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Altro che fantascienza: i robot sono fra noi e ci assomigliano, forse troppo…
Il protoclone è una delle creazioni più inquietanti della bioingegneria moderna. Si tratta di un essere generato artificialmente con un DNA quasi identico a quello umano, capace di replicarne non solo l’aspetto fisico, ma anche alcune funzioni cognitive ed emotive. Questa somiglianza estrema con l’uomo solleva interrogativi profondi: cosa ci rende davvero unici?
Osservarlo muoversi, parlare e interagire come farebbe un essere umano genera una sensazione di ansia e disagio. Il protoclone è così simile a noi che il cervello fatica a distinguerlo, creando quello che gli psicologi chiamano “uncanny valley”: una reazione di inquietudine verso qualcosa che sembra umano ma non lo è completamente.
La sua esistenza apre scenari che fino a pochi anni fa appartenevano alla fantascienza. Se un protoclone può pensare e provare emozioni, possiamo ancora considerarlo una semplice macchina? E se sviluppasse una propria coscienza? Questi interrogativi rendono il protoclone un tema centrale nei dibattiti sull’etica e sulla tecnologia, con implicazioni che vanno dalla robotica avanzata fino alle future applicazioni dell’intelligenza artificiale.
L’umanità è davvero pronta a convivere con esseri che la imitano alla perfezione? Il protoclone potrebbe essere la nostra più grande invenzione… o il nostro peggior incubo.