio sportivo, a pesare sembrano essere stati i rubli, pardon, gli euro: secondo il ceo di Bookmaker Ratings, l’ex campione avrebbe incassato una cifra a sei zeri per presenziare all’evento RB International Award. Mentre il mondo civile alza barriere contro Mosca, Totti si fa testimonial di un portale di scommesse russe, tra palazzoni dorati e premi discutibili.

        L’esposto depositato a Roma solleva il sospetto che il pagamento possa violare l’embargo internazionale. Se così fosse, Totti non avrebbe solo dato uno schiaffo all’immagine dello sport italiano, ma anche alla legalità. In attesa che la magistratura faccia il suo corso, il danno d’immagine è già enorme. E, francamente, irreparabile.

        Di fronte alla bufera, la risposta dell’ex giallorosso è sembrata più patetica che convincente: “Non sono un politico né un diplomatico, sono solo un uomo di sport”. Una scusa buona per tutto, a quanto pare. Peccato che persino i bambini sanno che certe presenze, in certi luoghi, valgono molto più di un autografo o di un selfie: sono endorsement pesanti, pieni di implicazioni.

        La figura, insomma, è quella di chi baratta decenni di gloria sportiva per un assegno facile. Un eroe che, in cambio di un cachet principesco, si presta a promuovere un evento in uno Stato sotto sanzioni. Un tempo il nome di Totti era sinonimo di lealtà, oggi rischia di diventare sinonimo di leggerezza, avidità, miopia.

        “Vista la concomitanza pasquale, Totti troverà questo esposto come sorpresa nel suo uovo”, ha commentato con sarcasmo Boni. E come dargli torto? Quando un campione tradisce i suoi stessi valori per un po’ di notorietà extra, non si salva nemmeno con dieci testimonial “imperiali” e venti viaggi a Mosca.

        Il problema non è solo giuridico: è etico, è simbolico. Se la leggenda della Roma si riduce a prestarsi come cartellone pubblicitario a chiunque paghi bene, allora la parola “bandiera” perde ogni senso. E con essa tutto quello che Totti avrebbe potuto rappresentare per sempre. Per un uomo che ha fatto innamorare milioni di tifosi con il suo talento e la sua fedeltà, è un finale triste

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          Sport

          Il capitano dell’Inter Lautaro Martinez risarcisce il ristorante dei ragazzi disabili a Corbetta

          Un gesto di solidarietà che scalda i cuori: il calciatore salda un conto non pagato e lascia un pasto sospeso al ristorante “Din don dan”, supportando i ragazzi disabili che ci lavorano.

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            Nel comune di Corbetta, alle porte di Milano, il ristorante “Din don dan“, noto per essere gestito da ragazzi disabili, è stato protagonista di una vicenda che ha coinvolto Lautaro Martinez. Pochi giorni fa, un cliente ha consumato una cena al locale e si è allontanato senza saldare il conto di circa 100 euro. L’episodio è stato denunciato sui social dal sindaco Marco Ballarini, che ha voluto sottolineare la mancanza di rispetto verso i giovani lavoratori del ristorante.

            Lautaro: “Ghe pensi mi”

            La situazione ha preso una svolta positiva grazie al capitano dell’Inter, Lautaro Martinez. Venuto a conoscenza dell’accaduto, il calciatore argentino non solo ha risarcito l’intera somma rubata, ma ha anche lasciato un “pasto sospeso” per chi ne avesse bisogno. Come ulteriore gesto di affetto, Martinez ha fatto recapitare al ristorante una sua maglia autografata, portata da un suo collaboratore che ha deciso di fermarsi a mangiare al locale. Il sindaco Ballarini ha espresso gratitudine per l’atto di generosità. “Lautaro Martinez si è dimostrato un grande uomo, oltre che un grande capitano. Questo gesto ha riempito i cuori dei ragazzi che lavorano qui“. Ballarini ha anche rivolto un invito diretto al calciatore: “Quando vorrà, sarebbe un grande piacere averlo a pranzo da noi, Inter permettendo naturalmente“. Era stato lo stesso primo cittadino a denunciare l’accaduto postando un video sui suoi account social. “Sei stato servito da ragazzi meravigliosi, poi ti sei dimenticato di pagare”, spiega Ballarini. Nel video aggiunge anche: “Nel frattempo l’Arma dei carabinieri è riuscita a rintracciarti e ti farà sapere che ti aspetta per farti saldare”.

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              Sport

              Hamilton e la crisi Ferrari: “Parla a monosillabi e non si adatta”

              Alla vigilia del Gran Premio dell’Arabia Saudita, cresce il malumore in casa Ferrari. L’ex ingegnere di pista di Schumacher punta il dito su Hamilton: “Non comunica, si lamenta e accampa scuse”. Sul banco degli imputati anche il rapporto debole con il suo ingegnere Riccardo Adami.

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                In casa Ferrari cresce la tensione, e il nome al centro delle polemiche è quello di Lewis Hamilton. Alla vigilia del Gran Premio dell’Arabia Saudita, quinto appuntamento del Mondiale di Formula 1, a tenere banco non sono le prestazioni in pista ma le difficoltà di adattamento del sette volte campione del mondo alla scuderia di Maranello.

                A gettare benzina sul fuoco ci ha pensato Luca Baldisserri, ex ingegnere di pista di Michael Schumacher e volto storico della Ferrari tra il 1989 e il 2015. Intervenuto ai microfoni di ‘FormulaCritica.it’, il tecnico bolognese ha espresso dubbi pesanti sulle reali cause dei problemi di Hamilton, a partire dal tanto discusso sistema frenante Brembo, diverso dagli impianti Carbon Industrie a cui l’inglese era abituato.

                “Io a certe cose non ci credo – afferma Baldisserri senza giri di parole –. Quelle sul freno motore sono scuse. Hamilton ha capito che la macchina è quella che è, e ha visto che il suo compagno riesce a portarla più al limite di lui. È inevitabile che si cerchi un capro espiatorio, ed ecco saltare fuori le giustificazioni sulla frenata”.

                Secondo Baldisserri, il problema sarebbe più profondo e riguarderebbe il metodo con cui Hamilton si è integrato – o meglio, non si è integrato – nel team di Maranello. “Quando un pilota del suo calibro cambia scuderia – spiega – il nuovo team dovrebbe analizzare a fondo il suo stile di guida e il concetto di vettura a cui era abituato. Quando Michael arrivò in Ferrari nel 1996, lo interrogammo su tutto. Qui, invece, sembra che nulla di tutto ciò sia stato fatto. Se dopo quattro gare Hamilton ancora dice di non riuscire ad adattarsi, viene da chiedersi: cosa hanno fatto fino ad adesso?”

                Non meno preoccupante, per l’ex ferrarista, è la qualità della comunicazione tra Hamilton e il suo ingegnere di pista Riccardo Adami. “La simbiosi tra pilota e ingegnere è fondamentale. Al momento, quella tra Hamilton e Adami semplicemente non esiste. È un grosso problema, perché Adami deve lavorare praticamente al buio”.

                Baldisserri porta un paragone pesante: “Toto Wolff ha recentemente ammesso che la comunicazione tra Kimi Antonelli e ‘Bono’ è anni luce avanti rispetto a quella che c’era tra Hamilton e lo stesso ‘Bono’. Hamilton parla a monosillabi o fa domande invece di spiegare. Kimi è un fiume in piena, racconta tutto quello che sente dalla macchina. Questo fa una differenza enorme per un ingegnere di pista”.

                Il risultato? Confusione, incomprensioni via team radio e difficoltà nel correggere i problemi in pista. “Avere un pilota che comunica poco e male – conclude Baldisserri – complica tutto. E se il rapporto di fiducia si incrina, non c’è scampo: nella Formula 1 moderna l’ingegnere di pista è anche un mental coach. È il solo tramite tra il pilota e il lavoro di migliaia di tecnici. Se la comunicazione salta, salta tutto”.

                Il futuro? Per Baldisserri la strada è obbligata: sarà Hamilton a dover fare uno sforzo per costruire quel rapporto con Adami. Perché, in caso contrario, non sarà il campione a saltare, ma il suo ingegnere.

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